Wall Street sotto pressione post Powell (Fed). Focus su trimestrali Chipotle, Fortinet, Uber
Wall Street sotto pressione, all’indomani del discorso proferito dal presidente della Federal Reserve, Jerome Powell.
Gli investitori tornano a focalizzarsi sulla stagione delle trimestrali Usa. Alle 16 circa ora italiana, il Dow Jones perde lo 0,20%, lo S&P 500 arretra dello 0,49% e il Nasdaq Composite scende dello 0,70%.
In evidenza Chipotle, che accusa un ribasso del 4% circa, dopo che la catena di ristoranti americana ha riportato un bilancio con utili e un fatturato peggiori delle attese.
Pesa anche la dichiarazione del direttore finanziario Jack Hartung, che ha ammesso che, nel corso delle festività natalizie, Chipotle non ha assistito a quel “balzo, quel momentum”, che di solito caratterizza il periodo, chiudendo così il trimestre all’insegna della debolezza.
Boom di acquisti invece su Fortinet, in rally fin oltre +14% dopo che il gruppo attivo nel comparto della cybersecurity ha annunciato una trimestrale con un eps pari a 44 centesimi, superiore ai 39 centesimi per azione stimati dal consensus.
Fortinet ha tuttavia deluso, anche se in misura lieve, sul fronte del fatturato, riportando un giro d’affari di $1,28 miliardi, inferiore agli $1,3 miliardi attesi.
Bene anche Uber, con il titolo che sale del 2% circa: la società di servizi di trasporto auto privato ha stracciato le stime del consensus, annunciando un eps di 29 per azione, contro la perdita per azione di 18 centesimi attesa.
Meglio delle attese anche il fatturato, che si è attestato a $8,6 miliardi, livello superiore agli $8,49 miliardi previsti dal consensus.
Il ceo di Uber Dara Khosrowshahi ha commentato la trimestrale, affermando che Uber ha assistito al “trimestre migliore di sempre”, che ha concluso “il suo anno più forte”.
Gli investitori riflettono intanto sulle dichiarazioni proferite dal numero uno della Fed, il presidente Jerome Powell, nell’intervento di ieri all’Economic Club di Washington.
Sebbene Powell abbia avvertito che i tassi Usa potrebbero essere alzati più di quanto prezzato dai mercati, Wall Street ha chiuso la sessione della vigilia in rialzo, con gli investitori che hanno preferito concentrarsi sul rallentamento della crescita dell’inflazione, riconosciuto dal banchiere centrale.
Il Dow Jones Industrial Average è salito di 265,67 punti (+0,78%), a 34.156,69 punti. Lo S&P 500 ha messo a segno un rialzo dell’1,29%, a 4.164 punti. Il Nasdaq Composite ha sovraperformato il mercato, balzando dell’1,9% a quota 12.113,79.
Oggi, complice anche la carrellata di nuove trimestrali, prevale tuttavia la cautela.
D’altronde, nella giornata di ieri, oltre a Powell ha parlato anche il presidente della Federal Reserve di Minneapolis, Neel Kashkari, mostrando toni decisamente da falco.
Kashkari ha detto che la crescita esplosiva dell’occupazione degli Stati Uniti, nel mese di gennaio, dimostra che la banca centrale Usa ha ancora un bel po’ di lavoro da fare nella sua battaglia per affossare l’inflazione.
Il numero uno delola Fed di Minneapolis ha continuato, ammettendo di ritenere tuttora che i tassi sui fed funds Usa debbano salire dall’attuale livello a cui sono stati portati mercoledì scorso, range compreso tra il 4,5% e il 4,75%, fino al 5,4%.
La Fed, ha sottolineato Kashkari, non ha raffreddato l’inflazione al punto tale da poter “dichiarare vittoria”.
“Abbiamo un lavoro da fare. Sappiamo che alzare i tassi può
porre un freno all’inflazione – ha detto il banchiere, in un’intervista rilasciata alla trasmissione “Squawk Box” della Cnbc – Dobbiamo alzare i tassi in modo aggressivo per contenere l’inflazione, e dopo permettere alla politica monetaria di fare il suo lavoro”.
E di certo le dichiarazioni di Powell non sono state propriamente dovish:
“Il processo disinflazionistico, ovvero il processo di un’inflazione che scende, è iniziato, ed è iniziato nel settore dei beni, che rappresenta un quarto circa della nostra economia. Ma c’è ancora molta strada da fare. Ci troviamo solo nella fase iniziale”, ha detto il numero uno della Fed.
Powell ha aggiunto che “la verità è che continueremo a reagire ai dati. Dunque, se continueremo a vedere dati che, per esempio, confermeranno un mercato del lavoro più forte e un’inflazione più alta, potremmo trovarci nella situazione di dover alzare i tassi più di quanto i mercati prezzino”.
Sul mercato del reddito fisso, i tassi dei Treasuries tornano a 10 anni salgono al 3,683%. I rendimenti dei titoli di stato Usa a due anni sono invece poco mossi al 4,467%.