Wall Street si sfiamma dopo rally post inflazione. Inferno crypto: FTX fa ricorso al Chapter 11
Wall Street si sfiamma dopo il poderoso rally della vigilia, alimentato dalla pubblicazione del dato relativo all’inflazione Usa misurata dall’indice dei prezzi al consumo.
Alle 15.50 circa ora italiana, il Dow Jones scende dello 0,12%, a 33.676 punti; il Nasdaq sale dello 0,58% a 11.179 punti circa, mentre lo S&P 500 avanza dello 0,28% a 3.967 punti.
In evidenza il tonfo delle criptovalute, dopo la notizia relativa alla decisione di FTX di fare ricorso al Chapter 11, dichiarando bancarotta negli Stati Uniti.
Sam Bankman-Fried, ceo di FTX, ha rassegnato le proprie dimissioni. Sarà sostituito da John J. Ray III, ma rimarrà il tempo necessario per prestare assistenza durante la transizione.
Il Bitcoin è arrivato a perdere fino a -6% a $16.576,50, mentre l’Ethereum ha perso fino a -7% a $1.215,67, stando ai dati di Coin Metrics. Le due criptovalute sono orientate a chiudere la settimana con un tonfo rispettivamente del 21% e del 25%.
Tornando all’inflazione Usa, l’indice CPI ha messo finalmente in evidenza il rallentamento delle pressioni inflazionistiche negli Stati Uniti. L’euforia è stata tale che il Dow Jones è volato di 1.201 punti circa, in rally del 3,70%; lo S&P 500 è schizzato del 5,54% mentre il Nasdaq Composite è balzato del 7,35%.
E tutti e tre gli indici sono orientati a chiudere la settimana in rally: il Dow Jones ha incassato infatti un balzo settimanale del 4%, mentre lo S&P 500 e il Nasdaq si avviano a segnare guadagni rispettivamente del 4,9% e del 6,1%.
Non mancano tuttavia commenti all’insegna della cautela, come quello di Quincy Krosby, chief global strategist di LPL Financial:
“I mercati sono euforici a seguito del dato CPI..Ma il dato, sebbene indichi che l’inflazione si stia muovendo nella giusta direzione, non suggerisce che l’inflazione sia stata sradicata dall’economia, così come non indica che il lavoro della Fed, teso a ripristinare la stabilità dei prezzi, sia stato completato”.
Il dietrofront dell’inflazione è stato prezzato anche dai Treasuries, con i tassi reduci da un forte calo.
Ieri (oggi il mercato obbligazionario Usa è chiuso) i tassi dei Treasuries a 10 anni sono scivolati di oltre 31 punti base, al 3,811%, e quelli a due anni sono collassati di 30 punti base al 4,328%.
Tornando al grande market mover di questa settimana, ovvero al dato relativo all’inflazione Usa, l’indice CPI è salito a ottobre su base mensile dello 0,4%, meno del +0,6% atteso e come nel mese di settembre. L’indice core, depurato dalle componenti più volatili rappresentate dai prezzi dei beni energetici ed alimentari, è salito inoltre, sempre su base mensile, dello 0,3%, meno del +0,5% stimato e a un ritmo dimezzato rispetto al +0,6% precedente.
Su base annua, la crescita dell’inflazione headline si è indebolita rispetto al precedente rialzo dell’8,2% di settembre, al +7,7%, ritmo inferiore rispetto al +8% atteso dal consensus. Diminuita anche la crescita dell’inflazione core che, su base annua, è passata dal rialzo al ritmo massimo degli ultimi 40 anni pari a +6,6% di settembre, al +6,3% di ottobre.
I trader hanno a questo punto motivo di sperare in una stretta monetaria di fine anno, nel meeting di dicembre del Fomc – il braccio di politica monetaria della Fed – di 50 punti base, dopo la fase in cui i tassi sono stati alzati di 75 punti base per quattro volte consecutive. E di fatto, queste aspettative si riflettono sul mercato dei futures sui fed funds, dove il tasso terminale è sceso fino al 4,88%, stando alle rilevazioni di BMO, decisamente al di sotto del 5,07% precedente la pubblicazione del dato.
D’altronde,lo stesso presidente della banca centrale americana Jerome Powell ha lasciato intendere che i rialzi dei tassi Usa potrebbero essere meno aggressivi (anche se, al contempo, ha detto che il valore del tasso terminale potrebbe confermarsi più alto di quanto previsto). Lo scorso 2 novembre, la Fed ha alzato i tassi di 75 punti base, portandoli dal range compreso tra il 3% e il 3,25% al nuovo range compreso tra il 3,75% e il 4%, valore record dal 2008.