Wall Street sconta ansia Cina. Apple tra le vittime illustri, petrolio cancella tutti i guadagni del 2022
Wall Street in ribasso, zavorrata dall’ansia per le sorti della Cina, seconda economia del mondo, stremata dalla politica di tolleranza zero nei confronti del Covid.
Alle 16.00 circa ora italiana, il Dow Jones perde lo 0,49%, il Nasdaq arretra dello 0,30%, lo S&P 500 scende dello 0,58%. I mercati scontano in generale le notizie in arrivo dalla Cina: diverse le manifestazioni di cittadini cinesi esasperati dalle misure di lockdown e dalle restrizioni che il governo di Pechino sta continuando a portare avanti per arginare la nuova ondata di Covid.
Apple si conferma tra le vittime illustri del caos che sta colpendo la Cina: Bloomberg riporta alcune indiscrezioni, secondo cui Apple e Foxconn – la società taiwanese che gestisce l’impianto di Apple in Cina situato a Zhengzhou, in Cina -avrebbero rivisto al rialzo le previsioni sul calo della produzione degli iPhone di Apple: i rumor parlano di una potenziale perdita di produzione di 6 milioni di iPhone Pro, a causa delle rivolte e dei disordini che hanno interessato l’impianto, dove migliaia di dipendenti sono stati messi in isolamento per paura del Covid. Noto anche come iPhone City, lo stabilimento di Foxconn di Zhengzhou produce la maggior parte di iPhone 14 e altri iPhone Pro Max.
In generale in Cina, negli ultimi tre giorni diversi studenti hanno organizzato manifestazioni presso diverse università; la gente si è riversata nelle strade di Pechino, Shanghai, Wuhan, Lanzhou, e di diverse altre città, in base ai video che sono circolati sui social media.
Le manifestazioni anti-lockdown da Covid sono partite inizialmente da Urumqi, nello Xinjiang, lo scorso venerdì, a seguito di un incendio che alla vigilia ha provocato 10 vittime in un’area sottoposta a lockdown da mesi.
Secondo le proteste, proprio i controlli lanciati dalle autorità locali per garantire l’isolamento dei residenti avrebbe ritardato l’arrivo dei vigili di fuoco, provocando la morte di dieci persone.
A seguito delle proteste, le autorità locali hanno iniziato ad allentare i controlli: la rabbia dei cinesi è forte, se si considera che le restrizioni della Zero Covid Policy stanno continuando a zavorrare la crescita dell’economia del paese, che ora fa fronte a un tasso di disoccupazione giovanile che si aggira al 20% circa. Alcuni video mostrano manifestanti che chiedono le dimissioni del presidente cinese Xi Jinping e dello stesso partito comunista.
A soffrire sono anche i prezzi del petrolio che, con i sell off delle ultime ore, hanno azzerato tutti i guadagni del 2022.
I prezzi del WTI- West Texas Intermediate scambiato sul Nymex di New York – sono crollati fino a $73,60, al minimo dal dicembre del 2021, dopo aver sofferto un tonfo di ben il 14,6% dall’inizio di novembre. Il WTI è orientato a chiudere il mese peggiore dal novembre del 2021, quando crollò del 20,8%.
Il Brent è precipitato fino al minimo intraday di $80,61, valore più basso dagli $80,50 del 10 gennaio.
Anche il Brent è prossimo a concludere il mese peggiore dal novembre del 2021, dopo una perdita mensile, anche in questo caso, del 14,6%.
I contratti sono affondati di oltre il 3%, per poi ridurre le perdite.
Tornando a Wall Street, il Dow Jones è salito nella sessione di venerdì scorso – giorno del Black Friday, in cui la borsa Usa ha chiuso in via anticipata alle 13 ora di New York – in rialzo di 152,97 punti, o dello 0,45%, a 34.347,03: per il DJ si è trattato della terza sessione consecutiva di rialzi; lo S&P 500 è sceso dello 0,03% a 4.026,12, mentre il Nasdaq Composite ha ceduto lo 0.52% a 11.226,36.
Tutti e tre gli indici hanno concluso la settimana in territorio positivo: il Dow Jones è avanzato dell’1,78% e lo S&P 500 è salito dell’ 1,53%. Il Nasdaq ha guadagnato lo 0,72% su base settimanale.
Questa settimana, in attesa dei giorni in cui si riunirà il Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed (il 13 e 14 dicembre), per annunciare il suo prossimo rialzo dei tassi anti-inflazione, l’attesa sarà soprattutto per la pubblicazione, venerdì 2 dicembre, del report occupazionale Usa di novembre.
Gli economisti prevedono una crescita dei posti di lavoro di 200.000 unità, in decelerazione per il secondo mese consecutivo.
C’è da dire tuttavia che, sebbene a un ritmo minore, diversi economisti fanno notare che la crescita dell’occupazione conferma la solidità del mercato del lavoro Usa, rendendo così necessarie altre strette monetarie da parte della Fed di Jerome Powell.
Il 2 novembre scorso, la Fed ha alzato i tassi sui fed funds Usa di 75 punti base per la quarta volta consecutiva, al nuovo range tra il 3,75% e il 4%, valore record dal 2008.
“Una consistente maggioranza di partecipanti ha ritenuto che un rallentamento nel ritmo dei rialzi (dei tassi) sarebbe presto appropriato – si legge nei verbali della Fed, relativi a quell’ultima riunione del Fomc, che sono stati diffusi la scorsa settimana – L’incertezza sul tempo necessario affinché gli effetti della politica monetaria si manifestino sull’attività economica e sull’inflazione e sulla loro intensità sono tra i motivi citati”.