Wall Street paga crollo Snap -35%. Effetto contagio su Meta (-6%) e Pinterest (-11%). Tonfo tassi Treasuries 10y, calo record da marzo 2020
Wall Street cerca di resistere al trauma Snap e alla paura della recessione: il titolo della società a cui fa capo l’APP di messaggistica SnapChat crolla del 35% dopo la comunicazione dei conti del secondo trimestre, avvenuta nella giornata di ieri, dopo la fine delle contrattazioni.
Il tonfo di Snap scatena un effetto contagio sui titoli di altri social network come Meta Platforms quasi -6%, Alphabet -3% e Pinterest -11%.
Trascorse le 16 ora italiana, il Dow Jones rimane positivo con un rialzo dello 0,12%, lo S&P 500 cede lo 0,12% e il Nasdaq sottoperforma con una flessione di quasi -0,70%.
Il Dow Jones è orientato a concludere la settimana in crescita del 2,4% su base settimanale, mentre lo S&P e il Nasdaq sono prossimi a incassare guadagni settimanali rispettivamente pari a +3,5% e +5,3%.
In calo i tassi sui Treasuries, con quelli a 10 anni che sono tornati di nuovo sotto la soglia del 3%, scivolando al minimo delle ultime due settimane, fino al 2,8105%, nella notte americana tra giovedì e venerdì:
il crollo dei tassi decennali Usa è stato il peggiore dal marzo del 2020, ovvero da quando il mondo intero si è trovato a fronteggiare all’improvviso la pandemia Covid-19.
In un contesto in cui l’alert recessione risuona in tutto il mondo, gli investitori vanno a caccia dei cosiddetti safe asset, asset percepiti come più sicuri, posizionandosi sui titoli di stato Usa e sui Bund tedeschi.
Anche se in flessione, i tassi dei Treasuries a due anni viaggiano tuttora a un livello superiore rispetto a quello dei tassi decennali, resistendo al di sopra della soglia del 3%, al 3,024%.
Confermata l’inversione della curva dei rendimenti dei Treasuries Usa nel tratto 2-10 anni, fenomeno che viene spesso considerato segnale che anticipa l’arrivo di una recessione negli Stati Uniti.
A questo punto rimane l’attesa per la riunione del Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed di Jerome Powell, in calendario la prossima settimana, che culminerà nell’annuncio sui tassi di mercoledì 27 luglio.
Il dubbio è se i tassi Usa – al momento nel range tra l’1,5% e l’1,75% – saranno alzati di 75 punti base o di 100 punti base, per contrastare l’inflazione.
L’avversione sul rischio in generale si è acuita sui mercati dopo il BCE-Day della vigilia, che ha visto la banca centrale europea guidata da Christine Lagarde fare un doppio annuncio storico: da un lato, la Bce ha annunciato il primo rialzo dei tassi dell’area euro degli ultimi 11 anni, pari a +50 punti base, il doppio rispetto a quanto era stato anticipato dall’istituzione stessa, al fine di contrastare l’impennata dell’inflazione in Eurozona.
Dall’altro lato, la Bce ha sfornato l’attesissimo scudo anti-spread, noto come TPI, che tuttavia non ha avuto grande presa sui mercati, a causa delle quattro condizioni che ogni paese membro dovrebbe rispettare per richiederne l’attivazione: quattro condizioni che, nel caso dell’Italia, non sarebbero affatto soddisfatte, in questa fase in cui il paese fa fronte tra l’altro alla crisi di governo, alle dimissioni di Mario Draghi e alle elezioni anticipate del prossimo 25 settembre.
Tornando a Snap, oltre a deludere le attese degli analisti, Snap ha annunciato che rallenterà il ritmo delle assunzioni, a causa dell’indebolimento della crescita del fatturato.
La perdita per azione di Snap, su base adjusted, è stata pari nel secondo trimestre dell’anno a 2 centesimi, rispetto al passivo per azione di 1 centesimo atteso dagli analisti intervistati da Refinitiv.
Il fatturato si è attestato a $1,11 miliardi, contro gli $1,14 miliardi attesi.
Il numero di utenti attivi giornalieri a livello globale ha fatto meglio invece delle stime, attestandosi a 347 milioni, rispetto ai 344,2 milioni previsti da StreetAccount.
Nella lettera agli azionisti, Snap ha reso nota l’intenzione di non fornire alcuna guidance sui risultati del terzo trimestre, in quanto “guardando in avanti, la visibilità rimane incredibilmente sfidante”.
Protagonista oggi anche Twitter, coinvolta in un’aspra battaglia legale con il fondatore di Tesla, Elon Musk, per la sua decisione di quest’ultimo di interrompere l’operazione di M&A con la piattaforma social.
Twitter ha subito un calo dei ricavi per il secondo trimestre dell’anno superiore alle attese. I ricavi per il secondo trimestre si sono attestati a 1,18 miliardi dollari rispetto ai 1,19 miliardi di dollari di un anno fa e dunque in calo dell’1% ma soprattutto abbondantemente al di sotto delle attese degli analisti di FactSet di 1,32 miliardi di dollari. La piattaforma social ha registrato inoltre perdite complessive pari a 270 milioni di dollari o 35 centesimi per azione, rispetto all’utile per azione di 8 centesimi di un anno fa. Il titolo è in lieve calo.