Wall Street in ripresa, resiste a rumor Apple. IBM affonda di oltre -6%, conferma schiaffo Super dollaro alla Corporate Usa
Wall Street in ripresa dopo il brusco dietrofront della vigilia scatenato dalle indiscrezioni dell’agenzia Bloomberg su Apple.
Secondo i rumor la Big Tech Usa starebbe valutando un piano per rallentare gli investimenti e le assunzioni in alcune sue divisioni, in vista di una recessione vista come sempre più probabile in Usa e nel mondo.
Ieri il Dow Jones Industrial Average è sceso di 215,65 punti (-0,69%), a 31.072,61 punti; lo S&P 500 è arretrato dello 0,84% a 3.830.85, il Nasdaq Composite ha ceduto lo 0,81% a 11.360,05.
Alle 15.45 ora italiana, il Dow Jones sale di 230 punti (+0,74%), a 31.303; lo S&P 500 avanza dello 0,98% a 3.868. Il Nasdaq scatta anch’esso dell’1% circa, a 11.475 punti.
Notizie negative dal fronte del mercato edilizio degli Stati Uniti.
Stando ai dati del dipartimento del Commercio Usa, i nuovi cantieri sono scesi a giugno del 2%, attestandosi al ritmo annualizzato di 1,559 milioni di unità, peggio degli 1,580 milioni attesi dal consensus e dopo gli 1,591 milioni di nuovi cantieri del mese di maggio. Il dato è sceso inoltre a un livello inferiore del 6,3% su base annua. I permessi per le costruzioni sono calati dello 0,6% rispetto alle 1,695 milioni di unità di maggio, ma in crescita dell’1,4% su base annua.
Il titolo Apple, che ieri ha chiuso in calo di oltre -2%, guadagna mezzo punto percentuale circa.
Alle 13.40 ora italiana circa, i futures sul Dow Jones salgono dello 0,62%, quelli sullo S&P 500 avanzano dello 0,78%, quelli sul Nasdaq sono in rialzo dello 0,80%.
Resi noti oggi i risultati di bilancio del colosso americano dell’healthcare e produttore anche di vaccini anti-Covid Johnson & Johnson; la multinazionale americana ha annunciato utili e un fatturato relativi al secondo trimestre del 2022 migliori delle attese degli analisti, tagliando tuttavia contestualmente l’outlook sui profitti dell’intero anno, a causa dell’impatto negativo del super dollaro.
Gli utili di J&J sono scesi nel trimestre compreso tra aprile e giugno del 23,3% a $4,81 miliardi, o $1,80 per azione, dai $6,28 miliardi, o $2,35 per azione, dello stesso trimestre dell’anno precedente. Le stime sull’eps-utile per azione dell’intero 2022 sono state abbassate al range compreso tra $10 e $10,10, dalla precedente forchetta compresa tra $10,15 e $10,35.
L’outlook sul fatturato del 2022 è stato abbassato al range compreso tra $93,3 e $94,3 miliardi dalla precedente forchetta compresa tra $94,8 e $95,8 miliardi. Debole il titolo a Wall Street, poco al di sotto della parità.
Il super-dollaro si è confermato fattore negativo anche per altre multinazionali americane, come Microsoft e Coca-Cola, che hanno già lanciato un alert sull’impatto ribassista che la solidità della valuta americana avrà sul fatturato incassato nei paesi non Usa.
Sempre il super dollaro ha inciso negativamente sulla trimestrale di IBM, il cui titolo scivola del 6,6%.
Il gruppo Usa attivo nel settore degli hardware e dei servizi ha annunciato di aver riportato nel secondo trimestre dell’anno utili e un fatturato migliori delle attese, lanciando tuttavia un avvertimento sull’impatto che il Super dollaro avrà sul suo bilancio nel corso dell’anno, calcolato in 3,5 miliardi di dollari. In particolare il direttore finanziario James Kavanaugh ha avvertito gli analisti che il forex colpirà il fatturato del 6% circa quest’anno, rispetto alle precedenti stime di una perdita calcolata tra il 3% e il 4%.
Gli acquisti che nei mesi precedenti sono scattati sul dollaro Usa – a causa dell’avversione al rischio e, di conseguenza, del desiderio degli investitori di posizionarsi sui cosiddetti safe haven asset, ha avuto un effetto boomerang sulle trimestrali della corporate America. Oggi si mette in evidenza tuttavia non tanto la forza del dollaro, ma dell’euro, dopo le indiscrezioni riportate dal Financial Times e dall’agenzia di stampa Reuters, secondo cui la Bce di Christine Lagarde sarebbe pronta ad alzare subito i tassi dell’area euro, nella riunione di dopodomani, ovvero di giovedì 21 luglio, di ben 50 punti base, il doppio rispetto ai 25 punti base previsti fino a qualche ora fa.
Dal canto suo, la Fed di Jerome Powell sarebbe orientata invece ad alzare i tassi di interesse Usa, nella prossima riunione del Fomc del prossimo 27 luglio, di 75 punti base, e non di 100 punti base come paventato dopo il dato sull’inflazione degli States. L’euro è volato di oltre +1% nei confronti del dollaro, allontandosi così dalla parità, sotto cui era tra l’altro sceso la scorsa settimana, fino a $0,9952, scivolando al minimo dal dicembre del 2002.
Tornando in Usa, nel vivo della stagione delle trimestrali, l’attesa a Wall Street si concentra anche su Netflix, la Big Tech che riporterà la trimestrale dopo la fine della giornata di contrattazioni.
Nei prossimi giorni toccherà, tra gli altri, a Tesla, United Airlines, American Airlines, Snap, Twitter e Verizon.
Attenzione all’Italia, nel pieno dell’ennesima crisi di governo, dopo le dimissioni del presidente del Consiglio Mario Draghi, rifiutate dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Draghi si presenterà domani alle Camere, con le sue comunicazioni ed il successivo dibattito sulla fiducia con il voto, che partiranno al Senato.
Sotto i riflettori le relazioni Usa-Cina, dopo la pubblicazione dei dati diramati dal dipartimento del Tesoro Usa, da cui è emerso che, nel mese di maggio, le partecipazioni nel debito Usa detenute dalla Cina sono scese sotto la soglia di $1 trilione per la prima volta in 12 anni, in un contesto in cui la prospettiva di nuovi rialzi dei tassi da parte della Fed di Jerome Powell rende i Treasuries Usa meno appetibili.
Portando avanti un trend che ha preso il via all’inizio del 2021, le partecipazioni cinesi di titoli di stato Usa sono scese, di fatto, a $980,8 miliardi, in calo di quasi $23 miliardi rispetto al mese di aprile e in flessione di quasi $100 miliardi, o del 9%, su base annua. E’ la prima volta dal maggio del 2010 che le quote cinesi in debito Usa scendono sotto la soglia di $1 trilione. E’ il Giappone ora il principale detentore di debito Usa.
A proposito di Treasuries Usa, la curva dei rendimenti del tratto 2-10 anni rimane invertita, fattore che contribuisce a innervosire ulteriormente gli investitori, visto che l’inversione del tratto viene considerata tradizionalmente fenomeno che anticipa l’arrivo di una recessione. I tassi dei Treasuries decennali sono in rialzo al 3,004%, riagguantando la soglia del 3%, a fronte del 3,174% dei tassi a due anni.