Wall Street in rialzo nonostante tassi Treasuries 10 y a un soffio dal 4%. Nasdaq -33% da record storico
Wall Street decisa a portare avanti il rimbalzo dopo le perdite sofferte nelle ultime sedute.
L’attenzione rimane vigile sul trend dei rendimenti dei Treasuries, con quelli decennali che, dopo essersi allontanati dai valori record dal 2010, tornano a svettare oltre la soglia del 3,9%. I tassi volano fino al 3,963%, nuovo massimo degli ultimi 12 anni.
Più o meno stabili i tassi dei Treasuries a due anni, al 4,314%, dopo essere balzati nelle ore precedenti fino al 4,351%, al valore massimo dall’agosto del 2007.
Alle 16.05 circa ora italiana, il Dow Jones sale di 181 punti (+0,62%); lo S&P 500 avanza dello 0,80% mentre il Nasdaq Composite mette a segno un rialzo dell’1,09%.
Wall Street sembra aver voglia insomma di ripresa, dopo aver riportato cinque sessioni consecutive di perdite, che hanno fatto scivolare ieri l’indice S&P 500 al livello di chiusura minimo dal 2020. Il Dow Jones è tornato in fase di mercato orso, dopo essere scivolato a un livello inferiore di oltre il 20% dal valore record testato. Non solo. Il listino dei 30 titoli industriali ha chiuso ieri al livello di chiusura più basso dalla fine del 2020. Per la precisione, l’indice S&P 500 ha chiuso ieri a 3.655,04, in calo dell’1,03%, al valore minimo dal 14 marzo del 2020. Il Dow Jones ha perso l’1,11% ieri (-330 punti circa), scivolando alla chiusura peggiore dal 12 novembre del 2020, a 29.260,81, mentre il Nasdaq Composite ha ceduto lo 0,60% ed è in calo di oltre il 33% rispetto al suo record storico, a 10.802,92.
Protagonisti i discorsi di alcuni esponenti della Fed che, in generale, hanno confermato tutta la determinazione della banca centrale Usa guidata da Jerome Powell ad andare avanti nella sua lotta contro l’inflazione.
Focus in particolare sulle dichiarazioni di Loretta Mester, presidente della Fed di Cleveland che, in un discorso proferito al Massachusetts Institute of Technology (MIT), ha sottolineato che “una inflazione inaccettabilmente alta è la sfida chiave che sta fronteggiando l’economia (Usa)” e che “la stabilità dei prezzi è necessaria per garantire un mercato del lavoro sano”.
Mester ha aggiunto che, nella lotta della banca centrale Usa contro l’inflazione, “ulteriori rialzi dei tassi saranno necessari”, spiegando che “ci sarà bisogno di una fase restrittiva per un po’ di tempo” e che “i costi sarebbero elevati se non riuscissimo ad agire in modo determinato”.
Un certo nervosismo sul rischio che si vada troppo in là con le strette monetarie aggressive è stato manifestato invece da Charles Evans, presidente della Fed di Chicago che, intervenendo nella trasmissione della CNBC “Squawk Box Europe”, ha ammesso di avere una certa ansia riguardo al rischio che la Federal Reserve alzi i tassi sui fed funds troppo velocemente, nel suo tentativo di affrontare l’inflazione.
Evans ha detto di rimanere “cautamente ottimista” sulla possibilità che l’economia americana sventi una recessione, sempre che non si manifestino ulteriori shock.
“Credo che le nostre stime, in media, siano di tassi ai valori massimi entro il mese di marzo, presupponendo l’assenza di ulteriori shock avversi. E se le cose dovessero migliorare, forse potremmo fare anche di meno, ma credo comunque che arriveremo a quei picchi dei tassi”.
La scorsa settimana la Fed di Jerome Powell ha proceduto alla sua terza stretta monetaria consecutiva di 75 punti base, portando i tassi sui fed funds Usa al record dal 2008, nel range compreso tra il 3% e il 3,25%, nell’intento di sfiammare l’inflazione galoppante.