Wall Street: futures in solido rialzo nonostante timori inflazione-recessione. Nasdaq +1%
A Wall Street i futures sui principali indici azionari Usa puntano verso l’alto, dopo che gli indici S&P 500 e Nasdaq Composite hanno riportato ieri la quinta sessione consecutiva di ribassi: lo S&P 500 è sceso dello 0,65% a 3.588,84 punti. Il Nasdaq Composite ha perso l’1,10% a 10.426,19, chiudendo al minimo dal luglio del 2020.
Il Dow Jones Industrial Average è salito di 36,31 punti (+0,12%), a quota 29.239,19.
Alle 12.15 ora italiana, i futures sul Dow Jones balzano di oltre 200 punti (+0,70%), i futures sullo S&P 500 avanzano dello 0,84%, i futures sul Nasdaq Composite riportano un balzo dell’1% circa.
L’attesa è per la pubblicazione dell’indice dei prezzi alla produzione di settembre che sarà diffuso alle 14.30 ora italiana.
Gli economisti intervistati da Dow Jones prevedono un PPI headline in crescita dello 0,2% su base mensile, dopo la flessione pari a -0,1% di agosto.
Oggi saranno pubblicate anche le minute della Fed relative all’ultimo meeting del Fomc, il braccio di politica monetaria della banca centrale Usa, relative al 21 settembre scorso, quando i tassi principali di riferimento sono stati alzati di 75 punti base, come da attese, e Powell & Co hanno confermato l’intenzione di procedere a ulteriori strette monetarie per combattere l’inflazione, che viaggia ai livelli massimi dagli inizi degli anni ’80.
La banca centrale americana ha portato i tassi Usa nel range compreso tra il 3% e il 3,25%, al record dal 2008, procedendo alla terza stretta consecutiva di 75 punti base.
Ieri un assist alla Fed hawkish è arrivato dalla presidente della Fed di Cleveland Loretta Mester:
“Il rischio più grande che incombe sulla politica monetaria è che la Fed non alzi i tassi in modo sufficiente” per contrastare l’inflazione Usa – ha detto Mester, aggiungendo che la “Fed deve fare ancora progressi nell’abbassare l’inflazione” e che “la politica monetaria deve entrare in una fase restrittiva”.
“La dimensione delle strette monetarie della Fed dipenderà dalle condizioni economiche”, ha detto ancora Mester, prevedendo un tasso di disoccupazione negli Stati Uniti in rialzo (dal 3,5% attuale) al 4,5% entro la fine del 2023 e poi ancora più alto nel 2024. La numero uno della Fed di Cleveland ha detto di prevedere un calo dell’inflazione al 3,5% nel 2023 e al 2%, quindi in linea con il target della Fed, pari al 2%, entro il 2025.
“Un possibile shock potrebbe far scivolare gli Stati Uniti in recessione”, ha ammesso la funzionaria della Fed, ammettendo che “la lotta per abbassare l’inflazione è dolorosa, ma deve esserci”.
Di recessione si parla molto da tempo, e nelle ultime ore i timori sull’arrivo di un hard landing in Usa e nel mondo sono stati rinfocolati dalle nuove previsioni sulla crescita del Pil a livello globale, che l’Fmi, il Fondo Monetario Internazionale, ha pubblicato ieri aggiornando il World Economic Outlook (WEO).
L’istituzione di Washington ha annunciato di aver tagliato l’outlook sulla crescita dell’economia globale per il 2023 di 0,2 punti percentuali rispetto alle stime di luglio, stimando una espansione del 2,7%. A parte i trend del Pil durante la crisi finanziaria globale e nel picco della pandemia Covid-19, nel 2023 si assisterà “al tasso di crescita più debole dal 2001”. Il Pil mondiale del 2022 è atteso ancora stabile con una crescita del 3,2%, quasi dimezzata tuttavia dall’espansione del 6% del 2021.
“Il peggio deve ancora arrivare, e per molte persone il 2023 sarà come vivere una recessione”, si legge nel rapporto dell’Fmi, che ricalca gli avvertimenti già lanciati dalle Nazioni Unite, dalla Banca Mondiale e da molti amministratori delegati.