Wall Street debole in attesa maxi rialzo tassi Fed. Nuovo outlook Goldman Sachs su Pil e disoccupazione Usa
Wall Street apre la prima sessione della settimana in territorio negativo, prolungando quella scia ribassista che ha portato i principali indici azionari della borsa Usa a chiudere la settimana peggiore dal mese di giugno.
Sotto i riflettori, l’ennesima impennata dei rendimenti dei Treasuries Usa in attesa dell’evento più importante della settimana: l’annuncio della Fed di Jerome Powell sui tassi di interesse. Gli economisti di Goldman Sachs hanno rivisto al rialzo le previsioni su quanto annuncerà la Fed dopodomani: ora stimano una stretta monetaria di 75 punti base, rispetto al rialzo di 50 punti base atteso in precedenza.
“I tassi (più alti), combinati al recente irrigidimento delle condizioni finanziarie, implicano un outlook in qualche modo peggiore per la crescita (del Pil) e l’occupazione dell’anno prossimo”, hanno aggiunto gli economisti di Goldman Sachs.
Di fatto, Goldman Sachs ha rivisto al ribasso le stime di crescita del Pil Usa per il 2023: ora i suoi economisti prevedono un’espansione del prodotto interno lordo di appena l’1,1% su base annua, rispetto al precedente outlook di una crescita dell’1,5%. la divisione di ricerca del colosso bancario Usa stima anche strette monetarie di 1,75 punti percentuali entro la fine di quest’anno. Il tasso di disoccupazione è atteso in crescita al 4,1% entro la fine del 2023, rispetto al 3,7% attuale, e in ulteriore rialzo al 4,2% entro la fine del 2024. La probabilità che l’economia Usa cada in recessione nell’arco dei prossimi 12 mesi viene data da Goldman Sachs al 35%.
Alle 16.10 circa ora italiana, il Dow Jones arretra di 40 punti (-0,13%), a 30.781,45 punti; il Nasdaq scende dello 0,32% circa, a quota 11.411, mentre lo S&P 500 perde lo 0,24% a quota 3.864
Il Fomc, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve, si riunirà nella giornata di domani per annunciare la sua decisione sui tassi sui fed funds dopodomani, mercoledì 21 settembre. I trader scommettono su una stretta monetaria da parte della Fed di Powell di 75 punti base, per la terza volta consecutiva, al fine di scongiurare ulteriori impennate dell’inflazione.
Lo scorso 27 luglio la Fed ha alzato i tassi sui fed funds di 75 punti base, per la seconda volta consecutiva, a conferma della sua lotta contro l’inflazione galoppante negli Stati Uniti.
Con il suo secondo rialzo consecutivo di 75 punti base, Powell & Co hanno portato i tassi sui fed funds Usa nel nuovo range compreso tra il 2,25% e il 2,5%, al record dalla fine del 2018.
L’incubo inflazione negli States è tornato la scorsa settimana con la pubblicazione dell’indice dei prezzi al consumo.
A conferma di come l’inflazione stia diventando sempre più radicata nell’economia Usa, e non dipenda solo dai prezzi energetici (che di fatto nel mese hanno puntato verso il basso), l’inflazione core degli Stati Uniti si è rafforzata nel mese di agosto.
L’inflazione headline degli Stati Uniti è rallentata al ritmo annuo dell’8,3%, rispetto al +8,5% di luglio. L’indebolimento dell’indice CPI è avvenuto tuttavia a un ritmo inferiore di quanto atteso dal consensus degli analisti, che avevano previsto un aumento pari a +8,1%.
Su base mensile l’inflazione headline è salita inoltre dello 0,1%, rafforzandosi rispetto al dato invariato di luglio, e confermando una crescita superiore, anche in questo caso, alle stime, che erano per un calo dello 0,1%.
Guardando all’inflazione core, quella che ha per l’appunto alimentato ulteriormente i timori degli investitori, in questo caso il trend di agosto è stato di un balzo del 6,3% su base annua, oltre +5,9% di luglio, e superiore anche al +6,1% stimato; su base mensile, l’indice CPI core è salito dello 0,6%, oltre il +0,3% stimato e il doppio rispetto al precedente +0,3% di luglio.
I numeri hanno affossato la speranza che l’inflazione degli Stati Uniti abbia toccato il picco, alimentando così il timore che la Fed di Jerome Powell continui nel suo percorso di rialzi dei tassi aggressivi.
C’è anche chi ha paventato una stretta monetaria di 100 punti base.
L’SOS tassi arriva sia dal mercato azionario che dai Treasuries Usa: in particolare, proprio oggi i tassi dei Treasuries a 10 anni hanno superato la soglia del 3,5%, posizionandosi al record degli ultimi 11 anni.
I rendimenti dei Treasuries a due anni, più sensibili alle decisioni di politica monetaria della Fed sono schizzati fino al 3,93%, al nuovo record dal 2007.