Upb: crescita dell’economia italiana nel 2018 allo 0,9% dall’1,7 del 2017
Dopo due trimestri che avevano fatto presagire i rischi di recessione, l’economia italiana, mostra i primi, timidi, segnali di ripresa. Così la Nota congiunturale di aprile pubblicata oggi dall’Upb, l’Ufficio Parlamentare di bilancio secondo cui lo scorso anno, la crescita dell’economia italiana ha decelerato allo 0,9 per cento, dall’1,7 del 2017.
Un rallentamento che, secondo il recente aggiornamento dei conti economici annuali, sarebbe stato originato dalla domanda nazionale, appena più che da quella estera netta. Dopo due trimestri di stagnazione, la spesa per consumi delle famiglie – nonostante la riduzione del potere di acquisto delle famiglie, che ha comportato il calo della propensione al risparmio al 7,6 per cento – è tornata a crescere nel quarto trimestre (0,2 per cento in termini congiunturali). La fiducia dei consumatori, che già negli ultimi mesi del 2018 aveva mostrato segnali di deterioramento, è peraltro peggiorata nel trimestre scorso. Il più sfavorevole clima di opinione, in presenza di un crescente livello di incertezza economica, potrebbe impattare negativamente nel breve termine sugli acquisti delle famiglie.
Nel complesso, dice l’Upb, l’incertezza di famiglie e imprese continua a crescere. La debolezza dell’attuale fase congiunturale sembra proseguire e si riflette anche sulle stime di breve termine, per le quali l’attività economica avrebbe recuperato nei primi mesi dell’anno solo lievemente. Nel primo trimestre si attende una variazione congiunturale del PIL dello 0,1 per cento spinta prevalentemente dalla ripresa della manifattura. Nel trimestre in corso il PIL continuerebbe ad espandersi a ritmi congiunturali analoghi al trimestre precedente (con un lieve miglioramento della dinamica tendenziale), a fronte però di margini d’incertezza più elevati. Sulle previsioni gravano tuttavia diversi rischi. Il contesto internazionale potrebbe risentire di nuove restrizioni agli scambi, oltre che di rischi specifici in Cina e nel Regno Unito. L’economia italiana resta inoltre esposta alla volatilità dei rendimenti sui titoli del debito pubblico.