News Notizie Notizie Italia Tassi BTP oltre 3,6% post Bce, spread punta dritto verso quota 230. ‘In discussione sostenibilità debito Italia’

Tassi BTP oltre 3,6% post Bce, spread punta dritto verso quota 230. ‘In discussione sostenibilità debito Italia’

10 Giugno 2022 07:49

Così Hetal Mehta, Senior European Economist di LGIM, ha

commentato le novità arrivate dalla Bce di Christine Lagarde, che ieri ha annunciato la fine del piano di Quantitative easing APP a partire dal prossimo 1° luglio e un rialzo dei tassi di 25 punti base nella prossima riunione del 21 luglio, seguito da altre strette monetarie.

La reazione dei BTP e dello spread BTP-Bund alle parole di Christine Lagarde e agli annunci della Bce è stata immediata, mettendo in evidenza tutta la vulnerabilità dell’Italia e dei debiti sovrani dell’area euro: il brusco sell off sui BTP ha portato i tassi decennali a infiammarsi fino al 3,67%, al record in più di otto anni, ovvero dal 2014, a un valore più che triplo rispetto a quello dell’inizio dell’anno, e con un rialzo più forte dal marzo del 2020.

Lo spread BTP-Bund punta dritto verso quota 230, attorno a 227 punti base.

Nel commento “Riunione Bce: si vuole evitare un ‘caso Italia’, Mehta ha fatto notare che “la Banca Centrale Europea si trova attualmente in una posizione molto difficile a causa dell’elevata inflazione, del rallentamento della crescita e della contrazione del mercato del lavoro”.

“Attualmente, – prosegue l’esperto – noi di LGIM riteniamo che il rischio che l’area euro entri in recessione dalla seconda metà del 2023 sia del 60%. Per questi motivi, sono state prese delle misure insolite al fine di rendere più chiaro quale sarà l’andamento dei tassi d’interesse per il breve periodo, sebbene i cosiddetti ‘falchi’ stiano facendo pressione affinché l’istituto agisca in tempi più rapidi”.

“La Bce – continua Mehta – ha dichiarato che a partire dal 1° luglio 2022 interromperà il suo programma di acquisto degli asset; tuttavia, continuerà comunque a reinvestire almeno fino alla fine del 2024. Riteniamo che, con queste mosse, l’istituto speri di non dover creare un nuovo programma a supporto dell’Italia. Il motivo è che uno dei principali vantaggi dell’Asset Purchase Programme era la possibilità di emettere debito sovrano a costi più contenuti, un’opportunità molto vantaggiosa per governi come quello di Roma, il cui rapporto debito/Pil dovrebbe arrivare a toccare quota 160% a causa delle misure di sostegno emanate durante la pandemia di Covid-19. Il fatto che i tassi d’interesse si siano mantenuti bassi negli ultimi 8 anni ha permesso al Tesoro di rifinanziare il debito a costi contenuti, riducendo sensibilmente le uscite generate da questo e rendendo l’onere che ne deriva più gestibile”.

Ora, con la nuova era appena ufficializzata, “l’aumento dei tassi d’interesse, e di conseguenza degli oneri finanziari, da parte della Bce mette in discussione la sostenibilità del debito di un paese come l’Italia – e questo obbliga la Banca Centrale a essere molto più ‘trasparente’ circa le sue intenzioni di effettuare ulteriori rialzi; molto più di quanto lo siano stati altri istituti come la Federal Reserve o la Banca d’Inghilterra”.