Scivolone Wall Street post Pil Usa riporta ansia tassi Fed e contagia mercati. Borsa Tokyo -1,03%
Mercati azionari negativi dopo il tonfo di Wall Street, provocato dai timori di una Fed ancora aggressiva sui tassi.
I timori sono stati riaccesi dalla pubblicazione del dato relativo al Pil Usa del terzo trimestre. Ieri è stata resa nota di fatto l’ultima revisione del Pil, con cui la crescita del dato è stata rivista al rialzo a +3,2%, dal +2,9% della precedente lettura, oltre le attese di una crescita pari a +2,9%.
Dal dato è emerso come i fondamentali dell’economia degli Stati Uniti rimangano solidi, a dispetto dei tentativi della Fed di Jerome Powell di affossarla – per sfiammare l’inflazione – con le ripetute strette monetarie.
La paura tassi più alti per molto più tempo è tornata così sovrana a Wall Street:
il Dow Jones ha chiuso la sessione della viglia in ribasso di 348,99 punti (-1,05%), a 33.027,49 punti; lo S&P 500 è arretrato dell’1,45% a 3.822,39 punti, mentre il Nasdaq ha ceduto il 2,18% a 10.476,12.
I rendimenti dei Treasuries Usa a 10 anni si rafforzano al 3,684%, mentre quelli a due anni, più sensibili alle decisioni di politica monetaria della Fed, sono saliti di sei punti base al 4,276%.
Effetto Wall Street sulle borse asiatiche: l’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo ha chiuso la sessione in ribasso dell’1,03%, Sidney cede lo 0,63%, peggio Seoul con una flessione dell’1,83%. Limitano i danni Hong Kong -0,26%) e Shanghai (-0,32%).
I futures sui principali indici azionari americani sono poco mossi, con variazioni che vanno dal +0,05% dei futures sul Nasdaq al +0,08% circa per i futures sul Dow Jones e sullo S&P 500.
La borsa di Tokyo ha scontato anch’essa i timori di una Bank oj Japan pronta ormai ad abbandonare la propria politica monetaria accomodante (nonostante le rassicurazioni del governatore Haruhiko Kuroda, arrivate nel corso di questa settimana con lo shock scatenato dalla banca centrale del Giappone).
Oggi dal fronte macro del Giappone è stato reso noto il dato sull’inflazione misurata dall’indice dei prezzi al consumo, la cui componente core, nel mese di novembre, è salita del 3,7% su base annualizzata, al ritmo più forte dal dicembre del 1981, quando balzò del 4%, e in accelerazione rispetto al +3,6% del mese scorso.
La crescita rimane ben superiore al target dell’inflazione della Bank of Japan, pari al 2%. Il CPI headline del Giappone è salito a novembre del 3,8%.
Tre giorni fa, in quello che è stato il suo ultimo atto del 2022, la BoJ ha annunciato di aver lasciato il costo del denaro invariato a -0,1% ma di aver apportato anche una modifica al YCC (Yield Curve Control), ovvero allo strumento di controllo della curva dei rendimenti.
La Bank of Japan ha aumentato il range di oscillazione dei tassi dei titoli di stato del Giappone, dalla precedente forchetta compresa tra -0,25% e 0,25% alla nuova banda, compresa tra il -0,5% e il +0,5%.
La modifica annunciata all’YCC corrisponde di fatto a una manovra di politica monetaria restrittiva visto che, in questo modo, la banca centrale del Giappone permetterà ai tassi di lungo termine di salire da 25 punti base (il precedente limite fissato con la politica YCC) a 50 punti base, il limite annunciato oggi.
Va detto allo stesso tempo che la banca centrale del Giappone
ha annunciato al contempo anche un rafforzamento del suo QE-Quantitative easing, decidendo di aumentare gli acquisti dei titoli di stato made in Japan fino a 9 trilioni di yen al mese, nel periodo compreso tra gennaio a marzo del 2023.