Piazza Affari chiude a -0,3%, Wall Street arretra in scia ai dati sull’occupazione
Giornata fiacca per Piazza Affari, con il Ftse Mib che archivia gli scambi in flessione dello 0,3% a 24.621 punti. Acquisti su Amplifon (+3,2%), Banca Generali (+2,4%), Campari (+2%) e Finecobank (+1,9%). Arretrano invece Moncler (-3,2%), Telecom Italia (-2,1%), Stellantis (-2,05%) ed Erg (-2%).
Poco mosse le altre borse europee, mentre Wall Street procede in calo dopo la pubblicazione dei dati sull’occupazione di novembre. Il Dow Jones cede lo 0,4%, l’S&P500 lo 0,6% e il Nasdaq lo 0,8%.
Il job report ha evidenziato la creazione di 263 mila nuovi impieghi, nettamente al di sopra dei 200 mila attesi dagli analisti. Inoltre, la rilevazione di ottobre è stata rivista al rialzo a 284 mila unità, dalle 261 mila inizialmente comunicate. Disoccupazione stabile al 3,7%, mentre i salari medi orari sono cresciuti dello 0,6% congiunturale e del 5,1% tendenziale, più delle stime.
La rigidità del mercato del lavoro e le pressioni al rialzo sui salari confermano la view espressa questa settimana da Jerome Powell, secondo cui la Federal Reserve ha ancora molto da fare per riportare sotto controllo i prezzi.
Mercoledì il presidente ha aperto ad un rallentamento delle strette sui tassi, rafforzando la prospettiva di un ritocco da 50 punti base a dicembre, ma ha anche sottolineato che il costo del denaro dovrà salire fino al 5% o persino oltre.
I dati di oggi non dovrebbero modificare le aspettative sull’entità dell’intervento di dicembre, ma potrebbero dare adito a toni maggiormente restrittivi per il futuro. I numeri, infatti, giustificano le tesi dei membri più hawkish del Fomc che spingono per mantenere il costo del denaro su livelli elevati ancora per molto tempo al fine di contrastare efficacemente l’inflazione.
Il report ha innescato volatilità sul Forex e spinto al rialzo i rendimenti sull’obbligazionario statunitense, e di riflesso quelli europei. In particolare, l’euro/dollaro è sceso a quota 1,047 per poi tornare a 1,05 mentre il tasso sul decennale statunitense è risalito di 10 bp al 3,6% e quello del biennale, più sensibile alle aspettative sulle mosse della Fed, si è impennato di oltre 13 punti al 4,36%.
In giornata sono stati diffusi anche i prezzi alla produzione di ottobre della zona euro, in calo del 2,9% dopo il +1,6% del mese precedente. Su base annua il dato segna +30,8% da 31,5% atteso e +41,9% precedente. I prezzi alla produzione dell’area dell’euro sono scesi più del previsto a ottobre, segno che forse le pressioni inflazionistiche potrebbero attenuarsi ulteriormente nei prossimi mesi. È la prima volta che i prezzi alla produzione diminuiscono su base mensile da maggio 2020. Guardando ai dettagli, il calo del 6,9% dei prezzi dell’energia è stato il principale freno per i prezzi complessivi.