Borsa Tokyo fa -2,7% dopo crollo Wall Street. Sul forex Fed ‘batte’ Bce, occhio all’euro
Chiusura negativa per la borsa di Tokyo, che si allinea al trend negativo di Wall Street scatenato dalle dichiarazioni, venerdì scorso, del presidente della Fed Jerome Powell. L’indice Nikkei 225 ha ceduto il 2,66% a 27.878,96 punti.
Sell anche sulle altre borse asiatiche, come sulla borsa di Hong Kong (-0,86%), dopo il capitombolo dei principali indici azionari Usa.
Giù Sidney -1,95%, mentre Seoul scivola del 2,14%. Piatta la borsa di Shanghai.
In quello che può essere considerato un vero e proprio venerdì nero per la borsa, il Dow Jones Industrial Average è precipitato di 1,008 punti, o -3,03% a quota 32.283,40.
Lo S&P 500 è sceso del 3,37% a 4.057,66 e il Nasdaq Composite è scivolato del 3,94%, a 12.141,71.
Il Dow Jones ha sofferto la sessione peggiore dal mese di maggio, mentre lo S&P 500 e il Nasdaq Composite hanno concluso la seduta peggiore dal mese di giugno. Gli smobilizzi hanno cancellato i guadagni che tutti e tre gli indici azionari Usa avevano riportato nel mese di agosto, che si avvia ormai alla conclusione.
Tutto è nato dalle parole di Powell che, ha confermato la determinazione della banca centrale Usa a fermare l’inflazione, ammettendo che la Fed continuerà ad aumentare i tassi di interesse in un modo tale da causare anche “una certa sofferenza” all’economia statunitense.
“La stabilità dei prezzi è responsabilità della Federal Reserve e funge da fondamento della nostra economia”, ha dett Jerome Powell, nel suo discorso a Jackson Hole. “Senza stabilità dei prezzi, l’economia non funziona per nessuno”, ha aggiunto.
Nel simposio di Jackson Hole dichiarazioni particolarmente hawkish sono arrivate anche dagli esponenti del Consiglio direttivo della Bce, per la precisione dal banchiere centrale della Finlandia Olli Rehn (che ha fatto anche un commento sull’importanza dell’euro nella determinazione della politica monetaria della Banca Centrale europea), dal banchiere centrale della Francia Francois Villeroy de Galhau e da Martins Kazaks, numero uno della Banca centrale della Lettonia.
Così Rehn: “Il prossimo passo (della Bce) sarà una mossa significativa a settembre, a seconda dei dati (macro) in arrivo e dell’outlook sull’inflazione”. Anche il francese Villeroy ha invocato un’altra stretta monetaria significativa a settembre, auspicando che i tassi salgano fino al livello “neutrale” prima della fine dell’anno, calcolato tra l’1% e il 2%.
Il banchiere ha sottolineato inoltre che, in caso di necessità, i tassi potrebbero dover superare anche il livello neutrale.
E il falco lettone Kazaks ha detto chiaro e tondo che “il rialzo dei tassi dovrà essere forte e significativo e, al momento, direi di 50 o di 75 punti base”.
Dal fronte macro dell’area Asia Pacifico, è stato diramato oggi il dato relativo alle vendite al dettaglio dell’Australia, salite a luglio dell’1,3% su base mensile, al valore record di 34,7 miliardi di dollari australiani, ben al di sopra delle stime degli analisti di un aumento pari a +0,3%.
La crescita è stata la più forte degli ultimi quattro mesi.
Inoltre, le vendite al dettaglio dell’Australia sono balzate del 16,5% su base annua: bisogna considerare tuttavia che, nel luglio dello scorso anno, diversi negozi erano stati chiusi a causa delle misure di lockdown lanciate contro la pandemia Covid-19. Detto questo, la propensione ai consumi degli australiani ha mostrato una indubbia resilienza.
Occhio invece alla nota negativa di Goldman Sachs sulla Cina, in particolare sull’attività manifatturiera del paese, anche a causa degli effetti della politica zero Covid che contraddistingue la Cina nella lotta contro la pandemia.
Gli analisti del colosso bancario Usa prevedono che il dato ufficiale stilato da Pechino, relativo al Pmi manifatturiero di agosto, mostrerà un ulteriore peggioramento della fase di contrazione, scendendo a 48,8 dai 49 di luglio. Previsto virare in fase di contrazione anche l’indice Pmi privato stilato da Caixin: in questo caso, Goldman Sachs prevede un calo a 49,8 punti dai 50,4 punti di luglio.
Mentre scriviamo l’euro è ulteriormente sotto pressione, cede lo 0,20% (ma aveva perso fin oltre -0,40%) nei confronti del dollaro il che significa che, sul forex, i trader stanno prezzando più le dichiarazioni hawkish della Fed di Jerome Powell – arrivate anch’esse in occasione del simposio di Jackson Hole – che quelle altrettanto da falco degli esponenti della Bce.
L’euro si attesta attorno a 0,9924, mentre lo US Dollar Index viaggia a 109,24 punti, a un passo dal record in 20 anni testato a luglio a 109,29 punti.