Borsa Tokyo +0,54%, ma Hong Kong -2,5% con PIL Cina e boicottaggio mutui: cinesi contro banche, non rimborsano le rate
L’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo ha chiuso in rialzo. dello 0,54% a 26.788,47 punti. Negativa invece la borsa di Hong Kong, che sconta la pubblicazione del dato relativo al Pil della Cina e l’effetto di Wall Street, che ha chiuso la sessione di ieri in ribasso. L’indice Hang Seng -2,5%, fa i conti con il calo dei titoli hi-tech, che fa scivolare l’Hang Seng Tech Index del 3% circa (Alibaba -4%). In premercato i futures sul Dow Jones perdono lo 0,26%, -0,24% quelli sullo S&P 500, -0,16% quelli sul Nasdaq.
Ieri il Dow Jones Industrial Average ha perso lo 0,46%, o -142,62 punti, a 30.630.17, lo S&P 500 è sceso dello 0,3% a 3.790.38, mentre il Nasdaq Composite ha chiuso praticamente piatto, con un rialzo di appena +0,03% a 11.251,19.
La borsa di Shanghai arretra dell’1,64%, la borsa di Sidney ha perso lo 0,68%, mentre Seoul sale dello 0,37%.
Il caos Italia, con le dimissioni annunciate dal presidente del Consiglio Mario Draghi poi rifiutate dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, non fa di certo bene ai mercati, instillando nuovi dubbi sulla capacità dell’Europa, nel bel mezzo di una crisi politica in tempi di guerra, di sventare la recessione.
In Cina è allarme sul mercato immobiliare, dopo la ribellione di diversi proprietari di immobili che hanno deciso di boicottare il pagamento dei mutui su quei progetti che non sono stati ancora ultimati.
Cadono i titoli del settore immobiliare e delle banche.
Oggi le autorità di vigilanza dei mercati e delle banche hanno indetto una riunione di emergenza per decidere il da farsi. Nella tarda serata di ieri il South China Morning Post ha riportato che il boicottaggio si è allargato, con gli acquirenti di più di 230 proprietà situate in 86 città che, con il loro atto di ribellione, si sono rifiutati di onorare il pagamento delle rate sui mutui.
Diramati alcuni dati macro in Cina, in primis quello relativo al Pil del secondo trimestre.
Nel periodo compreso tra i mesi di aprile e giugno, periodo in cui è esplosa l’ondata di pandemia più forte dal 2020 e in cui diverse sono state le città a cui è stato imposto il lockdown – in base alla politica zero Covid del governo di Pechino – il Pil della Cina è sceso del 2,6% su base trimestrale, peggio della flessione pari a -1,5% attesa.
Su base annua, l’economia cinese ha riportato una espansione pari a +0,4%, pegio del +1% atteso dagli analisti.
“La crescita del Pil del secondo trimestre è stata la peggiore dall’inizio della pandemia, visto che i lockdown, in particolare a Shanghai, hanno inciso in modo grave sull’attività (economica), all’inizio del trimestre”, ha commentato alla BBC Tommy Wu, capo economista di Oxford Economics.
Wu ha agginto che, “i dati di giugno sono stati comunque migliori, con l’attività che si è ripresa dopo che la maggior parte dei lockdown è stata ritirata”.
“Il punto è che la crisi del settore immobiliare ha continuato a pesare sulla crescita”, ha aggiunto Wu.
Non per niente, la ‘ribellione’ appunto di diversi mutuatari cinesi.
Resi noti anche la produzione industriale, le vendite al dettaglio e il tasso di disoccupazione della Cina relativi al mese di giugno:
Le vendite al dettaglio sono rimbalzate del 3,1% su base annua, facendo molto meglio del +0,3% atteso dal consensus e rispetto al precedente calo del 6,7%. La ripresa si spiega con l’allentamento delle misure di restrizione/Covid imposte nei mesi precedenti – nell’ambito della politica Zero Covid del governo di Pechino -per contrastare la seconda ondata di pandemia Covid-19 più forte dal 2020.
Il tasso di disoccupazione cinese è sceso dal 5,9% precedente al 5,5%.
La produzione industriale cinese è salita del 3,9% su base annua, lievemente al di sotto del +4% atteso dal consensus degli analisti, e decisamente meglio del +0,7% di maggio.