Azionario Asia: Tokyo e Sidney in calo di oltre -1%. Cina pubblica documento ufficiale contro Usa
Azionario Asia in rosso, sconta ancora la carrellata di minacce lanciate da Donald Trump nella guerra commerciale che la sua America First sta continuando a portare avanti non solo contro la Cina, ma anche contro altri paesi: è di pochi giorni fa la decisione dell’amministrazione Usa di imporre dazi doganali del 5% sui prodotti messicani e di alzarli anche gradualmente, fino a quando il paese non agirà per frenare l’immigrazione clandestina.
L’annuncio ha messo KO gli indici azionari Usa, con un effetto domino sulle altre borse. Da segnalare che lo S&P 500 ha terminato il mese di maggio con un calo del 6,6%. Il Dow Jones ha terminato la sessione di venerdì soffrendo la sesta settimana consecutiva di perdite – la fase ribassista più lunga dal 2011 – mentre quella appena passata si è confermata la quarta settimana consecutiva in rosso per il Nasdaq e lo S&P 500.
Oggi un nuovo atto nello scontro tra gli Usa e la Cina è arrivato con la pubblicazione di un documento ufficiale, da parte di Pechino, in cui la Cina addossa la responsabilità dell’escalation delle tensioni commerciali agli Stati Uniti. L’America First di Trump viene accusata di non essere stata affidabile durante le trattative commerciali e di essersi tirata indietro rispetto alle ‘soluzioni pragmatiche proposte da Pechino”.
La borsa di Shanghai azzarda un tentativo rialzista, ma per ora rimane attorno alla parità, così come Hong Kong.
Sidney cede più dell’1%, Seoul in rialzo di oltre +1%, mentre l’indice Nikkei 225 ha chiuso la sessione in calo dell’1% circa.
Dal fronte macro del Giappone occhio alla pubblicazione della lettura finale dell’indice Pmi manifatturiero stilato congiuntamente da Nikkei e Markit che, nel mese di maggio, ha indicato un valore pari a 49,8 punti, in flessione rispetto ai precedenti 50,2 punti e in fase di contrazione.
Il dato è sceso infatti sotto la soglia di 50 punti, che rappresenta la linea di demarcazione tra fase di contrazione (valori al di sotto) e fase di espansione (valori al di sopra).
Tra gli aspetti negativi, il deterioramento delle condizioni della domanda interna ed estera, il rallentamento delle assunzioni da parte delle aziende, i tagli alla produzione e il fatto che le aspettative delle aziende sulla produzione siano diventate negative per la prima volta dal novembre del 2012.
Ha fatto bene invece il Pmi manifatturiero cinese stilato congiuntamente da Caixin e Markit che, nel mese di maggio, si è attestato a 50,2 punti, meglio dei 50 punti attesi. Il dato è rimasto invariato rispetto ad aprile, quando si era attestato a 50,2 punti.
Positivo anche l’indice Pmi manifatturiero dell’Australia, che si è attestato a 52,7 punti, rallentando il passo rispetto ad aprile (54,8 punti), ma che ha confermato la sua fase di espansione per il quinto mese consecutivo di espansione.
Diffuso anche il PMi manifatturiero australiano stilato congiuntamente da CBA e Markit, che ha messo in evidenza come il dato, nella sua lettura finale, si sia attestato a 51 punti, rispetto ai 50,1 punti della lettura preliminate e i 50,9 punti di aprile.