Wall Street torna in balìa di timori crescita e inflazione, Kolanovic di JP Morgan ‘non crede’ nel cash. Ecco su cosa scommette
Le preoccupazioni sul rischio di una recessione o di una stagflazione in Usa e nel mondo zavorrano Wall Street, in un contesto globale caratterizzato sempre di più dagli annunci di profit warning da parte delle aziende.
Gli indici azionari Usa sono contrastati: alle 16 circa ora italiana, il Dow Jones scende dello 0,24%, a 33.099 punti; lo S&P 500 arretra dello 0,14%, a 4.154, mentre il Nasdaq mette a segno un lieve rialzo, pari a +0,26%., a quota 12.207 circa.
Dopo il profit warning lanciato ieri dal retailer Usa Target – tra l’altro per la seconda volta in appena tre settimane – oggi si mette in evidenza l’allarme utili del colosso bancario svizzero Credit Suisse. Il titolo cede il 7% alla borsa di Zurigo.
Il sentiment, a livello globale, è peggiorato anche per le maxi revisioni al ribasso che sono arrivate, nell’arco di poche ore, sia dalla Banca Mondiale, che dall’Ocse.
La Banca Mondiale ha tagliato le proprie stime sulla crescita dell’economia globale, avvertendo che molte economie potrebbero scivolare in una fase di recessione, in un contesto di rischio stagflazione che ricorda quello degli anni ’70.
Il Pil globale è atteso in crescita, nel 2022, del 2,9%, rispetto all’espansione pari a +5,7% del 2021. Il downgrade è stato pari a — 1,2 punti percentuali rispetto alla crescita +4,1% prevista a gennaio, stando a quanto emerge dall’ultimo Global Economic Prospects report. (Rapporto sulle prospettive dell’economia globale).
Citati l’impatto del conflitto Russia-Ucraina e il conseguente balzo delle materie prime, che si sono uniti al danno che era stato già inflitto all’economia globale dalla pandemia Covid-19.
Poco dopo gli annunci della Banca Mondiale, è arrivato anche il maxi downgrade sul Pil globale firmato dall’Ocse, nel report “The Price of War”, ovvero il prezzo della guerra.
La sforbiciata, rispetto al precedente outlook, è pari a -1,5 punti percentuali, e porta le nuove previsioni sul Pil globale a una espansione pari a +3% nel 2022.
“L’invasione dell’Ucraina, unita ai lockdown che hanno colpito le città e i porti della Cina, a causa della politica zero Covid, ha generato un nuovo set di shock avversi – si legge nell’ultimo outlook sull’economia appena diramato dall’organizzazione con sede a Parigi.
L’Ocse ha spiegato i downgrade, in parte, con “i forti rallentamenti della Russia e dell’Ucraina”. Ma “la crescita è attesa indebolirsi in modo significativo più delle attese nella maggior parte delle economie, soprattutto in Europa, dove le stime per il 2023 prezzano l’embargo sulle importazioni di petrolio e di carbone dalla Russia”.
A confermare i timori di un indebolimento dei fondamentali in un contesto di inflazione stimata più alta che in passato è stata anche la pubblicazione dell’indice GDPNow della Federal Reserve di Atlanta:
l’indicatore segnala un tasso di crescita del Pil Usa di appena +0,9%, nel secondo trimestre, rispetto al +1,3% della settimana scorsa.
Nel frattempo, è arrivato anche il dato macro che ha messo in evidenza come, la scorsa settimana, secondo la Mortgage Bankers Association., la domanda di mutui negli Stati Uniti sia collassata al livello più basso degli ultimi 22 anni.
Detto questo, a dispetto del pessimismo del suo stesso boss Jamie Dimon, Marko Kolanovic, responsabile strategist dei mercati globali e co-responsabile della divisione di ricerca globale di JP Morgan, non intravede alcuna recessione, né per l’economia americana che per quella globale, e ritiene che lo S&P tornerà a toccare i massimi di inizio gennaio entro la fine del 2022.
“Non crediamo che gli investitori continueranno a rimanere esposti al cash per i prossimi 12 mesi, aspettando la recessione – ha detto lo strategist di JP Morgan – Se continueremo ad assistere alla resilienza dei consumi, soprattutto nel settore servizi, cosa che secondo noi avverrà, gli investitori torneranno gradualmente nei mercati azionari”.
La scommessa top di Kolanovic rimane il settore dell’energia, su cui è bullish dal 2019. “Tra l’altro, in realtà le valutazioni sono scese nonostante l’apprezzamento dei titoli azionari – ha fatto notare – in quanto gli utili crescono più velocemente. Di conseguenza, i multipli sono in realtà poù bassi oggi, nell’energia, rispetto a quanto lo fossero un anno fa”.
Marko Kolanovic ha detto di essere bullish anche sulle small cap e sui titoli tecnologici ad alto beta.
Oggi Wall Street punta verso il basso anche sulla scia del rialzo dei tassi sui Treasuries Usa, tornati al di sopra della soglia del 3%, al 3,025%.
Cresce l’attesa per la pubblicazione dell’indice dei prezzi al consumo Usa, dopodomani venerdì 10 giugno, relativo al mese di maggio. Si tratta di un momento cruciale: nel caso in cui l’indice salisse a un ritmo inferiore rispetto a quello di aprile, i mercati vedrebbero in qualche modo avallata la speranza che l’inflazione degli Stati Uniti abbia toccato il picco.