Wall Street: rally post Putin si smorza, Nasdaq debole. Petrolio: dopo boom da guerra calo settimanale fin oltre -6%
Suo malgrado Vladimir Putin oggi ha infiammato le borse europee e americane, dove sono scattati i buy dopo che l’agenzia di stampa Interfax ha riportato le sue dichiarazioni. Putin avrebbe fatto riferimento ad “alcuni sviluppi positivi nei negoziati (per il cessate il fuoco), in base a quanto mi è stato riferito dalla nostra delegazione”. Dichiarazioni anche dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky che, secondo alcune fonti, avrebbe detto che l’Ucraina ha raggiunto “un punto di svolta strategico” nella sua guerra contro la Russia.
La speranza di un accordo tra Mosca e Kiex ha innescato subito gli acquisti sugli asset di rischio.
Il Dow Jones è balzato fino a +300 punti circa, per poi smorzare i rialzi: alle 16 ora italiana sale di oltre 200 punti (+0,60%), a 33.374 punti; il Nasdaq si aggira invece al di sotto della parità, azzerando i guadagni, e oscillando attorno a quota 13.119 mentre lo S&P 500 sale dello 0,27% a 4.271 circa.
Stretti nella morsa della volatilità da quanto la Russia ha invaso l’Ucraina, lo scorso 24 febbraio, i mercati sono in balia degli eventi e delle indiscrezioni sul conflitto in corso.
Conflitto che, secondo qualcuno, come il macro strategist David Woo, non è stato ancora scontato nella sua durata – che secondo l’investitore contrarian potrebbe essere lunga – dagli asset finanziari, al punto che il pericolo sarebbe quello di un VAR shock.
Non tutti la vedono però allo stesso modo.
“Il fatto che lo S&P 500 sia sceso del 12% dal suo picco suggerisce che gran parte della schiuma sia andata ormai via – ha commentato Savita Subramanian, equity e quant strategist di Bank of America Securities, che ritiene che il calo dello S&P 500 di questi giorni di guerra sia stato simile a quello tipico, “pari al 7-8%, che ha caratterizzato i precedenti eventi macro/geopolitici”.
Wall Street si appresta a concludere l’ennesima settimana in territorio negativo: il Dow Jones è prossimo a riportare la quinta settimana consecutiva di ribassi, in flessione dello 0,6% su base settimanale; lo S&P 500 ha perso l’1% mentre il Nasdaq ha ceduto lo 0,8%.
Ieri negli Stati Uniti è stato pubblicato l’indice dei prezzi al consumo, termometro cruciale del trend dell’inflazione, relativo al mese di febbraio: il dato, si è appreso, è balzato del 7,9% su base annua, al nuovo massimo degli ultimi 40 anni.
Alert dalla segretaria al Tesoro Usa ed ex numero uno della Fed Janet Yellen, che ha avvertito sul rischio di “una inflazione molto alta” a causa della guerra tra la Russia e l’Ucraina, e dunque a causa dei timori legati all’offerta di importanti commodities come petrolio, grano, gas naturale.
A tal proposito, i prezzi del petrolio oggi sono in rialzo, ma chiudono la settimana in territorio negativo:
il Brent si appresta a soffrire un calo settimanale pari a -5,4%, dopo aver testato il record dal 2008 a $139,13. Il WTI crude, che ha testato anch’esso il valore più alto dal 2008 lo scorso lunedì, a $130,50, ha perso nella settimana il 6,2%.
La scorsa settimana, le quotazioni del petrolio erano volate invece di oltre +20%, riportando il guadagno settimanale più forte in termini percentuali dal maggio del 2020, quando il Brent – erano i tempi più bui della pandemia Covid-19 – veniva scambiato al di sotto della soglia di 30 dollari. Mentre scriviamo, il WTI sale di oltre +1% a $107, mentre il Brent fa +0,99% a $110,41.