Wall Street: prove di resistenza contro crisi Ucraina e venti di guerra. Si guarda anche alla Fed
Wall Street in ribasso, preda dei venti di guerra che soffiano più forte dopo il discorso del presidente russo Vladimir Putin. La borsa Usa ha ridotto comunque le perdite, che nelle ore precedenti ha visto i futures sul Dow Jones crollare di oltre 500 punti. Alle 15.45 ora italiana, il Dow Jones cede 262 punti (-0,77%), a 33.816 punti; lo S&P 500 arretra dello 0,29% a 4.336 punti, mentre il Nasdaq arretra dello 0,21% a 13.520 punti circa.
Anche il petrolio, seppur in forte rally, riduce parte dei guadagni, che hanno visto il Brent superare la soglia dei $99 al barile, a un passo da quota $100, con una fiammata pari a +5% circa.
I venti di guerra tra l’Ucraina e la Russia hanno messo sotto forte pressione la borsa Usa nelle ultime sedute:
la scorsa settimana il Dow Jones ha perso l’1,9%, lo S&P e il Nasdaq Composite sono scesi invece rispettivamente dell’1,6% e dell’1,8%. Wall Street è rimasta chiusa nella sessione di ieri in occasione della festività nazionale del Presidents’ Day.
Il presidente russo Vladimir Putin ha spiazzato il mondo e i mercati con un lungo discorso alla nazione sulla crisi Ucraina proferito nella serata di ieri, con cui ha annunciato il riconoscimento dell’indipendenza delle due repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, nel Donbass dell’Ucraina.
Putin ha ordinato anche l’invio di forze russe nell’area con un decreto che ha formalizzato la mossa, resa necessaria, secondo il capo del Cremlino, per garantire la pace. Ma per l’Occidente si tratta solo del preludio di una vera invasione russa dell’Ucraina.
I toni bellici di entrambe le parti sembrano essersi però smorzati e sui mercati circolano indiscrezioni secondo cui le sanzioni che colpiranno Mosca saranno più lievi di quanto si tema. Dal canto suo il Regno Unito ha annunciato di aver imposto sanzioni contro cinque banche russe e tre individui ricchi russi.
I trader sono concentrati anche sulle prossime mosse della Federal Reserve guidata da Jerome Powell, con una stretta monetaria nella riunione di marzo del Fomc – i prossimi 15-16 marzo – che viene data per certa al 100%.
Dallo strumento FedWatch del CME Group si prevede un primo rialzo dei tassi pari a 25 punti base dal valore attuale, compreso tra lo zero e lo 0,25%.
Focus anche sui titoli di alcune società della corporate America che hanno diffuso i propri risultati di bilancio:
il colosso del fai da te Home Depot ha reso noto di aver concluso il quarto trimestre del 2021 con un utile netto in crescita a $3,35 miliardi, o $3,21 per azione, rispetto ai $2,86 miliardi, o $2,65 per azione, dello stesso periodo del 2020. Gli analisti intervistati da Refinitiv avevano previsto un eps a $3,18. Il fatturato netto di Home Depot è salito a $35,72 miliardi, superando i $34,87 miliardi previsti dal consensus.
Ha battuto le stime anche il colosso dei grandi magazzini Macy’s.
Nel trimestre terminato lo scorso 29 dicembre, Macy’s ha riportato un utile netto in crescita a $742 milioni, o $2,44 per azione, rispetto ai $160 milioni, o 50 centesimi per azione, dello stesso trimestre dell’anno precedente.
Escluse le voci di bilancio straordinarie, l’eps è stato pari a $2,45, meglio dei $2 attesi dagli analisti.
Il giro d’affari è salito a $8,67 miliardi dai $6,78 miliardi precedenti, meglio degli $8,47 miliardi previsti. Macy’s ha detto di rifiutare l’appello dell’investitore attivista Jana Partners di procedere allo spin off delle sue operazioni di e-commerce da quelle dei suoi punti vendita. Le azioni Macy’s sono salite in premercato fino a +8% circa.