Wall Street gelata da Bullard (Fed), Dow Jones -400 punti. Euro buca $1,19, rialzo tassi Usa ancora più vicino?
Effetto Bullard sui mercati finanziari globali. L’azionario peggiora ovunque, con Wall Street che inaugura la seduta in forte ribasso. Il Dow Jones apre in calo di oltre -400 punti, per poi ridurre le perdite, rimanendo comunque sotto forte pressione, in flessione di 362 punti (-1,07%), a 33.461 punti. Lo S&P 500 arretra dello 0,74% a 4.191 punti circa, mentre il Nasdaa scende dello 0,27%, limitando i danni, a 14.124 punti. Il Dow Jones si appresta a chiudere la settimana peggiore da gennaio.
Occhio alla nuova impennata del dollaro che, prima delle parole di James Bullard, era già avviato a chiudere la settimana con il rialzo più forte da settembre, a scapito dell’euro. La valuta Usa estende i guadagni oltre il +1,6% incassato dall’inizio della settimana, affondando ulteriormente l’euro che, in perdita dello 0,34%, buca anche la soglia di $1,19, scivolando a $1,1867.
La sterlina perde sul dollaro più di mezzo punto percentuale a $1,3841; il dollaro avanza anche sullo yen, in rialzo dello 0,16% a JPY 110,39.
Tutto per le parole di Bullard, che ha detto di intravedere un primo aumento dei tassi di interesse già nel 2022 poiché l’inflazione aumenta più rapidamente di quanto previsto in precedenza.
L’esponente della Fed, intervistato dalla CNBC, ha rimarcato come le attese siano ora di un anno migliore di quello che ci si aspettasse sul fronte della ripresa economica, e ha aggiunto, anche, che l’inflazione sta marciando a un passo più spedito di quanto stimato.
L’outlook di Bullard risulta più hawkish rispetto a quelle medie emerse dal Federal Open Market Committee (FOMC) di questa settimana, con i dot plots che indicavano fino a due aumenti nel 2023.
La Fed più hawkish non avrà convinto il mercato dei Treasuries Usa – i rendimenti decennali salgono comunque dopo le parole di Bullard all’1,5% – , ma ha dato sicuramente una bella scossa al forex, in particolare al dollaro. E, di riflesso, all’euro.
Tanto che gli analisti di Goldman Sachs e di Deutsche Bank hanno prontamente abbandonato le loro view bullish sulla moneta unica. Nella nota “European Daily: ECB—No Rush to Follow the Fed”, ovvero “BCE-Nessuna fretta di seguire la Fed”, gli analisti di Goldman si sono così espressi:
“Non riteniamo che il Consiglio direttivo (della Bce) seguirà la Fed nel comunicare un timing anticipato della sua politica di exit, incluse variazioni al piano APP o l’eventualità di un primo rialzo dei tassi”. Le “pressioni inflazionistiche rimangono molto più contenute nell’area euro, e sono anni che l’inflazione continua a rimanere al di sotto dell’obiettivo della Bce in modo persistente e significativo”.
Di conseguenza, hanno scritto gli esperti di Goldman Sachs, “crediamo che la Bce manterrà una politica altamente accomodante per molto più tempo rispetto a quello che farà la Fed, con il QE che andrà avanti fino alla metà del 2023 e nessun rialzo dei tassi fino al 2025. Prevediamo che la revisione della strategia della Bce rafforzerà la divergenza di politica (monetaria nei confronti di quella Usa), con l’adozione di un target di inflazione simmetrico del 2% e una forward guidance più forte, che indicherà che la politica rimarrà accomodante, nel periodo della ripresa, in modo significativo”.
Si avvia a conclusione la settimana in cui market mover indiscussa è stata la Fed, con la riunione del Fomc del 16-17 giugno, culminata con una carrellata di annunci e dichiarazioni del presidente Jerome Powell.
La Fed ha annunciato ieri di aver lasciato il target sui fed funds invariato al range compreso tra lo zero e lo 0,25%, indicando tuttavia che i tassi potrebbero essere alzati già nel 2023, dopo aver detto nel mese di marzo di non intravedere la necessità di alcuna stretta monetaria almeno fino al 2024.
Dal dot plot – documento che indica le aspettative di ciascun esponente del Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed – è emerso che le aspettative della banca centrale Usa sono, in media, di due rialzi dei tassi nel 2023.
“L’inflazione è aumentata in modo notevole e rimarrà elevata”, ha detto Jerome Powell, riconoscendo che “esiste la possibilità che le pressioni inflazionistiche siano persistenti”.
Per questo, “se cogliesssimo segnali di una inflazione che si stesse muovendo in modo persistente al di sopra dell’obiettivo, saremmo pronti ad aggiustare la posizione della politica monetaria”. Allo stesso tempo, Powell ha invitato i mercati a prendere quanto emerso dal dot plot cum grano salis: una precisazione che ha confuso ulteriormente i mercati. A fare chiarezza sembra essere stato, ora, proprio il collega James Bullard.