Wall Street futures contrastati tra negoziati Russia-Ucraina e Cina. Petrolio fino a -6% con timori lockdown Covid
Wall Street guarda alle notizie che arrivano dalla Russia e dall’Ucraina, ma anche alla Cina, dopo il tonfo della borsa di Hong Kong. L’indice azionario Hang Seng ha ceduto il 5% circa sulla scia della notizia relativa alla crescita dei nuovi casi di Covid nella Cina continentale, al ritmo più veloce dai tempi del lockdown di Wuhan.
La città di Shenzhen è finita in lockdown, così come in isolamento è finita Jilin, che si trova nell’area industriale di Changchun, nel del nord-est della Cina, e che nel 2020 ha inciso sulla produzione annuale di auto in Cina per l’11% circa.
Tra le attività interrotte a Shenzhen, centro nevralgico del commercio, della finanza, e dell’hi-tech made in China, c’è anche quella di una fabbrica di proprietà di Foxconn che produce iPhone di Apple. Il titolo Apple cede il 2% in premercato.
Trascorse le 13 ora italiane, i futures sul Dow Jones salgono dello 0,63% a 33.020 punti, quelli sullo S&P 500 avanzano dello 0,31%, mentre quelli sul Nasdaq arretrano dello 0,30%.
La borsa di Hong Kong, e ora di riflesso il Nasdaq, ha scontato anche il sentiment negativo che si sta abbattendo sui titoli tecnologici cinesi, dopo l’annuncio della Sec, che la scorsa settimana ha diffuso i nomi di cinque società appartenenti a una lista di 270 aziende cinesi che rischieranno il delisting da Wall Street, a meno che non mostreranno i loro documenti contabili alle autorità americane.
Le cinque società menzionate sono BeiGene, Zai Lab, ACM Research, Yum China, HutchMed.
Male tra i titoli scambiati sulla borsa Usa Alibaba e JD.cm.
Occhio anche al trend di Didi, crollato già venerdì scorso fin oltre il 20% dopo che Bloomberg ha riportato che l’Ipo pianificata alla borsa di Hong Kong potrebbe essere posticipata. Motivo: l’Uber cinese non sarebbe riuscita a centrare i requisiti imposti dall’autorità cinese responsabile della sicurezza cibernetica.
Focus inoltre oggi sul trend in forte ribasso dei prezzi del petrolio, che hanno sofferto un tonfo fino a -6%; il calo si spiega con la speranza di un accordo tra Kiev e Mosca con l’inizio, nella giornata di oggi, di un nuovo round di negoziati tra le controparti.
Sia il Brent che il WTI sono volati dall’invasione russa dell’Ucraina dello scorso 24 febbraio, e sono in rialzo del 40% circa dall’inizio dell’anno.
Citato dal sito della Cnbc, l’analista di UBS Giovanni Staunovo ha motivato il tonfo dei prezzi anche con “i nuovi lockdown in Cina” che sono, “insieme ai negoziati tra l’Ucraina e la Russia, i motivi dell’avvio negativo della settimana dei prezzi del petrolio crude”.
Allo stesso tempo, circolano indiscrezioni secondo cui il premier britannico Boris Johnson starebbe cercando di convincere l’Arabia Saudita ad aumentare la propria produzione di petrolio.
“E’ possibile che questa settimana i prezzi del petrolio continuino a scendere, con gli investitori che stanno digerendo ancora l’impatto delle sanzioni contro la Russia, e con le controparti che stanno mostrando segnali di trattative a favore di un cessate il fuoco”, ha commentato Tina Teng, analista di CMC Markets.