Wall Street: futures contrastati, bene Nasdaq. Tassi Treasuries confermano nessun timore Fed
Futures Usa contrastati: i futures sul Dow Jones perdono lo 0,23% a 33.616 punti; quelli sul Nasdaq sono in rialzo dello 0,13% a 14.174 punti, mentre quelli sullo S&P cedono lo 0,20% a 4.240.
Ieri il Dow Jones Industrial Average ha perso 210 punti (-0,62%), a 33.823,45 punti, lo S&P 500 ha chiuso quasi invariato, – 0,04% a 4.221,86 punti, mentre il Nasdaq Composite è salito dello 0,87% a 14.161,35 punti.
Wall Street si appresta a riportare un trend contrastato anche su base settimanale: il Dow Jones ha perso l’1,9% dall’inizio della settimana, la perdita peggiore dal mese di gennaio. Lo S&P 500 ha ceduto lo 0,6%, mentre il Nasdaq ha guadagnato lo 0,65%.
Si avvia a conclusione la settimana in cui market mover indiscussa è stata la Fed, con la riunione del Fomc del 16-17 giugno, culminata con una carrellata di annunci e dichiarazioni del presidente Jerome Powell.
La Fed ha annunciato ieri di aver lasciato il target sui fed funds invariato al range compreso tra lo zero e lo 0,25%, indicando tuttavia che i tassi potrebbero essere alzati già nel 2023, dopo aver detto nel mese di marzo di non intravedere la necessità di alcuna stretta monetaria almeno fino al 2024.
Dal dot plot – documento che indica le aspettative di ciascun esponente del Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed – è emerso che le aspettative della banca centrale Usa sono, in media, di due rialzi dei tassi nel 2023.
“L’inflazione è aumentata in modo notevole e rimarrà elevata”, ha detto Jerome Powell, riconoscendo che “esiste la possibilità che le pressioni inflazionistiche siano persistenti”.
Per questo, “se cogliesssimo segnali di una inflazione che si stesse muovendo in modo persistente al di sopra dell’obiettivo, saremmo pronti ad aggiustare la posizione della politica monetaria”. Allo stesso tempo, Powell ha invitato i mercati a prendere quanto emerso dal dot plot cum grano salis: una precisazione che ha confuso ulteriormente i mercati.
La settimana si appresta a concludersi in modo positivo per il settore tecnologico.
In premercato si mettono in evidenza i rialzi di Nvidia e Adobe. In rimonta anche i colossi dell’estrazione, che beneficiano del recupero delle materie prime.
Il rafforzamento del dollaro e la mossa della Cina, che ha annunciato un piano per liberare le riserve di alcune materie prime come rame e allumiminio, hanno provocato ieri un bagno di sangue nel settore delle commodities. I futures sui prezzi del palladio e del platino sono crollati di oltre -11% e -7%, rispettivamente, quelli del mais sono scesi di quasi il 6% e i contratti legati al rame hanno perso quasi il 5%. Oggi i prezzi sono in recupero, ma la ripresa non è sufficiente a evitare il trend negativo del settore su base settimanale.
Ieri giornata da dimenticare anche per i prezzi del petrolio, che tra l’altro continuano a puntare verso il basso anche nella giornata di oggi, resistendo comunque sopra la soglia psicologica dei 70 dollari.
I tassi sui Treasuries Usa non sembrano scontare il timore di un tapering della Fed anticipato o di un rialzo dei tassi prima del previsto, rimanendo sotto la soglia dell’1,5%: è più il dollaro che nelle ultime ore ha segnato una forte ripresa, salendo dell’1,6% dall’inizio della settimana (riferimento al Dollar Index) e balzando al record degli ultimi due mesi. L’euro oggi è poco mosso, poco al di sopra della soglia di $1,19, e si appresta a chiudere la peggiore settimana dal mese di ottobre.