Wall Street: e dopo shock inflazione-panico Fed massima cautela. S&P 500, Bank of America: ecco cosa dice il forward P/E
E dopo lo shock massima cautela. Wall Street a tentoni all’indomani delle forte vendite che l’hanno affossata a seguito della pubblicazione del dato sull’inflazione Usa, cresciuto a gennaio al nuovo record degli ultimi 40 anni. Il Dow Jones sale dello 0,11% a 35.279 punti, lo S&P avanza dello 0,08% a 4.509, mentre il Nasdaq fa +0,02% a quota 14.187.
L’azionario Usa riporta comunque un miglioramento, se si considera che, poco prima dell’inizio della sessione delle borse europee, i futures sul Nasdaq erano capitolati di oltre l’1%.
Così ha commentato in una nota ai clienti riportata dalla Cnbc Savita Subramanian, responsabile dell’azionario Usa e della divisione di Quantitative Strategy di Bank of America, guardando in particolare al trend dello S&P 500:
“Lo S&P 500 è ancora scambiato a un valore pari a 20 volte il rapporto forward P/E, al minimo dal Covid, ma ben superiore al range compreso tra le 14 e le 18 volte del periodo precedente al ciclo del rialzo dei tassi della Fed del periodo 2015-2019 ed è anche più alto della media storica, pari a 15,6 volte, del 28%. Non siamo del tutto bearish, visti i fondamentali ancora solidi, ma ci aspettiamo che il mercato rimanga volatile per tutto l’anno, visto che finora non ci sono segnali di rallentamento dell’inflazione”.
Nel mese di gennaio, l’inflazione misurata dall’indice dei prezzi al consumo è volata negli Stati Uniti del 7,5%, più delle attese, che erano per un aumento del 7,3%. Su base mensile, l’indice dei prezzi al consumo degli States è salito al ritmo dello 0,6%, così come a dicembre, ma più del +0,5% stimato.
L’inflazione core ha accelerato anch’essa il passo, con un rialzo del 6%, dopo il +5,5% precedente e oltre il +5,9% atteso dal consensus. Su base mensile, il trend della componente core è stato di un aumento dello 0,6%, come a dicembre, ma oltre il +0,5% atteso.
Immediata la reazione della borsa Usa, che ha scontato le prospettive di una Fed ancora più hawkish e, di conseguenza, il balzo dei tassi sui Treasuries, con quelli decennali che hanno superato ieri la soglia del 2% per la prima volta dal 2019, salendo fino al 2,05%. Oggi i tassi retrocedono, oscillando per ora ancora al di sopra del 2%.
Attenzione tra l’altro ai tassi dei Treasuries a due anni, più sensibili alle decisioni della Fed, che sono schizzati ieri di 26 punti base superando la soglia dell’1,6% e riportando l’aumento giornaliero più forte dal 2009.
Forse la reazione non sarebbe stata così forte se al dato non si fossero aggiunte le dichiarazioni di James Bullard, presidente della Federal Reserve di St. Louis, che ha detto di essere diventato più hawkish “in modo drastico”, aggiungendo di desiderare a questo punto un rialzo dei tassi di 100 punti base entro il prossimo 1° luglio.
“Vorrei vedere in cantiere entro il 1° luglio un rialzo di 100 punti base”, ha detto Bullard, intervistato da Bloomberg News dopo la pubblicazione del dato sull’inflazione Usa.
Ieri il Dow Jones Industrial Average è affondato di 526,47 punti,a 35.241,59 punti, mentre lo S&P 500 è capitolato dell’1,81% a 4.504,08. Il Nasdaq Composite è scivolato del 2,1% a 14.185,64.
Detto questo, almeno fino alla fine della chiusura delle contrattazioni della sessione di ieri, il trend settimanale di Wall Street è rimasto positivo, con il Dow Jones in rialzo su base settimanale dello 0,4%, il Nasdaq in crescita dello 0,6%, lo S&P 500 in aumento invece di appena lo 0,1%.
A questo punto un ciclo di rialzi dei tassi sui fed funds piuttosto sostenuto da parte della Fed di Jerome Powell sembra quasi obbligato.
Il mercato del lavoro Usa, d’altronde, è solido, come confermato ieri dal dato relativo alle richieste iniziali dei sussidi di disoccupazione, scese per la terza settimana consecutiva.
Gli economisti e i mercati prezzano ora una Fed più aggressiva, con gli economisti di Goldman Sachs, così come quelli di Bank of America, che prevedono per quest’anno ben sette rialzi dei tassi.
I dati del CME mostrano tuttavia che ora i futures sui fed funds scommettono su una stretta monetaria di 50 punti base nella prossima riunione del Fomc di marzo con una probabilità del 66%, inferiore rispetto all’89% di appena qualche ora fa.