Wall Street cauta: più che dare certezze la Fed ha alimentato nuove incognite su inflazione, tapering QE, rialzo tassi
Wall Street sconta le incertezze che la Fed di Jerome Powell non è riuscita a dissipare, sia sulla natura dell’inflazione che sul reale rischio di un tapering del QE e di un aumento dei tassi.
Nel complesso la banca centrale europea si è mostrata più hawkish; allo stesso tempo, il suo presidente ha cercato in qualche modo di indorare la pillola.
Così facendo, Powell ha alimentato nuove incognite su quale sarà davvero il percorso di politica monetaria che l’istituzione intenderà prendere.
Il Dow Jones sale di appena +0,08% a 34.059 punti circa; il Nasdaq avanza dello 0,17% a 14.063 circa. Lo S&P 500 guadagna lo 0,17% a a 4.231 punti.
La Fed ha annunciato ieri di aver lasciato il target sui fed funds invariato al range compreso tra lo zero e lo 0,25%, indicando tuttavia che i tassi potrebbero essere alzati già nel 2023, dopo aver detto nel mese di marzo di non intravedere la necessità di alcuna stretta monetaria almeno fino al 2024.
Dal dot plot – documento che indica le aspettative di ciascun esponente del Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed – è emerso che le aspettative della banca centrale Usa sono, in media, di due rialzi dei tassi nel 2023.
“L’inflazione è aumentata in modo notevole e rimarrà elevata”, ha detto Jerome Powell, numero uno della Fed, nella conferenza stampa successiva alla pubblicazione del comunicato da parte del Fomc, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve Usa.
Powell ha continuato riconoscendo che “esiste la possibilità che le pressioni inflazionistiche siano persistenti”. Per questo, “se cogliesssimo segnali di una inflazione che si stesse muovendo in modo persistente al di sopra dell’obiettivo, saremmo pronti ad aggiustare la posizione della politica monetaria”.
La Fed ha d’altronde rivisto al rialzo le stime sulla crescita dell’inflazione a +3,4% quest’anno, ben oltre il +2,4% atteso nel precedente outlook. Inoltre, la componente core dell’inflazione misurata dal PCE (indice delle spese personali) è attesa ora in crescita del 3% nel 2021, molto più del +2,2% previsto a marzo; per il 2022, si prevede poi un rialzo del PCE core pari a +2,1%.
La Fed ha migliorato anche l’outlook sulla crescita del Pil Usa dal +6,5% atteso a marzo a +7% per il 2021. Riviste al rialzo anche le attese per la crescita del Pil reale del 2023 a +2,4%, rispetto al precedente outlook di una espansione pari a +2,2%, mentre le stime sul 2022 – pari a un’espansione del Pil del 3% – sono state lasciate invariate.
Riguardo al tasso di disoccupazione Usa, per il 2021 le previsioni sono rimaste di un calo al 4,5%. Per il 2022 e il 2023 le stime sono rispettivamente del 3,8% e al 3,5%. E’ stato così migliorato l’outlook per il 2022, anno per il quale nel mese di marzo la Fed aveva previsto un calo limitato al 3,9%.
Allo stesso tempo, Powell ha messo le mani in avanti, consigliando a trader e investitori di non prendere alla lettera quanto inciso nel dot plot: il banchiere ha tenuto a precisare, infatti, che il tapering del QE non è imminente e che le previsioni contenute nel dot plot sui due rialzi dei tassi nel 2023 devono essere prese “cum grano salis”.
In particolare, sul tapering, è ricorso a un gioco di parole:
“Potete pensare a questo meeting come a quello in cui abbiamo parlato della possibilità di parlarne”, ha detto Powell, con una frase che è sembrata essere la prosecuzione di quella proferita lo scorso anno, quando aveva detto che la Fed “non stava neanche pensando alla possibilità di pensare ad alzare i tassi”.
Le frasi poco chiare di Jerome Powell creano scompiglio sui mercati.
Interpellato dalla Cnbc, Michael Arone di State Street Global Advisors ha sottolineato che “esiste una decorrelazione tra il sommario delle proiezioni economiche e quello che è scritto nel comunicato. Il grande interrogativo è ‘questo (ovvero l’inflazione) è transitoro o più permanente?’. La Fed non ha aiutato a fare chiarezza su questo punto”.
Oggi dal fronte macroeconomico è stato diffuso il rapporto Usa sulle richieste iniziali dei sussidi di disoccupazione che ha mostrato, a sorpresa come, nella settimana terminata lo scorso 12 giugno, il numero dei lavoratori che hanno presentato richiesta per la prima volta per ricevere i sussidi sia salito a 412.000 unità, ben oltre la crescita di 360.000 unità attesa dagli economisti intervistati da Dow Jones, attestandosi al record in un mese.
La nota positiva è rappresentata però dalla media mobile delle ultime quattro settimane del dato, più attendibile in quanto meno volatile, che è stata pari a 395.000 unità, in calo rispetto alle 403.000 unità, e al minimo dal 14 marzo del 2020, dal periodo in cui è esploso l’allarme Covid negli Stati Uniti.
L’attenzione è rivolta, nel post Fed, anche ai tassi sui Treasuries Usa: ieri le parole di Powell hanno portato i rendimenti decennali a balzare fino all’1,575%. Oggi i rendimenti decennali ritracciano all’1,553%.
E’ il dollaro che sembra scontare più di tutti la prospettiva di un rialzo dei tassi Usa da parte della Fed prima del previsto: il Dollar Index è salito fino al massimo in otto settimane di 91,445 nelle contrattazioni dei mercati dell’Asia-Pacifico.
Focus sull’euro, che accelera al ribasso, perdendo mezzo punto percentuale circa, -0,47%, a $1,1939; il dollaro si è rafforzato anche sullo yen a JPY 110,825, al record dallo scorso 1° aprile, per poi ridurre i guadagni. Al momento fa dietrofront, cedendo -0,24% a JPY 110,44.
La valuta americana si rafforza anche nei confronti della sterlina, con il cambio GBP-USD che scende sotto la soglia di $1,40 per la prima volta in più di cinque settimane, in perdita dello 0,39% a $1,3933.
La sterlina sale invece nei confronti dell’euro (EUR-GBP -0,08% a 0,8569), che cede a sua volta nei confronti dello yen lo 0,70% a JPY 131,86. Sul franco svizzero, la moneta unica sale invece dello 0,20% a CHF 1,0920.
Ieri il Dow Jones, che ha perso fino a 300 punti durante gli annunci della Fed, ha chiuso in calo di 265,66 punti a 34.033,67 punti, lo S&P 500 ha ceduto lo 0,54% a 4.223,70 punti, mentre il Nasdaq Composite è arretrato dello 0,24% a 14.039.68.