Wall Street asseditata da inflazione e paura Fed: Nasdaq orientato a chiudere mese peggiore dai tempi del crac Lehman Brothers
Si conclude una settimana frenetica per Wall Street, caratterizzata da forti esplosioni di volatilità, che hanno portato l’indice relativo, il Cboe Volatility Index (VIX), noto anche come indice della paura, a scattare al di sopra della soglia di 30 punti, per la prima volta dall’ottobre del 2020. Alle 16 circa ora italiana, il Dow Jones perde 330 punti circa (-0,96%), a 33.831 punti; il Nasdaq scivola dello 0,80% a 13.246 punti, mentre lo S&P 500 scende dello 0,75% a 4.293 punti.
Lo S&P 500 si avvia a terminare il mese peggiore dal marzo del 2020, ovvero dal mese in cui risuonò in tutto il mondo l’allarme della pandemia Covid-19, e il gennaio peggiore di tutta la sua storia.
Il Nasdaq sta per chiudere il mese peggiore dall’ottobre del 2008, praticamente dal periodo immediatamente successivo al crac di Lehman Brothers, terminando anch’esso il gennaio peggiore di tutta la sua storia.
Il Dow Jones è orientato a chiudere il mese peggiore, anche in questo caso, dal marzo del 2020 e il gennaio peggiore dal 2009.
In particolare, il Nasdaq viaggia a un valore inferiore di oltre il 17,6% rispetto al massimo testato a novembre, in profondo territorio di correzione e vicino a sprofondare anche in mercato orso, mentre lo S&P 500 è al di sotto del suo precedente record del 10% circa.
L’indice delle small cap Russell 2000 è scivolato ieri in mercato orso, chiudendo a un valore inferiore del 20,9% dal suo precedente livello record di chiusura.
Nella sessione di ieri, il Dow Jones ha chiuso piatto, con una variazione negativa pari a -0,02% a 34.160,78 punti; il Nasdaq è sceso dell’1,40% a 13.352,78 punti, mentre lo S&P 500 ha segnato un ribasso dello 0,54% a 4.326,51 punti.
Market mover principale dei mercati, nel corso della settimana che si appresta alla conclusione, è stata la riunione del Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed, che ha confermato i timori di una banca centrale più hawkish.
Per ora i tassi sui fed funds rimangono fermi nel range compreso tra lo zero e lo 0,25%; ma “con l’inflazione ben superiore al 2% e un mercato del lavoro solido”, ha annunciato il Fomc, “la Commissione prevede che sarà presto appropriato alzare il range del target per i tassi sui fed funds”.
Il numero uno della Fed, Jerome Powell, ha sottolineato in particolare che “siamo d’accordo sul fatto di alzare i tassi a marzo” e che, riguardo alla riduzione del bilancio o anche Quantitative Tightening, “potremmo muoverci prima e più velocemente” rispetto a quanto previsto in precedenza.
D’altronde, ha rimarcato Powell, “i miglioramenti del mercato del lavoro sono diffusi e significativi” e i “rischi sull’inflazione rimangono rivolti verso l’alto”.
Oggi nuove indicazioni sul trend dell’inflazione Usa sono arrivate con la pubblicazione del dato sulle spese per consumi e i redditi personali, con cui è stato annunciato anche l’indice dei prezzi PCE core, il parametro preferito della Fed.
L’indice PCE core è balzato a dicembre, su base annua, del 4,9%, oltre la crescita del 4,8% attesa dal consensus degli analisti intervistati da Dow Jones. Si tratta del balzo record dal 1983, successivo all’aumento precedente del 4,7%.
Ieri la solidità dei fondamentali Usa è stata confermata dalla pubblicazione del Pil Usa del quarto trimestre del 2021, salito del 6,9% su base annua, ben oltre le attese di una espansione pari a +5,5%, a dispetto dei timori legati a Omicron. Il 2021 si è chiuso così per gli Stati Uniti con un corposo +5,7%, ossia il miglior ritmo di crescita dal lontano 1984.
I trader scommettono ora su cinque rialzi dei tassi nel corso del 2022, ognuno di 25 punti base.
“Il meeting del Fomc non ha portato nessuna sorpresa in termini di politica monetaria. Tuttavia, è possibile che sia stato percepito come più hawkish delle aspettative, visto che il presidente Powell ha parlato del bisogno di entrare in una fase ‘costante’ di normalizzazione di politica monetaria”, ha commentato Chris Hussey, a managing director di Goldman Sachs, in una nota riportata dalla Cnbc.
Finora la stagione degli utili trimestrali si è confermata solida. Delle 145 società quotate sullo S&P 500 che hanno riportato finora i bilanci, il 79,3% ha battuto le attese, secondo i calcoli di Refinitiv.
Apple osservata speciale a Wall Street, con il titolo che sale di oltre il 3% dopo che il colosso guidato da Tim Cook ha annunciato di aver riportato il migliore trimestre di sempre in termini di fatturato. Nel quarto trimestre del 2021, le vendite sono balzate di oltre l’11%, battendo anche la sfida delle interruzioni che, nel periodo del reopening dell’economia, hanno colpito varie catene di approviggionamento di tutto il mondo.
Apple ha battuto le attese degli analisti sul fatturato per ogni categoria di prodotto, a eccezione degli iPad. L’eps si è attestato a $2,10, meglio degli $1,89 per azione stimati, in rialzo del 25% su base annua. Occhio ai tassi sui Treasuries a 10 anni, che si attestano all’1,80% ma che, dopo la pubblicazione del dato relativo all’inflazione, si sono rafforzati fino all’1,827%. Quelli trentennali sono saliti fino al 2,132%.