Wall Street annaspa tra carrellata dati macro (occhio a Pil Usa) e paura Covid. Tesla -4% dopo nuova mossa Musk
Wall Street si prepara all’ultima sessione prefestiva e accoglie una carrellata di dati provenienti dal fronte macroeconomico.
Domani la borsa Usa rimarrà chiusa in occasione della festività del Thanksgiving, per poi riaprire dopodomani, giorno del Black Friday – il giorno di inizio della stagione di shopping festivo in Usa – in una sessione che si concluderà in anticipo alle 13 (le 19 ora italiana).
Prima dell’inizio della giornata di contrattazioni, sono stati diffusi diversi dati. Tra questi, il prodotto interno lordo degli Stati Uniti, che è cresciuto nel terzo trimestre dell’anno del 2,1%, su base annualizzata. E’ quanto emerge dalla prima revisione del dato, a cui ne seguirà una seconda.
Il dato preliminare aveva indicato una espansione pari a +2%, rispetto al +6,7% del secondo trimestre e al +6,4% del primo trimestre.
Pur rivisto al rialzo, il Pil ha disatteso le attese degli analisti, che avevano previsto una crescita pari a +2,2%. I consumi personaali sono stati rivisti al rialzo dal +1,6% inizialmente reso noto al +1,7%. L’indice PCE core, importante termometro dell’inflazione, è stato confermato in crescita del 4,5%.
Indicazioni confortanti dal mercato del lavoro: nella settimana terminata il 20 novembre scorso, il numero dei lavoratori americani che hanno fatto richiesta per la prima volta dei sussidi di disoccupazione è sceso di 71.000 unità, da 270.000 unità a quota 199.000 unità, ben al di sotto delle 260.000 unità attese e al valore più basso dal 1969.
Il numero degli americani che beneficiano in totale dei sussidi di disoccupazione è stato pari a 2,049 milioni, lievemente al di sopra dei 2,033 milioni attesi.
Resi noti anche gli ordini dei beni durevoli degli Stati Uniti, scesi a ottobre dello 0,5%, dopo la flessione di settembre pari a -0,3%. Il dato ha fatto peggio delle attese degli analisti, che avevano previsto un aumento dello 0,2%.
Escludendo la componente dei trasporti, il trend è stato in linea con le previsioni, in crescita dello 0,5%, e come nel mese precedente. Escludendo inoltre le componenti della difesa e aerei, e considerando dunque i beni capitali, la crescita è stata pari a +0,6%, più del +0,5% stimato, anche se in rallentamento rispetto al +0,8% di settembre.
Contestualmente, sono state rese note anche le scorte all’ingrosso che, sempre nel mese di ottobre, sono salite del 2,2%, rafforzandosi rispetto al precedente incremento dell’1,4%. Escluso il settore auto, le scorte al dettaglio sono avanzate dello 0,4%, in questo caso indebolendosi rispetto al precedente aumento dello 0,7%. In generale, le scorte al dettaglio Usa sono salite dello 0,1%.
Diffusa tra i dati la bilancia commerciale degli Stati Uniti, da cui è emerso che il deficit commerciale è sceso di ben il 14,6% a ottobre, a $82,9 miliardi.
Nelle ultime sessioni l’attenzione degli investitori è tornata a focalizzarsi sul trend dei tassi dei Treasuries, che sono saliti fino all’1,68% dall’1,55% della settimana scorsa, scontando la prospettiva di una Fed ormai orientata a una politica monetaria sempre meno accomodante.
Oggi, sull’azionario, pesano anche le notizie in arrivo dall’Europa, con la Germania che starebbe valutando l’imposizione di un lockdown nazionale e l’obbligo vaccinale, a causa del boom dei casi di Covid-19.
Alle 16 circa ora italiana, il Dow Jones scende di oltre 155 punti (-0,42%), a 35.661 punti; lo S&P 500 arretra dello 0,52% a 4.665 punti. Il Nasdaq fa -0,85% a 15.639 punti.
Tornando in Usa, il trend al rialzo dei tassi dei Treasuries è iniziato qualche giorno fa, con il presidente americano Joe Biden che ha confermato alla guida della Federal Reserve l’attuale numero uno Jerome Powell. I candidati allo scranno più alto della Fed erano lo stesso Powell e la governatrice Lael Brainard. Molti avevano fatto notare che, se Biden avesse scelto Brainard, la Fed avrebbe assunto una natura ancora più dovish. Lael Brainard è stata scelta invece per la posizione di vice presidente del board dei governatori, al posto di Richard Clarida, il cui termine scade il 31 gennaio, 2022.
Con la conferma di Powell alla guida della Fed, le aspettative di una Federal Reserve che continuerà ad andare per la sua strada, tornando prima o poi a normalizzare i tassi, dunque ad alzarli, sono state rinfocolate.
Nelle ultime sessioni, lo scatto al rialzo dei tassi Usa ha avvantaggiato soprattutto i titoli delle banche, a discapito dei titoli growth, titoli tecnologici.
“Sicuramente, c’è una maggiore rotazione”, ha commentato
Rob Haworth, senior investment strategist presso U.S. Bank Wealth Management.
Tra i titoli, tonfo di Gap, che crolla del 20% circa, dopo che la società retail attiva nel settore abbigliamento ha riportato risultati trimestrali inferiori alle attese, a causa dei ritardi che hanno colpito la produzione. L’utile per azione si è attestato ad appena 27 centesimi, quasi la metà di quanto gli analisti avevano previsto. La ceo del gruppo Sonia Syngal ha confermato che Gap è stata vittima degli ostacoli che hanno colpito la catena dell’offerta. Ostacoli che “hanno colpito la nostra abilità di centrare a pieno la forte domanda dei consumatori”. E ostacoli che, in generale, hanno colpito le catene di approviggionamento del mondo intero, con l’offerta che non è riuscita ad adeguarsi al recupero della domanda innescato dal reopening delle economie post Covid-19.
Gap ha chiuso di conseguenza il terzo trimestre con una perdita netta di $152 milioni, o 40 centesimi per azione, contro l’utile netto di $95 milioni, o 25 centesimi per azione, dello stesso periodo del 2020. Escludendo le voci di bilancio straordinarie, l’utile per azione si è attestato a 27 centesimi, ben al di sotto dei 50 centesimi previsti dal consensus.
Gap ha tagliato anche le stime per l’intero anno: ora prevede una crescita del fatturato del 20%, rispetto al +30% previsto in precedenza, e il +28,4% su base annua atteso dagli analisti. L’eps dell’intero 2021 su base adjusted è previsto in un range compresi tra $1,25 e $1,40, dal precedente range compreso tra $2,10 e $2,25 e rispetto ai $2,20 per azione stimati dagli analisti.
Sotto pressione anche Tesla, dopo la notizia relativa alla decisione del ceo e fondatore Elon Musk di vendere altre 934.091 azioni del produttore di auto elettriche, per un valore di $1,05 miliardi, attraverso l’esercizio di opzioni. Il titolo cede quasi il 4%.