Recovery Fund, Istat: ‘solo 4 imprese ogni 100 digitalmente mature con utilizzo integrato tecnologie’
“Complessivamente solo 4 imprese ogni 100 possono essere definite digitalmente mature, ovvero caratterizzate da un utilizzo integrato delle tecnologie disponibili”. Lo ha detto Roberto Monducci, direttore del Dipartimento per la produzione statistica dell’Istat, nel corso dell’audizione in Commissione Bilancio della Camera sul Recovery Fund.
“Dall’altra parte dello spettro di complessità – ha continuato Monducci – quasi 30 imprese su 100 si possono definire asistematiche, ovvero che si caratterizzano per aver adottato (tutte) almeno un software gestionale nel periodo 2016-2018, assieme a investimenti limitati in tecnologie infrastrutturali come il cloud o la connessione a Internet via fibra ottica. Queste imprese hanno, ovviamente, la percezione delle potenzialità del digitale ma, per la loro dimensione o collocazione settoriale, hanno difficoltà a prefigurare una transizione sistematica verso un assetto organizzativo intensamente digitalizzato”.
“Per quanto riguarda le aspettative di investimento – necessariamente rilevate nella fase pre-Covid19 – una quota significativa di imprese ha dichiarato di voler mantenere elevati gli investimentiinfrastrutturali (connessione a
Internet, cyber-security) mentre per le tecnologie applicative – pur tenendo conto del loro diverso grado di diffusione a livello settoriale – quelle che le hanno inserite nei propri progetti di sviluppo sono sistematicamente sotto il 10%, con l’esclusione di Internet delle Cose che invece si attesta al 12%. A livello settoriale, a parte il settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, non emergono comparti con aspettative di investimento significative. Vi sono però alcuni casi di investimenti mirati, ad esempio
l’automazione/robotica e la simulazione nel settore manifatturiero che arriva ad interessare il 16-17% delle imprese dell’intero comparto. In generale, però, anche prima della crisi COVID-19, le imprese italiane non mostravano di essere pronte a un cambio di passo nei processi di trasformazione digitale. Esse sembrano piuttosto orientate verso aggiustamenti limitati dei propri progetti di sviluppo. Ciò emerge, in particolare, dall’analisi per dimensione d’impresa. Ad esempio, la classe 10-19 addetti è divisa in due cluster: uno caratterizzato da incrementi attesi rilevanti, ma a partire da livelli di diffusione inferiori al
10% (si tratta prevalentemente di tecnologie applicative); l’altro, riferito a tecnologie infrastrutturali, mostra livelli di diffusione in media con le altre classi dimensionali ma incrementi attesi estremamente bassi. Con leggere differenze, questo schema è valido per quasi tutte le classi di addetti determinando, come già osservato, una limitata dinamica a livello di sistema”.
“Un’eccezione merita però di essere segnalata – ha continuato il funzionario dell’Istat – Con riferimento a tre tecnologie
applicative chiave – Internet delle Cose, automazione e robotica e analisi dei Big Data – il 50% delle imprese appartenenti alle classi dimensionali 250-499 addetti e 500 e oltre dichiara l’intenzione di mantenere un elevato tasso di
incremento degli investimenti anche in presenza di tassi di diffusione già significativi per il contesto italiano”.