Recovery Fund, Istat: ‘quota investimenti pubblici su Pil scesa a livello inferiore area euro’
“È importante notare che la progressiva contrazione del peso degli investimenti pubblici sul totale (passato in Italia dal 15,5% del 2010 al 12,5% del 2019) è una caratteristica comune agli altri paesi europei. Anche nel complesso dell’area Uem l’incidenza della componente pubblica degli investimenti è
progressivamente diminuita nell’ultimo decennio (da 16,6% a 12,5%), ma ciò è avvenuto a fronte di una sostanziale tenuta degli investimenti pubblici (cresciuti in media dello 0,1% annuo) e di una forte espansione di quelli privati
(+3,8% in media annua)”. Lo ha detto Roberto Monducci, direttore del Dipartimento per la produzione statistica dell’Istat, nel corso dell’audizione in Commissione Bilancio della Camera sul Recovery Fund.
“Se rapportata al Pil – ha continuato Monducci – dal 2008 al 2019 la quota di investimenti pubblici italiani è scesa di circa un punto percentuale (da 3,2% a 2,3%) attestandosi su un livello inferiore di quello dell’area euro (pari al 2,8% nel 2019). Il maggior contributo al calo degli investimenti pubblici è venuto dalle amministrazioni locali, con una riduzione tra il 2010 e il 2019 del 26,5%, mentre per le Amministrazioni centrali e gli Enti di previdenza la contrazione è stata più contenuta (-6,6%). Elementi importanti riguardo agli investimenti pubblici emergono anche
dall’analisi per tipologia di spesa: nel 2010 su un totale di 49,9 miliardi di euro, il 58,3% (29,1 miliardi) erano rappresentati dalle costruzioni, il 19,3% da impianti, macchinari e armamenti e il 22,3% da prodotti della proprietà
intellettuale. Nel corso dell’ultimo decennio gli investimenti in impianti, macchinari e armamenti hanno mostrato un profilo ciclico con una forte riduzione tra il 2010 e il 2014 (anno in cui la spesa è stata circa la metà di quella registrata nel 2009) e un graduale recupero a partire dal 2015, con una riduzione complessiva, a prezzi correnti, del 10,1% tra il 2010 e il 2019. Gli investimenti in prodotti della proprietà intellettuale hanno segnato una sostanzialmente stazionarietà, con un livello del 2019 appena superiore a quello di inizio decennio”.