Opa KKR, titolo TIM si sfiamma. Ma per qualcuno private equity unica soluzione per imprimere svolta al business
Si spegne per ora l’appeal speculativo sul titolo TIM, dopo che il gruppo ha annunciato, domenica scorsa, di aver ricevuto una manifestazione di interesse dal fondo americano KKR per il 100% delle sue azioni ordinarie e di risparmio, a premio del 46% rispetto al valore a cui il titolo aveva chiuso la sessione di venerdì scorso.
Ieri TIM ha chiuso la seduta di Piazza Affari in rally del 30,25% a 0,451 euro, valore comunque inferiore agli 0,505 euro offerti da Kkr. Oggi il titolo, quotato sull’indice benchmark Ftse Mib, si sfiamma in modo evidente e, dopo un avvio di seduta promettente, in rally di oltre il 3%, vira anche in territorio negativo.
Focus sulle dichiarazioni che arrivano dal mondo degli analisti.
In una nota diffusa oggi l’agenzia di rating tedesca Scope Ratings mette in evidenza l’interesse dei fondi di private equity per il settore telecom dell’Europa intera.
Jacques de Greling, analista di Scope, avverte che “il mercato italiano delle tlc è particolarmente sfidante, in quanto tra i più maturi in Europa, con pochi segnali che indicano che il lungo periodo di indebolimento della crescita stia arrivando alla fine”.
Vengono snocciolati alcuni dati, come quelli relativi al fatturato complessivo delle tlc legato alle attività retail, sceso nel 2020 del 6,9% – dell’8,2% per il mobile e del 5,7% nel caso della rete fissa – rispetto al 2019, fattore che ha portato la flessione su base annua degli ultimi dieci anni, in media, a -3,5%.
In questo contesto, “se Telecom Italia dovesse cambiare proprietà, allora un takeover da parte di un fondo di private equity sarebbe il modo più probabile di farlo”.
In Europa gli esempi non mancano, con i casi degli investitori “Xaviel Niel e Patrick Drahi che hanno reso private le holding degli operatori di tlc tra le più importanti in Francia, come Free e SFR, rispettivamente nell’ultimo anno, dopo un periodo in cui i titoli avevano sottoperformato. KKR aveva cercato in precedenza di acquistare KPN NV in Olanda”.
“KKR è potenzialmente ben posizionata in Italia – ha continuato Greling, facendo notare che la società è azionista di FiberCop (controllata da TIM) con una quota del 37,5%.
“In secondo luogo – ha sottolineato l’analista – il management di Telecom Italia fa fronte a una pressione intensa per dare una svolta al business, dopo i due recenti profit warning, e con il prezzo del titolo che è scambiato a un valore inferiore alla metà di quello a cui Vivendi, principale azionista con una quota del 24%, lo aveva acquistato. Terza cosa, la prospettiva di una Telecom Italia che trovi un cavaliere bianco nelle vesti di un altro operatore telefonico europeo è pari a zero. Le fusioni tlc cross-border tra aziende di grandi dimensioni offrono risparmi sui costi trascurabili e nessun guadagno in termini di fatturato in Europa”.
De Grieling ha continuato, ricordando che “Telecom Italia è riuscita a sventare i precedenti tentativi di diversi partner industriali di imprimere una svolta al business, come della spagnola Telefonica e di Olivetti, che hanno preceduto Vivendi in qualità di grandi azionisti”.
“Detto questo, affinché questa operazione si realizzi (quella dell’Opa di KKR), è necessario che KKR ottenga il consenso di Vincent Bolloré, azionista di controllo di Vivendi, e del governo italiano – che ha una golden share e che ha una partecipazione indiretta attraverso Cassa Depositi e Prestiti – per il quale l’infrastruttura della rete di Telecom Italia rimane un asset strategico”.
Alle 14.50 ora italiana, il titolo TIM arretra dell’1,5% circa, a 0,44 euro, livello ben inferiore agli 0,505 offerti dal fondo americano KKR. (considerati comunque insufficienti dai piccoli azionisti di Telecom Italia e dal primo azionista Vivendi).