News Notizie Indici e quotazioni Borsa Tokyo chiusa, male azionario Asia. Pesa delisting prodotti strutturati legati a China Telecom & Co da JP Morgan e altre banche Usa

Borsa Tokyo chiusa, male azionario Asia. Pesa delisting prodotti strutturati legati a China Telecom & Co da JP Morgan e altre banche Usa

11 Gennaio 2021 07:39

Azionario asiatico orfano della borsa di Tokyo nella sessione odierna, a causa della festa nazionale, in Giappone, dell’Age Day, o anche Seijin no Hi, conosciuta come festa dei maggiorenni giapponesi. La festività viene celebrata tradizionalmente il secondo lunedì del mese di gennaio.

Male la borsa di Shanghai, che cede quasi l’1,5%; giù Hong Kong con -0,30%, Sidney fa -0,90%, Seoul -0,11%.

Alla borsa di Seoul protagonista ancora il rally dei titoli Hyundai, sulla scia delle indiscrezioni secondo cui il colosso dell’auto sudcoreano avrebbe intavolato trattative con Apple per la produzione di un’auto elettrica.

Lo scorso venerdì il portavoce di Huyndai Chery Kang si è così espresso:

“Sappiamo che Apple ha avviato discussioni con diversi produttori globali di auto, inclusa Hyundai Motor. Visto che le trattative si trovano allo stadio iniziale, niente è stato ancora deciso”.

Successivamente, Hyundai aveva diramato un comunicato ufficiale, in cui non aveva fatto però menzione del colosso di Cupertino, parlando più in generale di richieste ricevute “in merito a una potenziale cooperazione, da parte di diverse società, per lo sviluppo di EV (auto elettriche) a guida autonoma”.

Hyundai Motor è balzata comunque del 6,71% nella sessione odierna, mentre la controllata Kia Motors è salita di oltre +1%. Hyundai Mobis e Hyundai Glovis sono però scese entrambe di oltre -2.

Da segnalare che Hyundai Motor è balzata di oltre +19% nella sessione di venerdì, a seguito dei rumor riportati sulle trattative iniziali con Apple.

Il sentiment generalmente negativo presente sull’azionario asiatico è dovuto all’imminente delisting, da parte di JPMorgan, Goldman Sachs e Morgan Stanley, di centinaia di prodotti strutturati quotati dalla borsa di Hong Kong, a seguito dell’ordine esecutivo firmato dal presidente Donald Trump lo scorso autunno, che impedisce alle società americane di investire in aziende cinesi accusate da Washington di avere legami con l’esercito cinese.

I prodotti, stando ai documenti depositati dalle tre banche di investimento Usa allo Stock Exchange di Hong Kong, sono relativi ai colossi tlc cinesi China Mobile, China Telecom e China Unicom, così come agli indici locali, che includono l’Hang Seng, indice azionario benchmark dell’Hang Seng.

La decisione segue quella del New York Stock Exchange, che ha reso noto che procederà al delisting dei tre colossi cinesi, a partire dalle 16 ora New York della sessione odierna.

Comunicati dal fronte macroeconomico asiatico alcuni dati, come l’inflazione cinese misurata dall’indice dei prezzi al consumo che, nel mese di dicembre, è salita su base annua dello 0,2%, rispetto al dato invariato atteso, e in miglioramento rispetto al calo precedente dello 0,5%.

L’inflazione misurata dall’indice dei prezzi alla produzione è scesa invece dello 0,4% su base annua, rispetto al -0,7% stimato e in ripresa rispetto al -1,5% precedente.

Il dato finale delle vendite al dettaglio in Australia di novembre ha indicato un balzo del 7,1% su base mensile, grazie all’uscita dello stato di Victoria dal lockdown da coronavirus e all’effetto delle vendite del Black Friday di fine mese. Il dato preliminare aveva indicato un rialzo del 7%. La ripresa, alimentata anche dalle misure di stimolo presenti in Australia, è avvenuta rispetto al +1,4% precedente.

Resa nota anche l’inflazione dell’Australia di dicembre misurata dall’indice dei prezzi al consumo è salita su base mensile dello 0,5%, in ripresa rispetto al +0,3% di novembre. Su base annua, il trend è stato di un aumento dell’1,5%, rispetto al precedente +1,3%.

La componente core ha indicato un rialzo dello 0,1% su base mensile e dello 0,4% su base annua, fattore che indica come anche la Reserve Bank of Australia (così come la vicina collega Bank of Japan) abbia non pochi problemi a centrare il target di inflazione, compreso tra il 2% e il 3%.