Borsa Tokyo -0,86%, Asia negativa dopo alert Cina su mercati finanziari Usa ed Europa
L’indice Nikkei 225 ha chiuso la sessione in calo dello 0,86% a 29.408,17 punti. L’azionario sconta in generale l’alert che è stato lanciato dall’autorità bancaria di Pechino, sul rischio di bolle nei mercati finanziari esteri.
“I mercati finanziari sono scambiati a livelli elevati in Europa, Stati Uniti e altri paesi avanzati”, ha detto Guo Shuqing, responsabile della commissione bancaria e assicurativa in Cina. La borsa di Shanghai cede l’1,50%, Hong KOng fa -1,08%, Sidney +0,40%, mentre Seoul avanza dell’1,14% dopo che il governo ha riportato che, nel mese di gennaio, la produzione delle fabbriche è balzata a gennaio del 7,5%, facendo meglio delle stime e accelerando rispetto alla crescita del 2,5% di dicembre.
Diffusa una carrellata di dati macro in Giappone che, da un lato, ha messo in evidenza la resilienza del mercato del lavoro del paese e che, dall’altro lato, ha confermato le difficoltà che le aziende devono affrontare a causa degli effetti dello stato di emergenza imposto di nuovo nel paese.
C’è da dire tuttavia che l’effetto pandemia non è stato particolarmente forte, anche perchè lo stato di emergenza stavolta ha interessato solo 11 – tra cui l’area metropolitana di Tokyo- delle 47 prefetture del paese.
Nel mese di gennaio il tasso di disoccupazione del Giappone si è attestato al 2,9%, come a dicembre e meglio del 3% atteso. Il rapporto tra posti di lavoro disponibili e persone in cerca di una occupazione è salito a gennaio a 1,10 dagli 1,05 di dicembre, il che significa che, per ogni 100 persone in cerca di una occupazione, ci sono stati a disposizione 110 posti di lavoro.
Diffusi i numeri sulle spese in conto capitale delle aziende giapponesi che, nel quarto trimestre del 2020, sono scese del 4,8% su base annua, peggio della flessione attesa del 2%, ma meglio del crollo del 10,6% del terzo trimestre. Esclusa la componente software, il capex è sceso del 6,1% su base annua, peggio del -3% stimato ma in recupero rispetto al tonfo precedente, pari a -11,6%.
Sempre nel quarto trimestre del 2020 gli utili delle aziende giapponesi sono scesi su base annua dello 0,7%, facendo meglio del tonfo pari a -28,4% del terzo trimestre. Le vendite delle aziende sono calate del 4,5% su base annua, meglio del crollo -11,5% del trimestre precedente.
Protagonista, oggi, anche l’annuncio dell’RBA (Reserve Bank of Australia, banca centrale dell’Australia), che ha lasciato i tassi di interesse ufficiali e il target sui tassi dei titoli di stato a tre anni invariati allo 0,1%.
La borsa di Sidney non ha gradito, azzerando parte dei guadagni precedentemente riportati nella sessione, quando era salita dell’1% circa. L’azionario sperava infatti nel lancio di ulteriori stimoli monetari dall’istituzione.
Ma il governatore Philip Lowe ha fatto notare che la ripresa dell’economia sta procedendo bene, e che l’espansione sta avvenendo in modo anche più spedito rispetto a quanto atteso inizialmente. Allo stesso tempo, l’RBA ha precisato che sono ancora necessari “progressi significativi” nell’occupazione, così come è necessario un aumento dei salari molto più solido di quello attuale.
Lowe ha poi sottolineato che l’aumento dei tassi dei bond a livello globale ha portato anche le quotazioni del dollaro australiano a salire ma che, allo stesso tempo, la banca centrale non alzerà il tasso ufficiale fino a quando l’inflazione non supererà la soglia del 2%.
Il dollaro australiano ha reagito alla notizia scendendo prima al minimo intraday di 77,37 centesimi di dollaro, poi recuperando velocemente a 77,6 centesimi di dollaro. Da segnalare che, nelle ore precedenti, alcuni economisti hanno avvertito che l’RBA potrebbe essere costretta a rivalutare la politica di tassi ultra bassi a causa del pericolo bolla immobiliare, visto il recente boom dei prezzi delle case, che lo scorso mese sono balzati a Sydney e a Melbourne rispettivamente del 3% e del 2,5%.
A livello nazionale, i prezzi delle case sono saliti nelle quattro settimane di febbraio del 2,1%, riportando il rialzo più forte su base mensile dall’agosto del 2003.
Focus sui prezzi del petrolio, in ribasso in attesa della riunione dell’Opec+ che prenderà il via dopodomani, giovedì 4 marzo e che deciderà i livelli della produzione per il mese di aprile. Alcuni economisti prevedono un ulteriore aumento della produzione, che potrebbe liberare fino a 1,5 milioni di barili al giorno di crude nel mercato. I prezzi del petrolio WTI scendono dello 0,74% a $60,19 al barile, mentre quelli del Brent cedono lo 0,72% a $63,23 al barile.