Borsa Tokyo -0,68% con ansia Covid, Seoul in rally. A Hong Kong male tlc cinesi con annuncio delisting Nyse
L’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo ha chiuso la prima sessione del 2021 in ribasso dello 0,68%, a 27.258,38 punti. Positiva invece la maggior parte delle altre borse asiatiche principali con la borsa di Shanghai in rialzo di oltre +1%, Hong Kong +0,73%, Sidney +1,47%, Seoul in rally del 2,5%.
Sotto i riflettori tuttavia il forte calo dei titoli di quelle società cinesi quotate a Hong Kong che saranno delistate da Wall Street, come confermato dall’annuncio di giovedì scorso del New York Stock Exchange. Il delisting colpirà China Telecom, China Mobile e China Unicom: China Mobile è scesa del 4% circa, mentre China Unicom e China Telecom sono capitolate di oltre -3%.
L’annuncio del Nyse è arrivato dopo che, lo scorso novembre, il presidente americano Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo, impedendo alle società americane di investire in aziende accusate di essere legate all’esercito cinese. La Cina ha minacciato ritorsioni.
Male a Hong Kong anche i titoli delle società attive nel mercato immobiliare cinese, dopo che la People’s Bank of China ha fissato un tetto massimo per i prestiti delle banche al settore. Sell off su China Evergrande Group (-6% circa), Sunac China (oltre -7%) e China Vanke (oltre -4%).
La borsa di Tokyo ha pagato invece i timori per i contagi da coronavirus, che hanno portato il premier giapponese Yoshihide Suga a indicare nella giornata di oggi che il governo sta considerando di dichiarare lo stato di emergenza a Tokyo e nelle prefetture vicine, stando a quanto riportato dall’agenzia di stampa Kyodo News.
Nel week end, tra l’altro, la Corea del Sud ha incrementato le misure di distanziamento sociale, a seguito del recente balzo delle infezioni da Covid-19.
Dal fronte macro della Cina, diffuso l’indice Pmi manifatturiero di dicembre, stilato congiuntamente dalle società Caixin e Markit, sceso a 53 punti, rispetto ai 54,9 punti di novembre.
Il dato è stato inferiore ai 54,7 punti attesi dal consensus. Il Pmi rimane comunque in fase di espansione, in quanto superiore alla soglia dei 50 punti, linea di demarcazione tra fase di contrazione (valori al di sotto) e di espansione (valori appunto al di sopra).
La scorsa settimana è stato diffuso il dato ufficiale, da cui è emerso che l’indice Pmi manifatturiero è sceso a dicembre a 51,9 punti, dai 52 di novembre e peggio dei 52,1 punti stimati.
Dal Giappone reso noto l’indice Pmi manifatturiero del Giappone stilato congiuntamente dalle società Jibun Bank e da Markit, che si è attestato a dicembre a 50 punti, rispetto ai 49,7 punti di novembre. E’ quanto emerge dalla lettura finale del dato.
L’indice ha riagguantato i 50 punti, linea di demarcazione tra fase di contrazione (valori al di sotto) e di espansione (valori al di sopra), con il sottoindice della disoccupazione, in particolare, salito per la prima volta dal febbraio del 2020.
Dal report emerge che “le aziende manifatturiere giapponesi hanno indicato di aver assistito a un’ampia stabilizzazione delle loro attività alla fine di un anno tumultuoso, con l’indice Pmi che si è attestato alla soglia di 50 punti, nel mese di dicembre. Il Pmi è salito così al record dall’aprile del 2018, ponendo fine a una fase ribassista andata avanti per 19 mesi consecutivi, al record della storia del dato”.