Annuncio Fed, Bini Smaghi parla di Bce e avverte: ‘rischio super-euro con danni export Europa’
“Nelle parole di Powell c’è una differenza con l’Europa: da un lato la Fed non alzerà i tassi, ma al contempo non li porterà neanche su livelli negativi come ha fatto la Bce. Si vogliono evitare contraccolpi sul sistema finanziario, che peraltro nonostante la crisi continua a macinare utili come provano i record di Wall Street. I tassi negativi sono come una tassa per le banche che non possono “rivalersi” sui clienti”. Così Lorenzo Bini Smaghi, membro del board della Bce fino al 2011 e oggi presidente della Société Générale, in un’intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica. Il titolo dell’articolo dice tutto: Bini Smaghi “C’è il rischio super euro per l’Europa con danni alle esportazioni”.
Bini Smaghi continua: “Powell insiste su un dato tecnico: si sgancia dalla mitica soglia del 2% di inflazione e dice che se si andrà più su anche per un congruo periodo di tempo, non succederà nulla e i tassi resteranno bassi”.
Si tratta “sicuramente” di una svolta – precisa – la conseguenza che riguarda l’Europa è la possibile differenziazione fra le politiche delle due banche. Vediamo perché. La Bce ha lanciato anch’essa la sua “strategic review” all’inizio del 2020, interrotta dall’azione per far fronte alla pandemia. Dai primi dibattiti erano emerse posizioni diverse da quelle indicate da Powell, che miravano ad accettare che l’inflazione rimanesse sotto il 2% senza ulteriori interventi. Non dimentichiamo che la motivazione ufficiale per i ribassi dei tassi e gli acquisti dei titoli, è il basso livello di inflazione. È però possibile che quando l’Europa si riprenderà, la politica monetaria della Bce diventi meno espansiva senza curarsi se sarà stata raggiunta la soglia critica del 2%. Al contrario, Powell dice che la politica monetaria resterà espansiva quando l’economia si riprenderà anche se l’inflazione supererà il 2%, e per lungo tempo. Se prevarrà quest’impostazione, i tassi in Europa aumenteranno prima che in America, con una divaricazione monetaria tra le sponde dell’Atlantico che potrebbe determinare un rincaro dell’euro molto negativo per l’export”.
Oggi le quotazioni del dollaro sono in ribasso, scontando per l’appunto la politica monetaria più accomodante che la Fed si appresta a lanciare:
lo US Dollar Index cede lo 0,72%, e l’euro-dollaro supera anche la soglia di $1,19, a $1,1905, con un rialzo dello 0,70%. Il dollaro capitola nei confronti dello yen dello 0,89%, a JPY 105,62, la sterlina sale sul dollaro dello 0,61% a $1,3282.
Nel caso dello yen, gli acquisti sulla valuta si spiegano con la notizia delle dimissioni di Shinzo Abe dalla carica di premier del Giappone. Lo yen sale beneficiando dell’avversione al rischio degli investitori, in quanto valuta rifugio. Anche l’euro perde sullo yen, arretrando dello 0,20% a JPY 125,73.