Venti di guerra dopo attacco a raffinerie Aramco, petrolio vola di oltre +19%, schizza al rialzo anche oro
Il mondo trema e tremano i mercati dopo la notizia del pesante attacco sferrato contro due maxi raffinerie di petrolio di Aramco, in Arabia Saudita. Si fanno più infuocati i rapporti tra gli Stati Uniti e l’Iran, dopo che il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha puntato il dito contro Teheran, affermando che non esiste alcuna prova che l’attacco sia partito dallo Yemen. La dichiarazione si riferisce all’annuncio con cui gli Houthis avevano rivendicato, invece, l’attacco, avvenuto sabato 14 settembre.
L’emittente americana ABC ha riportato inoltre che, stando a quanto reso noto da un funzionario dell’ amministrazione Trump, l’Iran avrebbe lanciato quasi una dozzina di missili cruise contro Riad, attaccando le due maxi raffinerie di petrolio del colosso Aramco. Più di 20 droni sarebbero partiti dal territorio iraniano in direzione di Riad. E lo stesso Donald Trump ha affermato che gli Stati Uniti sono carichi e pronti a rispondere
Dal canto suo, l’Iran ha risposto, per voce del comandante del Corpo aerospaziale dei Pasdaran, Amirali Hajizadeh: “Siamo pronti alla guerra”.
Sale così la febbre geopolitica mondiale, mentre sui mercati i prezzi del petrolio schizzano al rialzo, riportando rally storici, dopo la notizia.
Il Brent è volato di oltre +19% a $71,95 al barile, e i futures sul WTI sono balzati di oltre +15% fino a $63,34 al barile.
L’attacco ha messo fuori gioco una produzione di 5,7 milioni di barili al giorno, la metà circa dell’offerta saudita, pari al 5% circa delle forniture di petrolio a livello mondiale. Riad ha risposto di essere pronta a intervenire, attingendo alle proprie riserve strategiche, che lo scorso giugno ammontavano a 188 milioni di barili. Ma economisti e strategist sono scettici, e ritengono che la minore offerta porterà i prezzi del petrolio a riavvicinarsi a quota $100.
L’avversione al rischio butta giù le quotazioni dell’azionario e scatena la corsa all’oro. Il contratto spot sull’oro balza dell’1% circa a $1.503 l’oncia, dopo che aveva perso la scorsa settimana l’1,2% scontando la possibilità di un imminente accordo tra gli Usa e la Cina per porre fine alla guerra commerciale.
I futures sull’oro superano quota 1.510. Stando a quanto ha commentato l’analista di OANDA, Jeffrey Halley, gli attacchi alle raffinerie saudite di petrolio scateneranno una rotazione che farà uscire gli investitori dall’azionario per farli posizionare sugli asset rifugio .
Con l’escalation delle tensioni in Medio Oriente e la speranza di nuovi stimoli da parte delle banche centrali più importanti al mondo, il prossimo target per l’oro è a quota $1.530.
Così gli analisti di Equita, tornando ai prezzi del petrolio. La SIM sottolinea come la produzione dell’Arabia Saudita sia stata “significativamente ridotta a seguito degli attacchi”.
“L’Arabia Saudita ha dimezzato l’estrazione di petrolio dopo una serie di attacchi con droni agli impianti di produzione. L’arresto della produzione equivale a una perdita di circa 5 milioni (dei 9,8 milioni di barili al giorno prodotti ad agosto) che equivalgono a circa il 5% della produzione globale di greggio. La perdita di produzione è superiore a quella dell‘invasione del Kuwait (1990) e della rivoluzione islamica in Iran (1979). Secondo varie fonti, l’Arabia Saudita potrebbe ripristinare tra 1/3 e la metà della produzione perduta negli attacchi in qualche settimana. Nel frattempo attingerebbe alle riserve per continuare a soddisfare le forniture di greggio. Ieri il CEO di Saudi Aramco ha detto che un update sulle condizioni di produzione dovrebbe arrivare in 48 ore. Riteniamo che la notizia abbia effetti rilevanti sul prezzo del greggio sia per la mancanza di una fornitura così ingente – di cui non si conosce ancora gli effetti sulla capacità saudita nell’immediato futuro – sia per le incertezze geopolitiche nell’area mediorientale. La spare capacity nominale del OPEC+ è solo tra il 4% e il 5% della produzione globale di cui l’Arabia Saudita è circa l’1,7% la quale è solitamente la più reattiva in caso di necessità. Fra i titoli che beneficiano maggiormente del rialzo del greggio indichiamo ENI e Saipem. L’effetto sui conti di ENI è diretto grazie al maggior prezzo del greggio – sensitivity: +$1/bbl Brent = +€170 mn utile netto, il 4% del FY19. Per il settore ‘services’ la relazione è indiretta. Le integrate con forte esposizione al downstream come Repsol hanno minore leva sull’evento. Saras potrebbe invece soffrire dell’evento per gli effetti negativi del greggio più caro solo in parte compensati da un mix globale più favorevole – la perdita di produzione riguarda grezzi leggeri. Le nostre ipotesi sul Brent: 2019 = $65/bbl e 2020 = $75/bbl”.