Utility: decarbonizzazione la chiave del futuro ma occhio al fattore tempo
L’energia elettrica rimane il primo responsabile di emissioni di gas ad effetto serra nell’Unione europea e il secondo negli Stati Uniti. Da qui gli sforzi per ridurre le emissioni di questi gas che si concentrano spesso sull’uso del carbone, dato che la sua intensità di carbonio è circa doppia rispetto a quella del gas naturale. A livello normativo, l’UE prevede di eliminare quasi completamente le emissioni di CO2 entro il 2050, e la maggior parte dei membri ha annunciato l’intenzione di ridurre gradualmente l’utilizzo del carbone, con alcuni grandi Paesi (Francia, Regno Unito, Italia e Svezia) che mirano ad anticipare questa esclusione a partire dal 2025. Frammentato è invece il quadro in merito negli Stati Uniti, in cui il settore è soggetto alla legislazione statale e non a quella federale.
La decarbonizzazione e le utility
Il processo globale verso la decarbonizzazione si riflette inevitabilmente sulle utility come affermano Peter Cody e Tatiana Spineanu, rispettivamente US e European Investment Grade Credit Research di PGIM Fixed Income. In Europa, la maggior parte delle aziende ha ricentrato le proprie attività su reti di distribuzione di qualità superiore, produzione di energia rinnovabile attraverso sovvenzioni statali e servizi a contratto, riducendo al contempo l’esposizione alle attività basate sull’estrazione di materie prime. Fino al 2012, il settore delle utility europee ricavava circa la metà del proprio EBITDA da business quali la generazione termica, l’esplorazione e la produzione di petrolio e gas, l’estrazione mineraria e gli analisti di PGIM stimano che questa quota sia stata in media solo un quarto nel 2018.Ma il passaggio ad attività a più ridotto impatto di carbonio è evidente anche nei risultati delle aziende. Così in una recente presentazione agli investitori, Enel ha sottolineato che “la decarbonizzazione migliora i margini”, dimostrando che il costo livellato dell’elettricità prodotta con l’energia solare garantisce un margine superiore del 20% circa rispetto alla generazione termica.
In ogni caso, continuano gli esperti, la decarbonizzazione del settore delle utility continuerà probabilmente nel prossimo futuro, tanto negli Stati Uniti quanto in Europa, ma rimane molto difficile stabilire se il processo sarà abbastanza veloce da placare le preoccupazioni dell’opinione pubblica in merito alle emissioni di carbonio di questo settore. “Noi di PGIM Fixed Income – si legge in una nota – crediamo che l’integrazione dei criteri ESG nel processo di investimento possa permettere di identificare società con vantaggi competitivi che si rifletteranno positivamente sui rendimenti dell’investimento stesso, e per quanto riguarda il settore delle utility, crediamo che l’elemento più importante sia quello ambientale”.