Usa: inflazione Pce core in linea con stime, Fed verso pausa tassi
Il dato di settembre sul Pce core, una misura attentamente monitorata dalla Fed per le sue decisioni di politica monetaria, ha registrato una variazione mensile superiore alle attese ma ha rallentato su base annua. Reazione contenuta da parte dei mercati, che scontano una pausa sui tassi nella prossima riunione della banca centrale americana.
Pce in rialzo dello 0,4% m/m ma dato core rallenta al 3,7% a/a
Il report odierno, relativo al mese di settembre, mostra per l’indice Pce (personal consumption expenditure, ovvero l’indice dei prezzi per consumi personali) un incremento dello 0,4% su base mensile, in linea con la rilevazione di agosto e leggermente al di sopra del +0,3% previsto dagli analisti.
Su base annua emerge un incremento del 3,4%, esattamente uguale al consensus di Bloomberg e al dato del mese precedente.
Il Pce core, che non tiene conto della volatilità dei costi alimentari ed energetici, ed è dunque preferito dalla Fed per misurare le pressioni sui prezzi, evidenzia un aumento congiunturale dello 0,3% e una crescita tendenziale del 3,7%, entrambi in linea con le previsioni. Ad agosto è stato rilevato un incremento mensile dello 0,1% e annuo del 3,8% (rivisto da 3,9%), quindi l’indicatore ha leggermente rallentato a settembre.
Le implicazioni del dato Pce per la Fed
I dati non dovrebbero spostare di molto le considerazioni della Federal Reserve in vista della riunione di politica monetaria del 31 ottobre – 1° novembre, la penultima del 2023.
La variazione mensile del Pce più alta delle attese, sostenuta anche dai prezzi energetici, mantiene la pressione sulla banca centrale per ribadire l’impegno nella lotta contro l’inflazione e rafforza la retorica di tassi “più alti per più tempo”, ribadita più volte dai funzionari nelle ultime settimane.
Dall’altro lato, il rallentamento della crescita su base annua del Pce core sottolinea che l’inasprimento monetario dei responsabili, unito alla recente impennata dei rendimenti obbligazionari, sta portando gli effetti desiderati, raffreddando la crescita dei prezzi, seppur ad un ritmo lento.
Ricordiamo che ieri è stato diffuso il report sul Pil annualizzato del primo trimestre 2023, in progresso al 4,9%, ben al di sopra del 4,5% previsto dagli analisti, sottolineando la forza dell’economia statunitense in un contesto caratterizzato da consumi resilienti e da un mercato del lavoro solido.
La reazione dei mercati al Pce
Dopo un piccolo rialzo nei minuti successivi al rilascio dei dati, i future azionari statunitensi sono tornati a scambiare sui livelli precedenti al rilascio dei dati sul Pce. I derivati sull’S&P 500 salgono dello 0,5% a 4.177, mentre i contratti su Dow Jones sono poco mossi a quota 32.900 e quelli sul Nasdaq salgono dello 0,9% a 14.326.
I rendimenti dei titoli del Tesoro sono rimasti leggermente in rialzo, con il decennale in aumento di 2,6 punti base al 4,87% e il biennale poco mosso al 5,04%. L’euro/dollaro si apprezza leggermente a 1,058, rispetto a 1,054 di prima del report.
Le previsioni implicite nei future sui Fed Funds indicano che con ogni probabilità la Fed lascerà i tassi fermi al range 5,25%-5,5% nella riunione della prossima settimana. In ogni caso, la banca dovrà mantenere alta l’attenzione per riportare l’inflazione verso il target del 2%, un obiettivo che non prevede di raggiungere prima della fine del 2025 o l’inizio del 2026.
La visione di ING sui dati odierni
Dal report è emerso che i redditi personali sono stati più deboli del previsto, in aumento dello 0,3% su base mensile rispetto allo 0,4% del consensus. La spesa invece è stata più forte delle attese, con una crescita pari allo 0,7% su base mensile rispetto allo 0,5% stimato. La spesa reale, aggiustata per l’inflazione, è aumentata dello 0,4% su base mensile rispetto allo 0,3% previsto, suggerendo uno slancio significativo in vista del quarto trimestre.
Tuttavia, come sottolineano gli esperti di ING, “le sfide per il consumatore sono crescenti. La spesa dei consumatori rappresenta il 70% dell’attività economica statunitense (rispetto al 50-60% in Europa) e ci sono quattro modi per finanziare la spesa: redditi, risparmi, prestiti o vendita di beni. L’aspetto preoccupante è il reddito, che rappresenta la principale fonte di finanziamento. Il rapporto di oggi mostra che il reddito disponibile reale delle famiglie è in calo per il quarto mese consecutivo. Negli ultimi due anni è rimasto effettivamente stagnante e si trova ben al di sotto dei livelli pre-pandemia che suggeriscono che dovremmo essere.”
Secondo ING, la crescita della spesa è stata finanziata attraverso l’indebitamento, i risparmi si stanno rapidamente esaurendo e i tassi dei prestiti sono elevati. “Per evitare una recessione, è necessario che il reddito disponibile reale delle famiglie inizi a salire. In caso contrario, l’attività si indebolirà rapidamente nei prossimi trimestri, contribuendo a smorzare l’inflazione. Questa debolezza fondamentale suggerisce la fine di ulteriori rialzi dei tassi e la probabilità di tagli significativi dei tassi il prossimo anno.”