UniCredit zittisce Bce: copertura NPL più alto in Europa. Strategist JCI: dopo vendite su bancari, occasione tattica di acquisto
I rumor sul diktat della Bce a tutte le banche italiane portano gli istituti a diramare note sulla solidità dei rispettivi bilanci. Tra gli ultimi c’è UniCredit, che stamattina ha pubblicato la seguente nota, segnalando come l’indice di copertura degli NPL sia il più alto in Europa e che l’impatto delle raccomandazioni della Vigilanza bancaria della Bce sarà limitato. Così la nota della banca guidata da Jean-Pierre Mustier, in una sessione caratterizzata dal recupero delle banche a Piazza Affari:
Dichiarazione riferita alle recenti notizie riportate dai media sulla raccomandazione non vincolante della BCE a tutte le banche sotto la supervisione diretta del Meccanismo di Vigilanza Unico (SSM) in merito alla copertura dello stock di crediti deteriorati (NPL) garantiti e non garantiti:
“A partire dal terzo trimestre 2016, UniCredit ha ridotto il suo portafoglio di crediti deteriorati di oltre 36 miliardi (dato aggiornato al terzo trimestre 2018). Conseguentemente, il rapporto tra crediti deteriorati lordi e totale crediti per il “Group Core” si è attestato a 4,3% nel terzo trimestre del 2018, in linea con la media del campione EBA. UniCredit è impegnata ad azzerare il suo portafoglio Non-Core entro il 2021. Inoltre la banca ha un indice di copertura del 62% dello stock di crediti deteriorati, che si è dimostrato il più alto in Europa negli ultimi stress test condotti dall’EBA in scenari avversi. UniCredit considera quindi il suo indice di copertura pienamente adeguato. Grazie alle azioni decisive intraprese e tenendo conto delle dinamiche del portafoglio di crediti deteriorati, UniCredit ritiene che il dialogo normativo con la BCE possa portare a un impatto basso, a una sola cifra in termini di punti base, sul suo CET1 in riferimento alla copertura aggiuntiva del suo stock di crediti deteriorati, per ogni anno fino al 2024, data indicata dalla BCE nella sua comunicazione.
Così intanto Alessandro Balsotti, strategist e gestore del JCI FX Macro Fund, commenta le condizioni in cui versano le banche italiane:
“Settimana scorsa MPS ha reso noto (credo che la disclosure sia arrivata trasversalmente con la presenza della notizia in un prospetto di emissione obbligazionaria) di aver ricevuto una lettera dall’ECB che meglio precisa, calandolo nella realtà specifica della banca, il modus operandi consigliato al Monte per implementare le linee guida sul trattamento delle NPE (Non-Performing Exposures, quindi NPL + Unlikely-to-Pay) a bilancio. Le linee guida (Addendum to ECB guidance to banks NPLs), emesse nel marzo del 2018, prevedono che per tutte le sofferenze di nuovo riconoscimento (diventate sofferenze da aprile 2018) la banca provvedesse a una copertura totale in 7 anni (per le sofferenze collateralizzate, 2 anni per quelle ‘unsecured’). Tra lunedì e ieri si è capito che lettere simili, pur personalizzate con indicazioni meno severe per le banche più solide, sono arrivate in dicembre a tutte le più di 100 banche sotto la supervisione del regolatore unico europeo (l’SSM–Single Supervisory Mechanism -prevede che una branca indipendente dell’ECB supervisioni i più importanti istituti bancari europei, l’italiano Andrea Enria ha appena iniziato il suo mandato a capo di questa autorità regolamentare). Il tema, come era successo l’anno scorso, ha innescato una nuova ondata di vendite sui finanziari con gli investitori timorosi che la rinnovata aggressività dei regolatori sul processo di dismissione degli attivi in sofferenza sia destinata a portare ulteriore pressione su marginalità e utili già asfittici. Per molte banche è altamente improbabile che le indicazioni arrivate spostino di una virgola piani già in atto (come puntualmente dichiarato con comunicato stampa da alcune banche) e che già hanno dato dei risultati, soprattutto in Italia, di riduzione delle sofferenze in portafoglio. Credo quindi che, evitando i nomi più fragili, queste vendite possano rappresentare un’occasione tattica di acquisto. Tattica perché (e non c’è certo grande originalità in questo punto di vista) anche qui si riconosce la difficoltà nell’abbracciare le potenzialità di lungo periodo, anche a queste basse valutazioni, del modello di business bancario, stretto nella morsa di tassi bassi, pressione regolamentare e disintermediazione tecnologica dei margini tradizionali”.