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Ubs-Credit Suisse, El-Erian: ‘Questo è un bailout’

20 Marzo 2023 13:07

UBS compra Credit Suisse. El-Erian (non solo): ‘Questo è un bailout’

Dossier UBS-Credit Suisse: “Yeah, it was a bailout”. Ovvero: “Sì, è stato un bailout”. Così Mohamed El-Erian, ex numero uno di Pimco e ora responsabile della divisione di consulenza economica di Allianz, commenta l’accordo con cui UBS ha deciso di rilevare Credit Suisse per un valore di 3 miliardi di franchi svizzeri.

L’espressione bailout è diventata così negativa che tutti cercano di evitarla. E così ognuno a modo suo dice che non si tratta di un bailout, ma poi nessuno riesce a spiegare il motivo per cui sono stati dati i soldi”.

In un’intervista rilasciata a Bloomberg TV, El-Erian non ha invece remore a definire l’accordo orchestrato dal governo e dalla banca centrale svizzera Swiss National Bank un vero e proprio salvataggio.

Per chi avesse dubbi, l’accordo tra le due banche è stato raggiunto grazie alle garanzie offerte dal governo svizzero e alla disponibilità della banca centrale SNB a fornire una ulteriore liquidità a UBS.

Per la precisione, il governo svizzero ha deciso di sfornare a favore di UBS garanzie per un valore fino a 9 miliardi di franchi svizzeri:

la banca acquirente verrà dunque blindata nel caso in cui incorrerà in eventuali perdite legate agli asset di Credit Suisse acquistati.

Dal canto suo, invece, la Swiss National Bank fornirà una liquidità di ben 100 miliardi di franchi a entrambe le banche.

El-Erian su UBS-Credit Suisse: questo è un bailout

Se questo non è un bailout, fa notare El-Erian, in un momento in cui sui mercati si parla piuttosto di bail-in, facendo riferimento a quei bond AT1 di Credit Suisse, di un valore di 16 miliardi di franchi svizzeri circa, diventati con l’accordo tra i due istituti carta straccia. Valore uguale a zero.

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“E’ piena di contraddizioni – ha insistito El-Erian – Si tratta di una soluzione relativa a un settore privato (quello bancario), ma con un intervento del governo. Non è qualcosa di chiaro, ma tra tutte le opzioni a disposizione, questa è la migliore che potevano lanciare”.

Le altre opzioni prevedevano la nazionalizzazione di Credit Suisse e lo smobilizzo delle sue attività.

Dunque El-Erian non si oppone all’intesa raggiunta tra le autorità svizzere e Ubs per salvare Credit Suisse da un fallimentato dato ormai quasi per scontato dai mercati.

UBS-Credit Suisse: bailout? La Svizzera nega

L’offerta di UBS è arrivata dopo che il titolo Credit Suisse, bastonato dalle vendite, ha chiuso la settimana peggiore dall’esplosione della pandemia Covid-19 nel 2020 e dopo che la banca ha gettato nel panico i mercati finanziari mondiali, gelati dal timore di una nuova crisi bancaria in stile 2008.

Le dichiarazioni dell’ex ceo di Pimco non saranno state gradite alla ministra delle Finanze svizzera
Karin Keller-Sutter che, in una conferenza stampa che si è tenuta nella giornata di ieri a Berna, a seguito dell’annuncio della fusione tra i due istituti di credito più grandi della Svizzera, ha parlato di una “soluzione commerciale”:

Questo non è un bailout – ha detto Keller-Sutter – perchè UBS prenderà il controllo di Credit Suisse. Non si tratta di soldi che diamo a Credit Suisse o a UBS, dunque riteniamo che questa soluzione sia la migliore, e spero che sarà anche accolta con favore da altre giurisdizioni”.

Tra l’altro, ha continuato la ministra delle Finanze svizzera, gli effetti derivanti da un eventuale crac di Credit Suisse sarebbero stati enormi.

Una eventuale bancarotta di Credit Suisse avrebbe provocato un danno collaterale enorme sul mercato finanziario svizzero e anche globale”.

Credit Suisse, Banor: con UBS benedizione e denaro pubblici

La view di Mohamed El-Erian sembra invece condivisa da Francesco Castelli, Responsabile Fixed di Income Banor Capital:

“Da operatori di mercato, riteniamo che l’intervento svizzero sia di grande aiuto, anche se doloroso per i detentori di azioni Credit Suisse e obbligazioni AT1″.

“Le autorità svizzere hanno seguito la situazione molto da vicino e hanno prontamente deciso che la banca non
era più affidabile come entità indipendente. Il matrimonio con UBS, dipinto come una transazione privata tra 2 soggetti privati, mostra invece pesanti segnali di intervento pubblico “, scrive Castelli nella sua analisi dedicata alla fusione UBS-Credit Suisse.

Il motivo?

Gli azionisti di entrambe le banche non saranno consultati facendo pieno affidamento sulla benedizione pubblica e sul denaro pubblico. Un coinvolgimento politicamente sgradevole, ma una garanzia che il mercato vede come positivo e credibile”.

Difficile tra l’altro non parlare di benedizione pubblica o di bailout. Il numero uno della divisione di reddito fisso di Banor Capital fa notare che “il governo ha autorizzato una garanzia di liquidità di 100 miliardi, mostrando il proprio chiaro sostegno. Una garanzia molto ampia che dovrebbe proteggere UBS dalla speculazione di mercato”.

Dall’altra parte dell’oceano, invece, “le autorità statunitensi capiranno chiaramente perché il mercato
sta considerando insufficiente la loro versione di intervento (con SVB)”.

Il punto, secondo Castelli, è che “serve il coinvolgimento dei contribuenti e un chiaro sostegno”.

Infatti, “nonostante un decennio di regolamentazione finanziaria e un massiccio aumento dei requisiti patrimoniali, il sistema bancario rimane fortemente dipendente dalla fiducia degli operatori. In mancanza della quale, si deve ricorrere all’intervento pubblico“.

Viene fatto notare che “UBS si assume un grande rischio per l’onboarding degli asset tossici di CS e un rischio legale elevato”, pur se “d’altra parte, hanno ottenuto ottime condizioni, acquisendo il loro più grande concorrente gratuitamente, con un regalo implicito di 13 miliardi (includendo i 16 miliardi di titoli AT1 ridotti a zero, cui vanno sottratti i 3 miliardi pagati agli azionisti di CS)”.

Non solo:

“UBS ottiene anche 9 miliardi di garanzie su portafogli considerati a rischio“.

“Hanno già chiarito che ridurranno massicciamente l’attività di investment banking e si concentreranno sulla gestione patrimoniale – continua Castelli, aggiungendo che “purtroppo ci saranno molte perdite di posti di lavoro”.

Per ora, “UBS non ha commentato sul progetto di cessione ad Apollo del business americano di CS, sotto il nome di First Boston”. D’altro canto, a sorpresa, “il presidente di UBS ha chiarito che sono impegnati e non intendono utilizzare alcuna clausola per annullare l’operazione (inizialmente, chiedevano una clausola MAC di estinzione collegata al proprio CDS, cioè sarebbero stati in grado di annullare l’operazione se la percezione del mercato della solvibilità di UBS fosse stata a rischio)”.

Bond Credit Suisse: il bail-in dei CoCo At1 è uno shock

Per quanto riguarda i titoli Credit Suisse, invece Banor Capital prevede che “usciranno illesi i possessori di debito senior (tutti i titoli emessi da tutte le società del gruppo, inclusa la holding company)”, mentre a pagare saranno per l’appunto “i titoli AT1 (per istituzionali, 16 miliardi in totale) che l’autorità di mercato FINMA ha deciso di azzerare, in base alla clausola ‘Point of Non Viability'”.

I bond AT1 sono stati, di fatto, colpiti dal bail-in.

“Il bail-in dei CoCo AT1 è uno shock per gli investitori – riconosce Castelli – Può essere visto come ingiusto, nel momento in cui gli azionisti recuperano 3 miliardi. D’altra parte, è completamente legale, descritto nel prospetto e discusso da Credit Suisse anche in una recente presentazione (14 marzo, ancora disponibile sul sito)”.

“Questo finale perverso è l’effetto combinato delle condizioni punitive dei prospetti utilizzati dalle banche svizzere (la cosiddetta ‘cancellazione permanente’) e del processo di risoluzione bancaria utilizzato da FINMA (nel quale la cancellazione degli AT1 viene prima della cancellazione delle azioni)”.

Il responsabile della divisione di fixed income di Banor Capital conclude sottolineando che è “interessante notare che in altri paesi europei le condizioni dei prospetti sono molto diverse (la cancellazione è solo contemporanea, o alternativamente si parla di conversione in azioni)”.

Inoltre, “il processo di risoluzione non prevede la sequenza svizzera (e le autorità europee stanno già indicando che non intendono ripetere l’esperimento svizzero)”.

Cosa succederà ora?

“Nel breve periodo sarà panico, ma crediamo che chi avrà il tempo di leggere correttamente i prospetti troverà ottime opportunità di investimento“.

eToro: ora gigante svizzero con patrimonio di oltre $1,7 trilioni

Parla del dossier UBS-Credit Suisse anche Gabriel Debach, market analysi di eToro:

“Per la seconda settimana consecutiva gli investitori risultano essere privati del proprio weekend (riprendendo il detto ‘Money Never Sleeps’). Dopo le preoccupazioni americane le paure si ingrandiscono spostandosi nel cuore della finanza europea, ovvero in Svizzera, e richiedendo un coordinamento a livello internazionale (America, Canada, Regno Unito, Giappone, Svizzera ed Europa) per aumentare la liquidità in dollari nel mercato globale attraverso linee di swap”.

Il riferimento di Debach è all’annuncio congiunto arrivato nella notte italiana dalle sei banche centrali Bce, Fed, Swiss National Bank e altre.

Così si legge nella nota:

“Al fine di migliorare l’efficacia delle linee swap per fornire finanziamenti in dollari Usa, le banche centrali hanno deciso di aumentare la frequenza delle operazioni a 7 giorni. Le operazioni verranno effettuate ogni giorno, invece che su base settimanale. Queste operazioni, effettuate ogni giorno, prenderanno il via lunedì, 20 marzo 2023, e continueranno almeno fino alla fine di aprile”.

Debach ha ricordato che “Credit Suisse, con i suoi 167 anni di storia, dopo ben essersi districata dalla crisi del 2008 deve alzare bandiere bianca dopo i vari scandali che ne hanno minato la fiducia”.

“Con un attivo di 573 miliardi di dollari e dimensioni quasi doppie rispetto ai fallimenti delle banche regionali statunitensi SVB e SBNY, Credit Suisse rappresenta infatti una delle sole trenta banche considerate ‘globalmente significative'”.

Ora, “con il supporto statale, UBS, la più grande banca svizzera, è pronta ad acquistare la sua rivale in una transazione interamente azionaria per 3,2 miliardi di dollari. Ciò creerà un gigante svizzero con un patrimonio di circa 1.700 miliardi di dollari”.

L’analista del market analyst di eToro continua:

Nel mezzo degli scandali e delle agitazioni una lezione risulta essere decisamente importante. Le autorità mondiali non risultano essere assenti in tale trambusto, rispondendo con rapidità e decisione al fine di evitare che i singoli problemi si possano estendere al sistema finanziario più ampio. La Fed ha fornito 300 miliardi di dollari di liquidità alle banche statunitensi, di cui 12 miliardi dal suo nuovo programma BTFP. La Banca nazionale Svizzera ha fornito un sostegno di oltre 150 miliardi di dollari al Credit Suisse. La Bce ha annunciato di essere pronta in caso di necessità. La Cina ha ridotto il coefficiente di riserva obbligatoria delle banche (RRR) per fornire ulteriori 80 miliardi di dollari di liquidità al sistema”.

UBS-Credit Suisse, Equita: la view sui mercati e sulle banche

A commentare l’affare UBS-Credit Suisse anche Luigi De Bellis di Equita SIM.

Nella nota vengono riassunti i termini dell’accordo storico con cui si realizzerà la fusione delle due banche svizzere:

“Nel week-end, UBS ha annunciato l’acquisizione di CS in una transazione con carta per un controvalore complessivo di CHF 3 miliardi. Secondo i termini dell’accordo, gli azionisti CS riceveranno 1 azione UBS per 22,48 azioni CS. Si prevede che la combinazione genererà una riduzione di costi di oltre $8 miliardi entro il 2027, e UBS anticipa che la transazione sarà EPS accreative entro il 2027 e che la banca rimarrà ben capitalizzata bel al di sopra del suo target del 13%”.

“L’operazione – viene rimarcato anche nella nota di De Bellis – comporta l’azzeramento integrale del valore nominale di tutte le obbligazioni AT1 di CS, per un importo di CHF 16 miliardi. Si tratta del più grande azzeramento di AT1 della storia. Secondo l’FT, il mercato EU degli AT1 è di circa € 250 miliardi”.

Per De Bellis, “da un lato l’operazione su Credit Suisse permette di contenere i rischi di contagio e le sue ripercussioni, ma dall’altro riteniamo che i termini della transazione possano avere come effetto l’aumento del costo del capitale/risk premium per le banche (e per gli AT1, con rischio riduzione liquidità strumenti)”.

“Confermiamo la nostra view – scrive Luigi De Bellis – non ci sono dubbi che il settore bancario italiano/EU sia più solido e capitalizzato rispetto al passato”.

Detto questo, “il rischio principale che vediamo con l’aumento dei timori di instabilità finanziaria è che venga colpito uno dei principali canali di trasmissione dell’economia ossia i prestiti bancari, con un deterioramento della volontà di concedere credito (sia in Unione europea che in USA)”.

In conclusione, “il nostro posizionamento neutrale sui mercati azionari resta invariato, con una preferenza per i titoli di qualità rispetto ai ciclici. Riteniamo che le scelte di politica monetarie verranno inevitabilmente modificate, ma pensiamo sia necessaria ancora una fase di aggiustamento”.