UBS avverte: azionario non più reattivo a tagli di interesse come negli anni ’90
Non solo l’economia, ma anche i mercati rischiano di finire invischiati nella cosiddetta ‘trappola della liquidità’? Viene da porsela, questa domanda, in un contesto in cui le banche centrali dei paesi avanzati abbandonano l’idea di normalizzare i tassi di interesse, decidendo anzi di tagliarli ulteriormente, nella speranza di sostenere sia la crescita economica che l’inflazione delle rispettive economie.
Ripercorrendo la storia, emerge come, di norma, i mercati azionari abbiano sempre brindato al lancio di nuove manovre di politica monetaria espansiva. Questa correlazione, avverte UBS, almeno nel caso degli Stati Uniti si starebbe spezzando.
In una nota ai clienti Francois Trahan, strategist della divisione dell’azionario del colosso bancario elvetico, ha scritto infatti che “è probabile che i tagli ai tassi della Federal Reserve non scatenino acquisti sull’azionario, allo stesso modo in cui avveniva negli anni ‘Novanta’”.
A dimostrarlo sarebbero alcuni dati. Trahan ha fatto notare per esempio, che i “rally degli anni ‘Novanta scatenati dalle politiche accomodanti della Fed sono stati resi possibili grazie alla forte correlazione inversa tra i tassi di interesse e i rapporti P/E (price to earnings). Questa relazione, ora, non esiste più”.
Il motivo? “Il lungo periodo di tempo di bassi tassi di interesse, che va avanti dall’inizio del 2000″. Insomma, sia l’economia che i mercati finanziari si sarebbero ormai assuefatti alla droga delle banche centrali.
Da quando la Fed, nella riunione di luglio, ha tagliato i tassi sui fed funds, la prima volta in dieci anni, lo S&P 500 non ha riportato, di fatto, nessun rally, concludendo il terzo trimestre dell’anno con un guadagno piuttosto contenuto.
A frenare i buy, nonostante l’assist della Fed, sono stati soprattutto i timori sull’escalation di una guerra commerciale. Il che fa pensare, tra l’altro che, anche se Jerome Powell & Co. si adeguassero ai diktat di Donald Trump, che auspica tagli importanti ai tassi da mesi, l’effetto sarebbe piuttosto deludente.
“L’incertezza alla Casa Bianca continua a far salire la percezione del rischio – ha detto Trahan – A questo, aggiungete l’indagine di impeachment contro Trump, e la situazione intera, probabilmente, finirà per esacerbare la volatilità dell’azionario, a cui stiamo assistendo”.