E’ fuga dai titoli delle Big Tech Usa. Sell off record per Tesla, Amazon, Apple & Co.
Trimestre da incubo per le Big Tech Usa: i titoli Tesla, Amazon, Alphabet, Meta ex Facebook, Microsoft e tanti altri hanno chiuso il peggior trimestre degli ultimi anni, affossando ulteriormente il Nasdaq. L’indice hi-tech, in fase conclamata di mercato orso, con un crollo di quasi -32% dal record testato nel novembre del 2021 e in flessione del 29,5% dall’inizio del 2022, ha sofferto il trimestre peggiore dal 2008, con un tonfo pari a -22,4%. Le vendite, nei mesi compresi tra aprile e giugno, hanno continuato a tartassare le Big Tech e i cosiddetti titoli FAANG (Facebook, Amazon, Apple, Netflix, Google-Alphabet).
- In particolare le quotazioni del colosso delle auto elettriche Tesla sono precipitate nel secondo trimestre di quasi il 38%, scontando anche la decisione del ceo Elon Musk di lanciare un’offerta sul social media Twitter per un valore di $44 miliardi. Oltre al sentiment negativo sui titoli tecnologici, Tesla ha pagato il timore che Twitter diventi fonte di distrazione per Musk ( tra l’altro non sono mancate le tensioni tra Musk e Twitter, che hanno rischiato di far saltare l’accordo, anche se le ultime indiscrezioni sono andate a favore dell’intesa). La perdita trimestrale di Tesla è stata la più sostenuta da quella riportata nel trimestre successivo al lancio dell’Ipo del 2010, quando il gruppo EV è sbarcato a Wall Street.
- Amazon è scivolata di quasi il 35%, al record dal terzo trimestre del 2001. Il titolo in questo caso ha scontato anche la pubblicazione del bilancio del primo trimestre, che si è confermato peggiore delle attese, a causa del rallentamento della crescita del fatturato; tanto che, all’inizio di giugno, Dave Clark, il ceo della divisione globale di consumer business di Amazon, ha rassegnato le dimissioni.
- Male anche il titolo della holding a cui fa capo Google, Alphabet, che ha incassato una perdita di quasi -22%, la peggiore su base trimestrale dal quarto trimestre del 2008.
- Microsoft ha ceduto il 17% circa, riportando il calo più forte dal secondo trimestre del 2010.
- Apple è scivolata di quasi il 22%, soffrendo il ribasso più forte dal quarto trimestre del 2018, ai tempi del forte sell off che si era abbattuto sull’azionario in generale, e a fronte di un outlook che non aveva convinto il mercato.
- Fuga degli investitori anche da Meta Platforms – il cui ticker è cambiato questo mese da FB a META per riflettere la nuova identità dell’ex Facebook: il titolo ha perso nel secondo trimestre più del 27%, dopo il tonfo del primo trimestre pari a -34% circa.
Wall Street paga paura hard landing con rialzi tassi Fed
I forti sell off sull’hi-tech rientrano nell’ambito di un secondo trimestre da dimenticare per Wall Street che, nelle ultime settimane, è stata vittima soprattutto della paura per l’arrivo di un hard landing negli Stati Uniti, che si teme possa essere scatenato dal ciclo di rialzi dei tassi Usa che la Fed di Jerome Powell sta portando avanti, al fine di far scendere l’inflazione al target del 2%. Gli economisti e i mercati temono infatti che strette monetarie troppo aggressive – necessarie per la Fed per smorzare le pressioni inflazionistiche – finiscano per far scivolare l’economia americana in recessione. Ed è stato lo stesso Jerome Powell ad ammettere che il rischio di un hard landing esiste.
Il Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed, si riunirà il prossimo 26 luglio, per annunciare poi la sua decisione sui tassi il 27 luglio. In questa settimana che si avvia a conclusione Loretta Mester, presidente della Federal Reserve Bank di Cleveland e membro votante del Fomc, ha detto di essere favorevole a un altro rialzo dei tassi di 75 pb nell’imminente riunione. La Fed ha alzato i tassi agli inizi di questo mese di 75 punti base, in quella che è stata la stretta monetaria più forte dal 1994, al fine di sconfiggere un’inflazione che viaggia negli Stati Uniti al record degli ultimi 40 anni. (anche se proprio ieri l’indice PCE core – preferito dalla Fed per monitorare l’inflazione e dare una direzione alla propria politica monetaria – ha rafforzato le speranze che la fiammata dei prezzi in Usa abbia toccato il picco.
Tornando al trend degli indici azionari Usa, nel secondo trimestre del 2022 lo S&P 500 è capitolato di oltre -16%, concludendo il trimestre peggiore dal 2020, in particolare dall’inizio dell’allarme globale sulla pandemia Covid-19. L’indice è scivolato nel secondo trimestre in mercato orso, a un valore inferiore di oltre -21% rispetto al precedente record testato all’inizio di gennaio.
Il Dow Jones Industrial Average è crollato dell’11,3% nel secondo trimestre, portando le perdite dall’inizio dell’anno a oltre -15%; il Nasdaq Composite ha sofferto il peggiore trimestre dal 2008, con un tonfo pari a -22,4%, confermando per l’appunto la fase di bear market. Qualche numero anche sul trend da inizio anno dei titoli hi-tech: Netflix è crollata del 70%, Apple e Alphabet hanno perso il 22% circa, Meta, la holding a cui fa capo Faceboook, è scivolata del 51%. Qualche titolo vincente, in questo contesto di azionario messo al tappeto, c’è comunque stato: Eli Lilly, Merck, Kellogg e Dollar General hanno concluso un trimestre positivo, salendo di almeno +10% nel secondo trimestre.
Wall Street: hedge fund Dalio rimane bearish sull’azionario
Sull’outlook della borsa Usa, occhio alla view di Rebecca Patterson, chief investment strategist presso Bridgewater Associates, l’hedge fund numero uno al mondo guidato da Ray Dalio. “L’azionario Usa continuerà a far fronte a diverse sfide, crediamo, nella seconda metà dell’anno. Rimaniamo tuttora piuttosto bearish“, ha detto Patterson, in un intervento alla trasmissione della CNBC “Squawk Box Asia”.
E non è certo solo l’hedge fund a ritenere che l’azionario Usa non abbia toccato il fondo. In un recente report Barclays ha scritto che, se il reddito fisso ha sofferto una vera capitolazione, lo stesso non è avvenuto per le borse. Di fatto, si legge nell’analisi “Barclays_ Equity Strategy – Who Owns What Capitulation seen in bonds, not equities”, “la capitolazione è stata molto più forte nel reddito fisso (dall’inizio dell’anno i flussi in uscita sono ammontati a 200 miliardi di dollari), rispetto a quanto avvenuto nell’azionario (che anzi ha assistito a flussi in entrata del valore di 195 miliardi di dollari)”.
Le cose starebbero tuttavia cambiando visto che, spiega Barclays, “dopo la notevole solidità dimostrata per la maggior parte dell’anno, i flussi azionari sono diventati di recente più contrastati”. Tanto che “l’ultima settimana è stata caratterizzata da forti riscatti dai fondi azionari globali, per un valore di $17 miliardi, l’esodo più forte dall’aprile del 2022.
Contestualmente, i Treasuries Usa stanno assistendo a flussi in entrata più alta, visto che la preoccupazione degli investitori si è spostata dall’inflazione/stagflazione a un rallentamento della crescita”, se non recessione. E per gli strategist di Barclays Wall Street sarebbe più a rischio delle borse europee.
Occhio anche al commento di Shane Oliver, capo economista di AMP, secondo cui i mercati “rimarranno vulnerabili almeno fino a quando non ci sarà maggior certezza sulla capacità delle economie di schivare una recessione”. E comunque, “anche se non ci sarà una recessione, assisteremo a un rallentamento significativo della crescita del Pil globale, della crescita in Asia, fattore che andrà a pesare sui profitti delle società. Dunque, sospetto che ci sia un ulteriore margine di ribasso” per l’azionario. Secondo Oliver, i mercati azionari potrebbero toccare il fondo soltanto a ottobre o novembre: “Sono ancora ottimista in un arco di 12 mesi, ma per i prossimi tre-quattro mesi, credo che ci sia un ulteriore downside”. Insomma, nonostante i forti sell off, il bottom non sarebbe stato ancora toccato. Il che significa ulteriori sell