Trimestre da incubo per il Bitcoin: tonfo -56%. Ma strategist JP Morgan e Deutsche Bank vedono fine massacro
In questa fuga dal rischio che continua a caratterizzare il 2022 dei mercati finanziari, il Bitcoin è senza alcuna ombra di dubbio una delle vittime più illustri, oltre che protagonista di una grande smentita. Altro che super hedge contro l’inflazione, reputato in alcuni casi migliore protezione contro la fiammata dei prezzi anche più dell’oro:
la criptovaluta numero uno al mondo si appresta a concludere il trimestre peggiore in più di un decennio, nonostante l’inflazione galoppante che sta snervando i vari banchieri centrali (dalla Fed di Jerome Powell, alla Bce di Christine Lagarde, alla Bank of England di Andrew Bailey).
Dai dati di Bloomberg emerge che, nel corso del secondo trimestre che si conclude oggi, giovedì 30 giugno, il Bitcoin ha sofferto un tonfo pari a -56%, perdita record dal terzo trimestre del 2011, quando la moneta digitale era ancora ai suoi esordi.
In questo decennio è successo di tutto: il Bitcoin ha fatto boom e sboom, schizzando al rialzo con gli endorsement arrivati dal mondo dell’alta finanza, e capitolato con la minaccia di maggiori controlli e strette da parte dell’autorità di regolamentazione di turno.
Oggetto di fede assoluta, visto come la moneta del futuro da alcuni, e denigrato da altri, che lo hanno spesso definito asset con valore intrinseco pari a zero, il Bitcoin rimane tuttora un asset molto discusso.
In ogni caso, sicuramente la criptovaluta è stata sostenuta, e non poco, anche dall’era dei tassi a zero se non sotto lo zero: quell’era di tassi negativi che ha ormai i giorni contati, come emerge dalla stessa metamorfosi che ha cambiato i connotati della politica monetaria della Bce di Christine Lagarde, pronta ad alzare i tassi a luglio. Da tempo i tassi non viaggiano più attorno allo zero negli Stati Uniti e nel Regno Unito, così come in altre parti del mondo, a causa della lotta quasi disperata delle banche centrali contro le pressioni inflazionistiche.
La fine della moneta facile, accompagnata dalla transizione del sentiment dal risk-on al risk off, ha avuto grandi ripercussioni sul Bitcoin.
E così, l’ambasciatore più importante del crypto universo viaggia ora al di sotto della soglia di 20.000 dollari.
A peggiorare la situazione del mondo crypto in generale è stato nelle ultime settimane anche il disastro di Terra e Luna, spiegato in modo esauriente da Roberto De Isidro, Digital Asset Research Analyst di Global X.
De Isidro ha sottolineato che “il mercato cripto si è indebolito in uno scenario macro già difficile, caratterizzato da un sentiment risk off e un’alta correlazione con l’azionario” e che “un ulteriore colpo è arrivato dai fatti riguardanti LUNA e UST”, che hanno creato “un effetto contagio in tutto l’universo delle valute digitali”.
Qualcuno è arrivato a paventare anche un crollo del Bitcoin fino a $8.000, in un contesto in cui l’emorragia non ha risparmiato neanche l’Ethereum: la ritirata degli investitori di inizi maggio ha praticamente frantumato il sentiment del mercato, e a farne le spese sono state anche le altcoins come Ether, Solana e Avalanche.
Il dramma è culminato nella liquidazione dell’hedge fund crypto Three Arrows Capital, stando a quanto riportato alla CNBC da una fonte vicina al dossier, di cui si sta parlando in queste ore.
Tuttavia, non mancano gli analisti che sottolineano come il fondo del Bottom potrebbe essere vicino. Tra questi ci sono anche gli strategist di JP Morgan guidati da Nikolaos Panigirtzoglou, che hanno scritto in una nota che il deleveraging che ha accelerato il passo negli ultimi mesi non dovrebbe avere più molto spazio a disposizione.
Gli stessi strategist, stando a quanto si legge nella nota citata da Bloomberg, hanno fatto riferimento ai finanziamenti di venture capital nel settore crypto che sono “continuati a maggio e a giugno, a un ritmo positivo”. E per lo strategist di Fundstrat, “i minimi dovrebbero essere proprio dietro l’angolo per il Bitcoin”.
Occhio anche all’outlook sfornato dagli analisti di Deutsche Bank, che hanno comunicato il loro target price per la fine dell’anno, pari a $28.000, dunque a un livello superiore rispetto a quelli attuali. E che hanno detto che, più che all’oro, il Bitcoin assomiglia ai diamanti.
L’analisi di Deutsche Bank, firmata da Marion Laboure e Galina Pozdnyakova, suggerisce un rimbalzo superiore a +30% per la criptovaluta, che ha mostrato nei mesi precedenti una forte correlazione con il trend di Wall Street.
Certo, non si tratta di un target entusiasmante visto che, in corrispondenza di 28.000 dollari, il Bitcoin viaggerebbe a un valore più basso della metà del massimo testato lo scorso novembre.
Non c’è dubbio sul fatto che, in generale, le criptovalute abbiano seguito in modo sempre più evidente, a partire dallo scorso novembre – mese in cui anche il Nasdaq ha testato il record di sempre – la performance degli indici S&P 500 e Nasdaq 100. Non per niente Deutsche Bank ha motivato il recupero stimato per il Bitcoin proprio con la view sullo S&P 500 che, a loro avviso, tornerà ai livelli di gennaio entro la fine del 2022.
Laboure e Pozdnyakova hanno poi sottolineato che la moneta digitale assomiglia per l’appunto molto più ai diamanti che all’oro, quest’ultimo bene rifugio per eccellenza e commodity stabile, raccontando la storia del gigante dei diamanti De Beers, che è stato capace di cambiare la percezione dei consumatori nei confronti delle pietre preziose grazie agli sforzi pubblicitari messi in atto.
“Nel promuovere un’idea piuttosto che un prodotto, hanno gettato solide basi per un’industria dei diamanti che fa $72 miliardi l’anno, e in cui (De Beers) domina da otto anni. Ciò che vale per i diamanti, vale anche per molti beni e servizi, Bitcoin inclusi”.