Titoli di stato italiani: sì o no? Ecco i Btp ma anche Cct che soddisfano le esigenze diverse degli investitori
Cosa fare con i BTP: meglio starne alla larga o cercare di sfruttare le opportunità che, comunque, offrono? A fare il punto della situazione è un articolo pubblicato sull’inserto Economia del Corriere della Sera, firmato da Angelo Drusiani, che presenta quattro opzioni di investimento nella carta italiana.
Le scelte sono diverse a seconda della propensione al rischio del potenziale investitore. Ciò che viene ricordato è che, a dispetto di tutte le incognite che incombono sul futuro dell’Italia e dei suoi conti pubblici, una cosa è certa: i titoli di Stato italiani, proprio perché più rischiosi, hanno rendimenti più elevati della media: “un rischio, ma anche un vantaggio”.
L’investitore prudente potrebbe per esempio accontentarsi di bond sovrani meno rischiosi. Ma l’altra faccia della medaglia è che i rendimenti che percepirebbe sarebbero in molti casi a un livello rasoterra, se non negativi. “Chi non vuole assumere rischi, se non in misura molto contenuta, dovrà accontentarsi di mantenere invariato il patrimonio investito o, al peggio, vederlo dimuire marginalmente”, ricorda Drusiani, facendo riferimento alle emissioni di stato tedesche e portoghesi.Tra chi vuole sentirsi al sicuro c’è però anche una opzione italiana al 100%; è il Cct – scrive il Corriere – che è stato emesso per la prima volta il mese scorso, e reiterato nell’asta del 27 febbraio”. Questo titolo di stato, di fatto, “offre una maggiorazione molto alta sul valore del tasso Euribor semestrale. E’ la più elevata da quando i Cct sono in circolazione ed è pari a 1,85 punti”.
La seconda opzione illustrata da Drusiani si riferisce a chi ha una maggiore propensione al rischio e, sia solo o attraverso un intermediario, faccia magari del trading. In questo caso vale la pena dare un’occhiata, tra gli altri strumenti che comprendono anche il Bund decennale, che però offre lo 0,11%, e i Treasuries a due anni che offrono il 2,55%, al Btp decennale, che rende circa il 3%.
La terza opzione è per i figli e i nipoti ed è l’ideale per chi ragiona in un’ottica di investimento di lungo periodo. Il consiglio è di fare “come fanno i fondi pensione, che negli ultimi tempi hanno acquistato con entusiasmo sia i titoli lunghi del nostro Tesoro che quelli emessi dalla Francia, dimostrando di apprezzare il rapporto rischio-rendimento vista l’incertezza sulla direzione dei tassi da qui alla fine del 2019. La scadenza minima è 28 anni.
L’ultima proposta, che tiene conto dell’inflazione, è rappresentata da “una cinquina di emissioni governative d’area euro e statunitensi che indicizzano flusso cedolare e capitale alla dinamica del costo della vita. Nel ventaglio di opzioni, c’è il Btp Italia che rende il 2,29% e scade nel 2024.
“La potenzialità di questi strumenti non è ancora sfruttata, perchè solo oltre Atlantico il costo della vita tende ad aumentare del 2% (e infatti in questa categoria brilla il titolo americano che rende il 2,48%). In area euro, questa possibilità potrebbe manifestarsi nella parte finale del 2019 e, soprattutto, a partire dalla primavera del 2020″.
L’articolo è interessante soprattutto perchè ricorda ai risparmiatori italiani le opportunità che i titoli di stato comunque offrono, a dispetto dei vari alert che sono stati lanciati quasi ininterrottamente da quando il governo M5S-Lega è salito al potere, dopo le elezioni politiche dello scorso 4 marzo (esattamente un anno fa)
(in fase di scrittura)