TIM declassata da Moody’s e senza Draghi il progetto rete unica si complica
Si acuiscono le difficoltà per TIM che sprofonda ai nuovi minimi storici. Il titolo segna anche oggi corposi cali con oltre -2% in area 0,215 euro. Da inizio anno il titolo ha ceduto oltre il 52%.
Ieri è arrivato il downgrade di Moody’s Investors Service che ha declassato a B1 da Ba3 il corporate family rating (CFR) e a B1-PD da Ba3-PD la probabilità di default (PDR) di Telecom Italia. Contestualmente Moody’s ha declassato a B1/(P)B1 da Ba3/(P)Ba3 i rating di tutti i titoli di debito senior unsecured emessi (o garantiti) da Telecom Italia e dalle sue controllate valutate. L’outlook rimane negativo.
Il downgrade riflette l’aspettativa di Moody’s secondo cui le metriche di credito di Telecom Italia rimarranno deboli ben oltre il 2022 nonostante la potenziale stabilizzazione degli utili nel 2023. “Il downgrade dei rating di Telecom Italia riflette la nostra aspettativa che la sua leva finanziaria rimanga elevata e il suo flusso di cassa rimanga negativo nei prossimi 2-3 anni, a causa delle condizioni di mercato altamente competitive in Italia e delle elevate esigenze di investimento, combinate con il previsto rallentamento macroeconomico”, afferma Ernesto Bisagno, Moody’s Vice President — Senior Credit Officer and lead analyst for Telecom Italia.
“La società era già debolmente posizionata nella precedente categoria di rating. Tuttavia, il contesto macroeconomico è peggiorato da quando a marzo abbiamo declassato il rating a Ba3, riducendo la visibilità sull’andamento operativo di Telecom Italia e sul suo previsto percorso di deleveraging”, aggiunge Bisagno.
A rende più arduo il compito di TIM contribuisce non poco l’attuale contesto economico con l’aumento della pressione sulla spesa dei consumatori a causa dell’inflazione record e l’aumento dei costi di finanziamento a causa dell’aumento dei tassi di interesse e del più difficile accesso ai mercati dei capitali.
Moody’s stima che il rapporto debito netto/ebitda rettificato di TIM raggiungerà il picco nel 2022 a circa 5,4x e scenderà a 4,5x entro il 2024, superando la tolleranza massima di leva finanziaria di 4,25x per il precedente rating Ba3.
Intanto indiscrezioni stampa di Repubblica vedono Vivendi, socio di riferimento di Tim con il 24%, alzare la valutazione della rete in area 31-34 miliardi, ben superiore sia a quanto stimato dagli analisti (17-21 miliardi) sia a quella degli advisor indipendenti di Tim (25 miliardi).
Il rischio adesso è che, con la caduta del governo Draghi, i tempi per l’approdo alla rete unica si allunghino anche alla luce della crisi di governo.
Si guarda anche alla prospettiva che in un futuro governo a guida Fratelli D’Italia ci sia un brusco stop al progetto rete unica. Alessio Butti, l’esperto di telefonia del partito di Giorgia Meloni, si è espresso più volte in maniera negativa sul fatto che Cassa Depositi e Prestiti, azionista sia di Open Fiber (60%) sia di Tim (9,9%), investa nuove risorse pubbliche.