Tensione tassi e spread: banche e aziende italiane emettono bond al minimo da crisi 2008
La tensione sui mercati finanziari italiani è tale che le banche e le società italiane stanno emettendo la quantità di debito più bassa, su base annua, dalla esplosione della crisi finanziaria di dieci anni fa. E’ quanto riporta il Financial Times, facendo notare che le tensioni che hanno colpito il mercato dei debiti sovrani hanno contagiato alla fine anche il settore privato.
Il quotidiano britannico riporta i numeri della società di dati Refinitiv: da questi emerge che le società e le banche domiciliate in Italia hanno venduto bond per un valore di $77 miliardi nei primi 11 mesi del 2018, raccogliendo l’ammontare più basso dal 2008.
La raccolta è inferiore inoltre di più di un quarto rispetto a quella dello scorso anno.
Il motivo può essere individuato nell’alert che è stato lanciato, questa settimana, dalla stessa agenzia di rating Standard & Poor’s, che ha avvertito che il continuo braccio di ferro tra Bruxelles e Roma sulla manovra del governo M5S-Lega “potrebbe tradursi in costi di finanziamento più elevati per il settore privato, banche incluse” e, dunque, “limitare i progressi compiuti dalle banche nel percorso di ripresa, dove si trovano tra l’altro appena a metà strada”.
Non per niente, l’FT fa riferimento al caso di Mps, il cui rating è stato portato in territorio “junk”, dunque spazzatura, dall’altra agenzia di rating Moody’s. E, lo scorso mese, è stata la stessa Bankitalia ad avvertire in una sua analisi che l’accesso al mercato obbligazionario da parte degli istituti di credito italiani sta diventando sempre più “limitato”, a causa della pressione rialzista sui tassi, che ha praticamente reso più costosa di per sé la raccolta obbligazionaria.
Un altro numero rilevante per capire la situazione in cui versano le banche italiane è quello attinente agli outstanding bond, ovvero ai bond che sono stati emessi, che circolano nel mercato secondario e che non sono stati ancora rimborsati.
Ora, questo valore – stando allo studio di Palazzo Koach – è sceso del 17% su base annua a settembre, a fronte dell’emissione netta di bond subordinati che è capitolata al minimo in cinque anni, nel corso del secondo trimestre del 2018. Il problema non è da poco, se si considera che gli istituti di credito italiani fanno fronte a un’ondata di debito in scadenza, nei prossimi due anni, per un valore totale di 110 miliardi di euro: debito che deve essere rifinanziato.
Ma non sono solo le banche a soffrire. Occhio anche al mercato secondario del debito emesso dalle aziende – dunque dei corporate bond – : nei sei mesi compresi tra maggio e ottobre i volumi di trading sono stati inferiori di un terzo rispetto allo stesso arco temporale del 2017, come certificato ancora da Bankitalia, che sottolinea come, a questo punto, un qualsiasi ulteriore downgrade del rating del debito sovrano italiano avrebbe “ripercussioni moderate” sui debiti delle banche e delle società. Ovviamente, aggiunge l’FT, le ripercussioni andrebbero a colpire anche gli investitori.
Così Bhanu Baweja, strategist di UBS:
“I timori sulla manovra italiana rappresentano un rischio al ribasso per l’intero mercato del credito europeo”. Le società italiane che emettono debiti, d’altronde, incidono sul mercato high-yield dell’Unione europea per il 20%. Di conseguenza “flussi in uscita legati a un intensificarsi dello stress sull’Italia infetterebbero i più ampi mercati del credito Ue”.
La notizia positiva è che, secondo Baweja, è possibile che questi rischi siano stati già scontati dai mercati, tanto che “l’asticella in corrispondenza della quale il debito italiano farebbe peggio di quello non italiano è piuttosto alta”.
Al momento, “gli investitori sono posizionati sui mercati dei crediti italiani in modo estremamente leggero, e anche un piccolo compromesso (politico tra Roma e Bruxelles) potrebbe provocare un forte miglioramento nel risk sentiment”.
Tanto che Nick Gartside, responsabile della divisione internazionale di reddito fisso presso JPMorgan Asset Management, afferma di essere positivo sull’outlook del debito italiano.
“Le trattative sul deficit sono il principale fattore che condiziona gli spread e sembra che il dialogo stia andando verso la giusta direzione. Le nostre attese sono di una contrazione dello spread che sarebbe dunque positiva sia per le banche che per i debiti corporate”, ha sottolineato Gartside.