Telecom: Elliott prepara tavolo per rete unica, toccato nuovo minimo storico
Scivolone a Piazza Affari per Telecom Italia. Dopo aver perso il 10% con le sedute di ieri e venerdì, oggi il titolo della maggiore tlc italiana cede un altro 3% a 0,46 euro, toccando nuovi minimi storici. Dal massimo del 2018 (raggiunto il 4 maggio a 0,88 euro) quando l’assemblea ha dato la maggioranza del cda alla lista proposta da Elliott, il titolo ha ceduto quasi il 56%. Il crollo in Borsa si è riflesso sulla capitalizzazione che, considerando le azioni ordinarie e le risparmio, ora si aggira sui 9,5 miliardi di euro.
Dopo la bocciatura dell’Agcom del progetto di separazione volontaria della rete Telecom in una società ad hoc, presentato a marzo dello scorso anno dalla compagnia telefonica allora guidata dal manager israeliano Amos Genish, TIM adesso starebbe studiando che strade intraprendere nell’ottica di mantenere il controllo della preziosa infrastruttura che garantisce margini elevati. Assodato che il processo di spin-off non porterebbe comunque benefici regolamentari di rilievo, restano sul tavolo ancora due ipotesi: la costituzione di una NetCo da quotare e la fusione degli asset di rete TIM con Open Fiber (l’azienda partecipata pariteticamente da Enel e Cassa depositi e prestiti).
Elliott accelera le trattative con Open Fiber
Proprio la seconda ipotesi sembra essere quella più caldeggiata da Elliott, azionista di TIM con l’8,8% di Telecom Italia. Secondo fonti vicini al fondo Usa, riportate da Radiocor, sarà convocato al più presto un tavolo sull’ipotesi di rete unica tra Telecom Italia e Open Fiber. Occorre, spiegano le fonti, organizzare un tavolo “con la presenza anche di Cassa depositi e prestiti (anche azionista di TIM con il 4,2%), di Enel e degli altri attori rilevanti”. Questo tavolo dovrebbe essere convocato “avendo come riferimento la norma proposta dal governo e approvata dal Parlamento” che prevede l’ipotesi di utilizzo della RAB (Regulatory Asset Base), in caso di creazione di una rete unica tra TIM e Open Fiber.
Nel documento “Trasforming TIM” Elliott, presentato prima delle assemblee della primavera scorsa che sancirono il ribaltone, teorizzava l’ipotesi di cessione di parte o del controllo della rete di Telecom. Vivendi (azionista di TIM con quasi il 24%) invece, pur avendo avviato l’iter di separazione con il precedente ad Amos Genish, è arroccato sul controllo dell’infrastruttura.
Gli analisti sono d’accordo con Elliott
Fidentiis riprende le parole riportate dalla carta stampata che cita il portavoce di Elliott: “L’attuale cda deve intraprendere senza ulteriori ritardi i passi necessari per la creazione e la separazione di una rete unica, che possa creare valore per l’azienda e i suoi dipendenti, per gli azionisti e per il sistema Paese. La decisione di Agcom conferma che il progetto di Vivendi di mantenere l’intero capitale di NetCo (cioè il veicolo, controllato al 100% da TIM, a cui verrebbe conferita l’infrastruttura) non solo non crea valore per gli azionisti, ma è considerata insufficiente anche per un cambiamento del quadro regolatorio”.
“Siamo d’accordo con il commento di Elliott – affermano gli analisti di Fidentiis – in quanto riteniamo che la combinazione tra la NetCo di TIM con Open Fiber sia necessaria per ottenere una remunerazione basata sulla RAB. Inoltre, come suggerito dall’Agcom, riteniamo che Telecom Italia debba ridurre il suo controllo della rete per ottenere la remunerazione basata sulla RAB”.
In merito alla decisione finale dell’Agcom – sottolinea Fidentiis – una possibile evoluzione del piano di separazione della rete potrebbe cambiare lo scenario dopo la consultazione. E TIM, che può modificare il piano in qualsiasi momento durante il processo, potrebbe considerare la possibilità di una diversa partecipazione di TIM in NetCo o un diverso perimetro per NetCo”.