Tapering, Fallimenti all’orizzonte. Finito il ciclo del QE, sul mercato tornerà la legge della giungla
Quantitative easing e tassi ultra-bassi costituiscono un vaccino esplosivo che ha protetto numerose aziende e investitori inesperti dai pericoli che sono abitualmente in agguato sui mercati, gli stessi che ora si trovano ad attraversare un terreno rischioso. Secondo Eoin Murray, Responsabile Investimenti di Hermes Investment Management, il ritorno a un ambiente più “naturale” sui mercati farà prosperare soltanto gli animali realmente attivi. “Aziende e investitori sono stati protetti a lungo dai rischi di mercato e molti si stanno ora avventurando su un pericoloso sentiero attraverso la giungla”, dice lo strategist.
Fallimenti all’orizzonte
Come animali in cattività, le società allevate a QE e tassi bassi potrebbero aver dimenticato le capacità necessarie per raggiungere il successo in un mercato libero da stimoli esterni. Come spiega Murray, a seguito della crisi finanziaria globale, le politiche monetarie hanno abbattuto il costo del denaro e incoraggiato le società a indebitarsi. E questo potrebbe aver consentito agli alchimisti finanziari di presentare come in buona salute pazienti che erano invece sofferenti. Ora, sebbene un crollo o una nuova crisi finanziaria non siano imminenti, ci stiamo avvicinando alla fine di un ciclo, il capitolo finale di un grande esperimento monetario. “Quando i tassi di interesse inizieranno ad aumentare significativamente, le società che sono state in grado di finanziarsi a basso costo ricorrendo al debito si troveranno senza difese – spiega Murray – Si tratta di aziende zombie che in un ciclo di tassi normali sarebbero già scomparse”. In altre parole, le Banche centrali sono riuscite – involontariamente – a frenare la selezione naturale, fondamentale per un mercato sano, provocando un effetto domino sui flussi di denaro verso nuove imprese. Ma, alla fine, l’ordine naturale delle cose prevarrà.
Il fenomeno covenant-lite
Essendo alla fine di un ciclo dovremmo quindi aspettarci di vedere all’orizzonte un aumento dei default. “Rileviamo però un preoccupante sviluppo che riguarda il ritorno delle emissioni “covenant-lite” (o “cov-lite”) sul mercato istituzionale, fattore che rende meno probabile la ripresa da un fallimento”, aggiunge lo strategist. I termini cov-lite, che impongono restrizioni limitate sulla solvibilità del debitore verso gli investitori istituzionali, si stanno infatti affermando sempre più sul mercato. Se ripensiamo al 2009, circa il 2% dei prestiti emessi era di tipo cov-lite, nel 2010 il dato era salito al 10%, nel 2013 c’è stato un balzo fino al 59% e nel 2016 l’incremento è salito addirittura al 75%. Per avere una visione più chiara, i covenant sono essenzialmente vincoli sulla gestione di una società e offrono protezione ai creditori. Se gli investitori alla ricerca di rendimento non chiedono questa protezione (o un premio che vada a compensare l’assenza di tale protezione) le società, in teoria, non sono obbligate a offrirle. Ma se è vero che un numero sempre maggiore di cov-lite oggi vuol dire ridurre i tassi di recupero in futuro, allora gli investitori potrebbero essere colpevoli di sottovalutare il pericolo in arrivo. “Essenzialmente questo significa che ci sono aziende che prendono denaro in prestito senza concedere una debita protezione ai finanziatori, che in realtà dovrebbero invece richiederla – dice Murray – E questo rappresenta una potenziale polveriera per i mercati obbligazionari, e senza dubbio una polveriera che ricorda molto la situazione precedente il 2008”.
Acque torbide per le azioni?
Acque torbide per le azioni?
Nel frattempo, i dati sugli investitori americani stanno lanciando alcuni segnali di nervosismo sul mercato azionario. La Yale School of Management ha pubblicato due interessanti indagini sul sentiment degli investitori istituzionali. La prima chiedeva agli investitori se considerassero i mercati americani sopravvalutati, e per questo si riscontra un elevato livello di fiducia. Tuttavia, quando si osservano i risultati di un’altra indagine sulle aspettative di una correzione o di un crollo nel corso dei prossimi sei mesi, la fiducia scende invece ai minimi storici. “Si tratta di un’anomalia: gli investitori non possono avere due opinioni che vanno a escludersi a vicenda. I mercati sono sopravvalutati, ma una correzione o un crollo sono altamente improbabili”, è il commento di Murray. Che aggiunge: “Quello attuale non è un mercato rialzista, che “muore sull’euforia”, ma un mercato che potrebbe perire sull’autocompiacimento degli investitori. E se le preoccupazioni strutturali e il premio per l’arroganza non fossero sufficienti a impensierire gli investitori, questi devono fare i conti anche con tematiche macro”.
La ricerca dell’alfa
Quanto agli investimenti, secondo Murray, con i mercati prossimi all’ultima fase del ciclo, gli strumenti passivi (che hanno beneficiato della direzionalità dei mercati) potrebbero soffrire. E in questo ritorno a un ambiente più primitivo soltanto gli animali realmente attivi dovrebbero prosperare. “Nell’azionario questo significa detenere posizioni convinte in titoli di qualità che possono performare attraverso il ciclo, mentre nei mercati obbligazionari vuol dire essere flessibili, ampliando l’approccio di investimento per navigare attraverso le correnti della liquidità, valutando opportunità relative attraverso la struttura del capitale e adottando una prospettiva globale”, spiega Murray. Che conclude: “È tempo che gli animali attivi tornino nella giungla!”.