Notizie Notizie Mondo Sterlina soffre incertezza May, sell su euro e dollaro. Previsione shock: ‘necessari altri 10 anni per concretizzare Brexit’

Sterlina soffre incertezza May, sell su euro e dollaro. Previsione shock: ‘necessari altri 10 anni per concretizzare Brexit’

22 Maggio 2019 16:21

Brutta sessione per la sterlina, che accusail rischio di un possibile imminente collasso del governo May.

La valuta britannica soffre nei confronti dell’euro la fase ribassista più lunga dalla creazione della moneta unica (13 giorni consecutivi di flessione), continuando a scontare l’impasse Brexit e scivolando così fino a a 1,1320 euro, al minimo degli ultimi tre mesi.

Sterlina giù anche sul dollaro, con un ribasso di mezzo punto percentuale che la porta a capitolare a $1,265.

Focus sui rumor del Telegraph, secondo cui i ministri del governo May starebbero spingendo perle dimissioni della premier, che ha dato l’ennesima prova della sua caparbietà, ormai, si potrebbe dire, quasi proverbiale.

May ha offerto infatti a Westminster la possibilità di esprimersi sull’opzione di un secondo referendum, a condizione che i parlamentari diano la loro approvazione all’accordo di ritiro del Regno Unito dall’Unione europea (il Withdrawal Agreement raggiunto tra la stessa premier e Bruxelles alla fine dello scorso anno), soltanto lievemente modificato rispetto a quello bocciato per ben tre volte dal Parlamento UK).

Viste le lievi modifiche apportate, i trader scommettono sull’ennesima bocciatura di Westminster all’accordo: sarebbe la quarta volta.

Nel frattempo, May fa fronte non soltanto alla carica dei ministri del suo governo, ma anche a quella di un numero crescente di conservatori pronti a voltarle le spalle.

Non mancano tra l’altro previsioni shock sulla Brexit. “Potrebbero essere necessari fino a 10 anni affinché il Regno Unito possa uscire completamente dall’UE, scrive per esempio in una nota Riccardo Lamanna, country head Italy di State Street Global Services.

“L’Europa dei 27 ha concesso una seconda estensione dell’articolo 50 fino al 31 ottobre 2019 – si legge nel commento, che fa il punto della situazione, ricordando qual è la situazione in cui versa al momento il Regno Unito –  L’estensione è flessibile e consente al Regno Unito di uscire dall’Unione anticipatamente, qualora fosse in grado di ratificare una bozza di accordo. La proroga, sebbene consenta di superare una situazione di stallo, comprimerà la durata del periodo di transizione proposto fino a dicembre 2020 e in questo lasso di tempo il Regno Unito e l’UE dovranno negoziare i loro rapporti futuri”.

Lamanna rende note anche le implicazioni per i soggetti attivi nel mondo della finanza.

“A seguito dell’estensione dell’articolo 50, la finestra di notifica del regime di autorizzazione temporanea (TPR) della Financial Conduct Authority (FCA), che consente alle società e ai fondi di investimento della European Economic Area (EEA) di continuare ad accedere al mercato del Regno Unito in assenza di accordi, è stata prorogata fino al 30 maggio. Il governo ha annunciato che intende portare al Parlamento la proposta di legge sull’uscita dall’UE, in concomitanza con le elezioni del Parlamento Europeo. Ciò potrebbe portare a un aumento dell’incertezza politica interna nel Regno Unito e a potenziali ulteriori sfide per la leadership di Theresa May all’interno del partito conservatore. Secondo il nostro recente sondaggio “Brexometer”, il supporto al reporting regolamentare, la ristrutturazione dei fondi, l’analisi delle performance e dei rischi rimarranno probabilmente i servizi più richiesti nel dopo Brexit, mentre la domanda di servizi relativi alla transizione è leggermente scesa dal 14% del quarto trimestre 2018 al 7%”.

Inoltre, informazione utile per il mondo della finanza:

“Nel quarto trimestre del 2018 l’Irlanda ha superato il Lussemburgo come sede più attraente per i gestori che desiderano espandere le loro attività cross-border e ha consolidato questa posizione nel primo trimestre di quest’anno. Il 46% degli investitori ha citato l’Irlanda contro il 36% che ha citato il Lussemburgo, seguiti da Germania (27%), Regno Unito (24%) e Francia (16%). Nel primo trimestre del 2019 si è registrato un leggero calo delle prospettive per l’utilizzo di sedi per i fondi cross-border, con il 35% degli investitori che prevede di utilizzarle di più nei prossimi tre-cinque anni, rispetto al 38% rilevato nel quarto trimestre 2018. Tuttavia il numero di coloro che si aspettano di usarli “in misura significativamente maggiore” è cresciuto dal 9 al 14%. Secondo la nostra ricerca “Supporting Your Multi-Market Growth Strategy: A UK Focus”, è probabile che i gestori espandano la loro presenza nel Regno Unito nei prossimi anni. I risultati mostrano che quasi un quarto (24%) degli investitori ritiene che un maggior numero di gestori europei cercherà di aprire sedi nel Regno Unito a seguito della Brexit”.