Spread oltre soglia pericolo BCE e tassi BTP a un passo dal 5%: la fiammata continua
Premessa per chi, guardando ai BTP e a Piazza Affari, è tentato di parlare subito di attacco dei mercati contro l’Italia di Giorgia Meloni: il sentiment è negativo ovunque, con le vendite che si abbattono sull’azionario e sui bond. E’ tuttavia vero che, oltre alla carica di sell contro la sterlina e il debito UK, si vende soprattutto Italia.
Tra le borse europee, il Ftse Mib di Piazza Affari cade subito del 2% in avvio di seduta; lo spread BTP-Bund si infiamma oltre quella che viene indicata come soglia di alert per la Bce, sulla scia di tassi sui BTP a 10 anni a un passo ormai dalla soglia del 5%, schizzati fino al 4,918% (venerd’ scorso erano al 4,33%).
Gli smobilizzi sui BTP avevano accelerato il passo già alla vigilia, con lo spread che ieri ha chiuso in rialzo di sette punti base rispetto alla chiusura di lunedì a 249,3, a fronte di tassi sui BTP decennali balzati al 4,75% (ora sopra al 4,8%).
Sotto i riflettori il paragone tra il debito italiano e il debito della Grecia.
Ieri i tassi sui BTP a 2 e 5 anni sono balzati rispettivamente al 3,23% e al 4,13%, rispetto al 2,54% e al 3,96% dei rendimenti dei titoli di stato ellenici. Mentre scriviamo, i tassi dei Bund decennali balzano al 2,33%, record dal 2011, mentre i BTP a cinque anni rendono il 4,29%, più del 4,14% dei rendimenti dei bond sovrani della Grecia.
In generale anche gli altri spread tra i tassi dei bond sovrani di altri paesi periferici dell’area euro e i tassi dei Bund si sono infiammati, ma non come nel caso dello spread BTP-Bund, che stamattina, balzando subito a 253 punti, ha confermato il record dal 2020; i tassi, invece, oscillano al valore più alto dal 2013.
E’ innegabile che gli asset made in Italy scontino le paure che stanno assediando il mondo intero: l’inflazione che galoppa, il conseguente intervento delle banche centrali, che continuano ad alzare i tassi, la paura di una recessione scatenata dalle conseguenze del conflitto tra Russia e Ucraina con tanto di crisi energetica, con quest’ultima che vede sul podio soprattutto l’Europa.
Ma Piazza Affari e BTP prezzano anche il rischio politico, l’incertezza su quello che sarà il governo Meloni, la fine in ogni caso del governo Draghi, che ai mercati aveva dato almeno una parvenza di solidità.
E’ vero che il futuro governo di centrodestra guidato dalla coalizione Fratelli d’Italia-Lega-Forza Italia dovrebbe dar prova di una certa stabilità. Ma questa stabilità potrebbe essere, nel caso in cui Meloni decidesse di sfidare Bruxelles, un’arma contro l’Europa, in particolare contro le regole dell’Unione europea.
Che la leader di Fratelli di Italia abbia spesso criticato l’Ue non è certo una novità: dichiarazioni impregnate di populismo e sovranismo hanno visto protagonista anche la Lega di Matteo Salvini, tra l’altro ora pentita – dopo il flop alle elezioni – di aver sostenuto il governo Draghi, e pronta ad affilare le armi e a promettere il mondo agli italiani, alla faccia del deficit e del debito pubblico.
Tornando al paragone con il debito della Grecia, va fatto notare poi un particolare:
i tassi dei BTP a 10 anni hanno iniziato a tallonare i rendimenti dei titoli ellenici, proprio nel giorno delle dimissioni di Mario Draghi, il 21 luglio scorso.
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BTP: l’ex Goldman smonta tutte le illusioni
La croce del debito pubblico e le contraddizioni dell’Italia sono state messe in evidenza da Robin Brooks, ex Goldman Sachs e responsabile economista dell’Institute of International Finance, che ha detto tutto, smontando voce per voce le illusioni di molti italiani, commentando un grafico sul debito pubblico italiano e su chi lo detiene.
Brooks ha messo in evidenza tutti i proclami vari degli italiani che non hanno ancora capito la gravità della situazione, e che continuano a snobbare il problema del debito-Pil e dunque anche le dinamiche dello spread BTP-Bund.
1) Noi abbiamo un avanzo primario! (ma il vostro debito continua a salire, spiega Robin Brooks)
2) Abbiamo molti risparmi privati! (allora, per favore, tassateli)
3) Tanti sono gli acquirenti dei BTP! (solo la Bce in termini netti)
4) Se dobbiamo fare le riforme, le faccia anche la Germania! (il debito tedesco è pari al 71% del Pil, quello dell’Italia è al 151% del Pil).
Insomma, ha poco da strepitare e soprattutto da chiedere ancora quella parte di Italia che vede nemici dappertutto a fronte di una presunta e immaginaria solidità della sua economia.
Senza alcuna ombra di dubbio, l’Italia di Meloni è osservata speciale in quanto, oltre alle sfide dell’inflazione e della fine delle flebo monetarie da parte di diverse banche dei paesi avanzati, oltre al #carobollette e al #caroenergia, è un’Italia che ha cambiato totalmente volto da quella con cui i mercati erano abituati ad avere a che fare, ovvero da quella di Mario Draghi, l’ex presidente della Bce e il Mr. WhateverItTakes.
Tornando allo spread BTP-Bund, la fiammata superiore a +4% della giornata di oggi oltre quota 260 punti dimostra chiaramente che è stato superato il cosiddetto livello a cui la Bce di Christine Lagarde guarderebbe, per prendere l’eventuale decisione di intervenire o meno. La soglia pericolo è pari a 250 punti base. Certo, alla fine, e tra l’altro nello stesso giorno delle dimissioni di Draghi, che ha coinciso con il BCE-Day, ovvero lo scorso 21 luglio Lagarde ha annunciato uno scudo anti-spread (battezzato TPI).
La banca centrale europea, tuttavia, non ha sfornato nessun salva-BTP specifico per l’Italia, che proprio in quelle ore aveva praticamente cacciato Mario Draghi, sbarazzandosi così di uno scudo anti-spread che già esisteva.
UK docet: mercati non perdonano regali di Stato
Tra i vari economisti, dice la sua anche Vivek Bommi, Head of European Fixed Income di AllianceBernstein, che analizza il comportamento dei mercati dopo l’esito del voto in Italia.
Bommi rimane cauto sugli asset italiani, parlando di “un risultato già scontato per i mercati che procedono con un atteggiamento wait and see, mentre si cerca di evitare l’esempio del Regno Unito”.
Quanto sta accadendo agli asset UK a seguito dell’annuncio del neo governo di Liz Truss, che ha subito sfornato una riforma fiscale shock, annunciando un maxi taglio delle tasse (a favore soprattutto dei più ricchi), dovrebbe secondo diversi economisti, incluso Vivek Bommi, mettere sull’attenti l’Italia post elezioni politiche.
Il trend dei titoli di stato UK e della sterlina, affossati dalle vendite, confermano infatti in modo ineluttabile che i mercati non perdonano i bazooka fiscali dei governi, soprattutto quando a rischiare è la sostenibilità dei relativi debiti pubblici.
Così Bommi:
“Non riteniamo che il risultato delle elezioni sia stato accolto come uno shock o una particolare sorpresa. Al contrario, crediamo fosse piuttosto atteso dai mercati. Nel concreto, allo stato attuale sono le forze macroeconomiche a fare da guida, in un contesto che vede l’Europa tutta uscire da anni e anni di politica monetaria accomodante, in cui la Bce ha inondato il mercato di liquidità. Lo si vede guardando ai rendimenti dei titoli governativi. La fotografia oggi è ben diversa da quella con cui abbiamo aperto questo 2022, quando il rendimento del decennale tedesco ancora rasentava lo zero. Adesso vi è un chiaro trend rialzista sui rendimenti dei titoli di stato a livello generale, dalla Germania all’Italia, dalla Spagna al Portogallo. E questo è legato al rialzo dei tassi da parte della Bce più che da fattori politici. Quando si va ad osservare lo spread, quindi, non si notano rilevanti oscillazioni. Ci sono, certo. Ma non sono particolarmente significative”.
Per il responsabile della divisione del reddito fisso europeo di AllianceBernstein, non è insomma ancora il caso di preoccuparsi troppo della direzione che stanno prendendo sia lo spread che i tassi dei BTP. Non la vedono allo stesso modo altri economisti, secondo cui invece il fatto che i tassi dei titoli di stato ellenici viaggino a un livello superiore a quello dei BTP dimostra una semplice cosa: che, in questo momento, la Grecia viene percepita come paese più affidabile dell’Italia. E c’è da dire, che non è certo la prima volta.
Tornando a Viker Bommi, l’esperto così fa riferimento alla lezione che il Regno Unito stia impartendo suo malgrado all’Italia di Giorgia Meloni:
“Ritengo che in questo momento il Regno Unito possa fungere da esempio nel dipingere la reazione del mercato. L’annuncio della manovra espansiva da parte del neo governo Truss ha spinto al rialzo il rendimento dei Gilt ad una velocità che difficilmente ha precedenti, in un sell off innescato da una manovra che il mercato crede possa avere più effetti collaterali che benefici. Non credo questo sia quello che succederà in Italia – precisa ma è da monito: non basta stanziare un budget se il mercato non crede possa andare nella giusta direzione. Detto questo, siamo in modalità “wait and see”: in campagna elettorale si dicono molte cose, ma quando si passa alla fase esecutiva non è detto si mantenga la stessa retorica. Dopo tutto, l’Italia ha ancora bisogno di finanziamenti esterni per poter sostenere il proprio debito”.
Riguardo ai consigli sugli investimenti da effettuare, “prima di poter prendere una posizione sull’Italia, dovremo attendere di capire quale sarà la forma del budget proposto dal nuovo esecutivo. Nuovamente, il caso del Regno Unito dovrebbe insegnare che la reazione dei mercati può essere rapida e severa“.
In ogni caso “manteniamo i nostri investimenti nell’area obbligazionaria corporate italiana, nel comparto delle telecomunicazioni con Telecom Italia. Intorno alla società si stanno accumulando i rumour sulla possibilità di una nazionalizzazione e questo sarebbe sicuramente positivo per gli obbligazionisti, con il Paese Italia che gode di un rating investment grade, mentre Telecom Italia è un’azienda che appartiene alla fascia high yield. Un altro settore è quello bancario, in particolare con Unicredit, o quello dei servizi software. Ci sono aree in cui è possibile trovare valore”.
Di fatto, tra i dossier che scottano di più che Giorgia Meloni si ritroverà sulla scrivania di Palazzo Chigi, ci sono proprio TIM e le banche italiane, note per essere esposte ai BTP, insieme ovviamente all’eterna patata bollente Mps.