Spread e Btp giù. Cosa dice il quadro tecnico prima della pagella di Moody’s
Focus sull’Italia, alle prese con i giudizi sul debito da parte delle principali agenzie di rating. Dopo la recente conferma di Fitch sul rating del nostro Paese e in scia al ritorno della positività sui mercati azionari, si è allentata la pressione sul decennale italiano e sullo spread Btp/Bund, con quest’ultimo che è tornato a quota 174 punti base. In calo anche il rendimento del Btp decennale che è tornato a quota 4,26%.
Ecco i livelli da monitorare nelle prossime settimane sullo spread e in attesa del giudizio di Moody’s.
Italia nel radar delle agenzie
Sino a questo punto non sono emerse sorprese sui rating. Dopo le conferme sul rating “BBB con outlook stabile” da parte di S&P Global Ratings, Fitch e DBRS Morningstar (BBB high), rimane ora da superare anche l’ultimo scoglio di Moody’s, che presenterà il suo giudizio questo venerdì (17 novembre).
Il giudizio di Moody’s è quello più atteso dagli investitori in quanto è l’unica agenzia che ha un outlook negativo e a un passo da “junk” (ovvero spazzatura) nei confronti dell’Italia e più volte ha già minacciato un declassamento del rating.
Il grafico qui sotto mostra le diverse valutazioni delle varie agenzie sul nostro Paese dal 2010 e come vediamo, dal 2012 i rating si trovano da una valutazione BBB in giù. Un rating BBB indica un grado di solvibilità “medio-basso” e quindi suggerisce che l’Italia ha rischio di credito moderato.
Spread Btp/Bund scivola a quota 180 bp
Continua la tendenza ribassista di breve periodo dello Spread Btp/Bund che a metà ottobre ha invertito la direzione dopo aver raggiunto un massimo di periodo a quota 206 punti base. Da li, il differenziale di rendimento tra il Btp e il Bund a 10 anni, ha già perso oltre il 12%, portando così il bilancio da inizio anno ad un calo oltre il 17%.
Dal punto di vista tecnico, come vediamo dal grafico qui sotto, settimana scorsa lo Spread ha violato al ribasso (dopo un pullback) l’area di supporto dinamica data dalla media mobile a 50 periodi (linea gialla). Ciò ha innescato un’ulteriore accelerazione al ribasso per lo Spread che ha bucato al ribasso la fondamentale media mobile a 200 periodi (linea arancione). In particolare, la media mobile a 200 periodi transita a quota psicologica a 180 punti base (livelli attuali) e in caso di proseguimento della debolezza i successivi livelli supportivi sono in area 170 punti base, prezzi di inizio settembre di quest’anno. Al contrario, sarà necessaria una fase di consolidamento sui livelli attuali prima di vedere una ripresa al rialzo del differenziale, che mantiene un’impostazione ribassista nel breve-medio periodo.
Analizzando l’andamento dello Spread in un arco temporale di più ampio respiro e quindi su time frame settimanale da fine 2018, vediamo come, oltre all’area supportiva precedentemente citata a 170 punti base, al ribasso l’area di supporto più importante è poco sopra quota 150 punti base, livello minimo di fine giugno di quest’anno. Da quel livello lo Spread si trova ancora in rialzo del 15%, ma un’ulteriore debolezza del rendimento dei due titoli di Stato decennali potrebbe favorire uno sgonfiamento dello Spread.
Al rialzo, rimarrà da monitorare l’area psicologica dei 200 punti base livello il cui test ha respinto lo Spread anche a ottobre.
In ogni caso, “la Banca Centrale Europea (BCE) è probabile che continuerà a seguire con attenzione i livelli di rendimento dei bond italiani e quello dello spread rispetto ai Bund tedeschi”, osserva Bert Flossbach, co-fondatore di Flossbach von Storch.
In tal senso, “qualsiasi ampliamento significativo del differenziale di rendimento sarebbe un primo segnale di allarme. La situazione diventerebbe seria se i rendimenti dei titoli di Stato italiani dovessero aumentare in modo significativo e i rendimenti dei Bund tedeschi dovessero scendere”, conclude Flossbach.
“Lo spread tra BTP e Bund si è dimostrato piuttosto stabile durante l’estate, nell’intorno dei 160 punti base”, commenta Antonio De Negri, Ceo di Smart Bank. Tuttavia, “le condizioni italiane sono tali per cui, in caso di imprevisti, potrebbe innescarsi un effetto domino sul debito ed un crollo nel valore dei titoli di Stato. I BTP si stanno mostrando resilienti, ma la prudenza è d’obbligo“.
Prospettive economiche in chiaroscuro
Sul nostro Paese non mancano degli elementi di preoccupazione che potrebbero impattare direttamente sul rendimento dei nostri titoli di Stato decennali e di conseguenza sul livello di Spread. Ci riferiamo alle deboli prospettive di crescita economica per i prossimi mesi, ma anche all’elevato debito pubblico che sta puntando dritto verso i 3.000 miliardi di euro.
In particolare, il debito pubblico italiano dopo aver raggiunto un nuovo record storico a luglio a 2.859 miliardi, a settembre si è attestato a quota 2.844 miliardi, per poi chiudere chiudere l’anno nel range compreso tra 2.832 e 2.862 miliardi di euro (ultime stime della Mazziero Research).
In ogni caso, nonostante la pausa di settembre, secondo le stime della Maziero Research, il debito pubblico italiano tornerà a correre a inizio 2024, chiudendo (secondo le proiezioni) i primi sei mesi del nuovo anno tra 2.906 e 2.972 miliardi.
Per quanto riguarda il Prodotto Interno Lordo del nostro Paese, le stime diffuse dall’Istat per il PIL italiano del 3° trimestre indicano una crescita piatta tra luglio e settembre, confermando così l’attuale clima di stasi dell’economia italiana. In tal senso, secondo le stime della Mazziero Reaserch il Pil italiano nell’ultimo trimestre di quest’anno potrebbe subire un leggero arretramento dello 0,1%, il che porterebbe ad un risultato annuale del Pil allo 0,6%.
Intanto, oggi abbiamo avuto un segnale positivo sul delicato fronte della crescita dei prezzi al consumo, con il livello di inflazione che ad ottobre in Italia si è attestato in aumento dell’1,7% su base annua, livelli di luglio 2021, il sesto calo consecutivo prima rilasciare. Teniamo presente che il mese scorso il livello di inflazione si attestò al +5,3% e il calo a cui abbiamo assistito è dovuto in gran parte al calo dei prezzi energetici (e in particolare del Brent).
In calo anche l’inflazione di fondo (quella core per intenderci) che nell’ultima rilevazione si è attestata a +4,2% dal precedente +4,6%