Spread Btp-Bund sotto controllo dopo Fitch, fari puntati su Moody’s
La conferma del rating dell’Italia a BBB con outlook stabile da parte di Fitch ha contribuito a rasserenare i mercati, consentendo allo spread Btp-Bund di mantenersi su livelli contenuti, in area 182 punti base, con il rendimento del decennale italiano in calo al 4,52%. L’attenzione, però, è già proiettata all’appuntamento di questo venerdì con Moody’s, il cui giudizio potrebbe rappresentare uno scoglio molto più ostico per il governo Meloni e per il debito italiano, con potenziali ricadute sui mercati finanziari.
Fitch conferma il rating BBB e l’outlook stabile
Venerdì a mercati chiusi Fitch ha mantenuto inalterata la sua valutazione sul rating dell’Italia a BBB con outlook stabile. Il giudizio sul Belpaese è sostenuto dalla sua economia ampia, diversificata e ad alto valore aggiunto, dall’appartenenza all’Eurozona e dalla solidità delle istituzioni, come spiega la nota dell’agenzia.
Queste caratteristiche creditizie sono però bilanciate da fondamentali macroeconomici e fiscali deboli, in particolare da un debito pubblico molto elevato, da una politica fiscale relativamente poco rigorosa dopo la pandemia, da un potenziale di crescita economica ridotto e, più recentemente, da un contesto di rendimenti più elevati.
Le prospettive secondo Fitch
L’outlook riflette la previsione di “una stabilizzazione del debito pubblico/Pil, un’attesa ripresa nell’esecuzione dei progetti finanziati dall’UE che forniscono un moderato sostegno alla crescita, e la continua ampia stabilità della coalizione, che limita il rischio politico più marcato”.
Il governo Meloni, tuttavia, deve fare i conti con “una notevole pressione politica per mantenere gli impegni elettorali”, come emerso “dalle misure di riforma delle pensioni respinte dalla coalizione”.
Inoltre, “il significativo allentamento degli obiettivi fiscali ha indebolito il percorso di aggiustamento del deficit, con i rischi associati di un aumento dei rendimenti sulle nuove emissioni di debito e di non conformità alle norme fiscali dell’Ue”.
Ora occhi su Moody’s
Nel complesso, il superamento del test di Fitch rappresenta un’altra iniezione di fiducia per l’Italia, dopo le conferme del rating da parte di S&P e DBRS. L’esame più difficile, però, arriverà questo venerdì (17 novembre), quando Moody’s rilascerà la propria valutazione sul debito del nostro Paese.
L’agenzia ha sospeso il giudizio a maggio, dopo aver minacciato di abbassare il rating dell’Italia, attualmente posizionato al livello ‘Baa3’ con outlook negativo. Quest’ultimo rappresenta il gradino più basso al di sopra della soglia ‘investment grade’, quindi un eventuale downgrade declasserebbe il debito italiano a “spazzatura”. Si tratterebbe di una decisione molto forte, controversa e con potenziali ricadute da non sottovalutare. Peraltro, sarebbe la prima volta per un Paese del G7 ad essere classificato come ‘speculative grade’.
Le conseguenze per spread e mercati di un possibile downgrade di Moody’s
Per Barclays, un taglio del rating italiano a ‘junk’ rappresenterebbe uno “shock per un mercato già fragile” e potrebbe riportare lo spread verso i 250 punti base, un livello toccato l’ultima volta in occasione delle elezioni anticipate del 2022 che hanno premiato la coalizione guidata da Giorgia Meloni.
Da quel momento, il differenziale tra titoli di Stato italiani e tedeschi è rimasto prevalentemente al di sotto dei 200 punti base, superati a settembre (per la prima volta da febbraio) con l’annuncio degli obiettivi fiscali del governo, complessivamente giudicati troppo poco rigidi.
Alcuni fondi potrebbero escludere le obbligazioni italiane, anche se la conferma del rating da parte delle altre agenzie e le avvisaglie su un possibile downgrade di Moody’s, in controtendenza con i suoi omologhi, potrebbero consentire di limitare i danni. Dall’altro lato, però, il declassamento aumenterebbe i timori per un allargamento delle tensioni ad altri Paesi, come avvenuto nel 2010 con la Grecia e la conseguente crisi del debito sovrano.
Questo potrebbe “aumentare la pressione sui funzionari della Bce per arginare le turbolenze”, intervenendo per stabilizzare i mercati anche attraverso lo scudo anti-spread annunciato a luglio 2022, mai utilizzato finora.
I fattori critici secondo Moody’s
Le ragioni che potrebbero portare Moody’s ad un declassamento riguardano soprattutto tre aree problematiche: riforme strutturali, sfide sull’approvvigionamento energetico e finanze pubbliche.
Se sulle prime due il governo Meloni può vantare dei progressi, la terza questione è la più spinosa, alla luce del “rischio che la forza fiscale dell’Italia venga ulteriormente indebolita da una crescita lenta, da costi di finanziamento più elevati e da una disciplina fiscale potenzialmente più debole”.
I target del governo, infatti, prevedono nel 2024 un deficit al di sopra del tetto del 3% fissato dall’Unione Europea e un rapporto debito/Pil ancora sopra il 140%, in un contesto di crescita più lenta.
La view di Unicredit
Secondo alcuni analisti, l’agenzia non ha comunque incentivi a tagliare il rating, sapendo che questo potrebbe innescare una spirale negativa sui mercati e non volendo, forse, prendersi questa responsabilità in solitaria.
Per Unicredit, “i dati e le proiezioni storiche appaiono coerenti quanto meno con una conferma del giudizio”, anche alla luce della “resilienza dimostrata dall’Italia ai recenti shock, come quello energetico”.
La banca opta per un mantenimento del rating anche per via dei miglioramenti nell’implementazione del Pnrr, gli sviluppi positivi sul fronte politico e del commercio con l’estero, oltre ai progressi nella solidità del sistema bancario.