Notizie Notizie Mondo S&P500, Le aziende che non innovano potrebbero scomparire dall’indice entro dieci anni

S&P500, Le aziende che non innovano potrebbero scomparire dall’indice entro dieci anni

19 Ottobre 2017 16:26

 

 

 

 

È probabile che nei prossimi dieci anni oltre la metà degli attuali componenti dell’indice S&P500 saranno sostituiti da altri titoli, poiché le tecnologie dirompenti ne eroderanno i margini di profitto. Sulla base di questa previsione Michael Russell, gestore azionario US All Cap di Hermes Investment Management, si è chiesto come gli investitori a lungo termine sul mercato Usa possano essere certi che i loro rendimenti non si ridurranno in futuro a causa della cosiddetta “disruption”.

Ricambio nell’indice

Per prima cosa una premessa. La composizione dell’indice S&P 500 è in rapida evoluzione. Oggi, una tipica società quotata sull’S&P500 sopravvive all’interno dell’indice mediamente 18 anni, rispetto alla media di 61 anni del 1958. Si stima quindi che, entro il 2027, oltre il 50% degli attuali titoli dell’indice saranno sostituiti. E, come avverte Russell, non si tratta di aziende da poco “Negli ultimi anni – ricorda lo strategist – sono stati i pesi massimi dell’industria a sparire: Eastman Kodak nel 2010 ha ceduto il posto a una società di cloud computing, mentre il New York Times è stato scalzato nello stesso anno da Netflix”.

Il rischio della gestione passiva

Sempre Russell avverte che attualmente gli investitori nel mercato statunitense fanno un grande ricorso agli investimenti passivi, in quanto un mercato toro duraturo crea la convinzione che investire in fondi indicizzati sia un’attività a basso rischio. “Non lo è affatto – conferma Russell – I fondi indicizzati sono esposti a industrie in crisi e quindi alla conseguente perdita di valore di mercato indotta da fattori dirompenti”.

 

Disruptive innovation

 

Un approccio comunemente adottato oggi dai rappresentanti della disruptive innovation è la strategia “winner-takes-all”, in cui l’azienda disruptive riduce i prezzi e aumenta gli investimenti per costruire un progetto più ampio attraverso le economie di scala. “Nel tentativo di restare competitivi, anche gli operatori storici dell’industria riducono i prezzi, con conseguente calo dei margini e dei profitti in tutto il settore coinvolto”, dice lo strategist. Un esempio di questo trend è la divisione retail di Amazon, che ha registrato vendite nel secondo trimestre pari a 34 miliardi di dollari, riportando al contempo una perdita di 300 milioni di dollari.

 

Attenzione agli unicorni

 

Investendo in un fondo gestito in maniera attiva, gli investitori a lungo termine possono ottenere l’esposizione alle società altamente innovative quotate in Borsa, come Facebook, Amazon e Google, ed evitare le aziende più sensibili al rischio di digital disruption, riducendo così la propria esposizione a valori di mercato in calo”, spiega Russell. Inoltre, aggiunge lo strategist, i fondi indicizzati non sono esposti agli “unicorni” americani, ossia quelle società non quotate con valutazioni superiori al miliardo di dollari, come Uber che è l’unicorno Usa di maggior valore, stimato quasi 70 miliardi di dollari, o Airbnb che vale circa 30 miliardi di dollari.
La strategia US All Cap di Hermes – dice Russell – detiene azioni di società che offrono prodotti e servizi essenziali, come acqua e aggregati, che difficilmente potranno subire gli effetti della  disruptive innovation in futuro, così come quella degli “arch-disruptor”.

 

Innova o soccombi
 
La principale causa di disruption è il rapido progresso tecnologico insieme all’accelerazione della sua adozione da parte dei consumatori. Le ricerche di Gartner suggeriscono che il tasso di  sviluppo tecnologico è esponenzialmente più rapido della velocità con cui operano la maggior parte delle imprese.

“Per sopravvivere, le aziende hanno bisogno di business difendibili che rendano difficile acquisire forza ai nuovi concorrenti. In caso contrario, vi è il rischio concreto che il  progresso tecnologico e i profondi cambiamenti tecnologici dei modelli aziendali portino a un aumento del tasso di default nei prossimi 10-20 anni”, spiega Russell. Che aggiunge: “Accanto alle aziende che forniscono prodotti e servizi essenziali, sovrappesiamo gli “arch-disruptor” come Amazon”. Il “volano di Amazon”, un motore economico che sfrutta crescita e scalabilità allo scopo di migliorare l’esperienza del cliente attraverso una maggiore selezione e costi più bassi, sta creando un vantaggio competitivo sempre più forte e duraturo.

 

Società esposte al rischio di tecnologie dirompenti

 

Ma quali sono le società quotate sull’S&P500 maggiormente esposte alle tecnologie dirompenti? Lo strategist ne elenca parecchie. Le prime sono Exxon Mobil, Chevron e GE, penalizzate dalla transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili. Ci sono poi IBM, Intel e Cisco, in sofferenza per l’emergere del cloud computing che ha portato alla commercializzazione dell’infrastruttura di sistemi di comunicazione.

E ancora: la triade Pfizer, Merck, Johnson & Johnson, a causa delle scoperte rivoluzionarie nel campo dei farmaci che hanno ridotto il periodo di vantaggio competitivo a favore dei farmaci leader; Verizon, Comcast e Walt Disney a causa dell’impennata della pubblicità digitale e dei servizi in streaming che hanno messo a repentaglio i contenuti e i modelli di distribuzione tradizionali.
Infine, Wal-Mart Store e Nike, a causa della penetrazione del commercio elettronico che sta trasformando i servizi ai consumatori, con il commercio elettronico che rappresenta oggi il 15% delle vendite al dettaglio nel Regno Unito, contro solo il 7% negli Stati Uniti.